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“Alitalia deve rimettere in pista Air France”, di Alfredo Roma

Necessario l’aumento di capitale con rinuncia al diritto di opzione degli attuali azionisti a favore dei francesi. Il silenzio di Banca Intesa e la lentezza della liquidazione di Fantozzi.
La semestrale di Alitalia presentata mercoledì si chiude con un risultato negativo di 273 milioni di euro, di poco superiore, dice l’azienda, alle previsioni di budget. Tuttavia, al di là dei dati quantitativi, preoccupano alcuni indici qualitativi di Alitalia, come i ritardi, il basso coefficiente di riempimento degli aerei (load factor), il ritardo nella integrazione dei sistemi di prenotazione Alitalia e Airone, una flotta che risulta ancora più eterogenea per i diversi modelli utilizzati da Airone (Boeing 737). Quest’ultimo dato significa maggiori costi di manutenzione e rigidità nell’impiego del personale navigante legato all’abilitazione per un tipo di aereo o per classi di aerei come tutti gli Airbus di medio o lungo raggio.
Purtroppo, l’operazione Alitalia-CAI è nata su alcuni presupposti errati dell’economia di impresa. Dal 1993, con l’approvazione del terzo pacchetto di misure comunitarie (rivisto con il Regolamento (CE) 1008/2008), il trasporto aereo è stato completamente liberalizzato. Questo significa che da allora un vettore che ha sede nella Comunità Europea, può operare da un qualsiasi aeroporto comunitario. Restavano in esclusiva alle vecchie compagnie di bandiera i collegamenti con Paesi extra-UE legati agli accordi bilaterali di traffico. Ma anche questi, dopo la sentenza della Corte di Giustizia del 5 novembre 2002, vengono ora negoziati dalla Commissione Europea per conto di tutti i vettori comunitari. Si va verso una completa politica di “open Skies”, quindi di massima concorrenza tra vettori.
Il concetto di «compagnia di bandiera» è dunque stato superato e non esiste più da un punto di vista giuridico. Vale solo come immagine, ma la sola immagine non serve a fare business. La liberalizzazione del mercato è per molti settori un fattore positivo per il consumatore. Lo è stata anche per il trasporto aereo con la nascita delle compagnie low-cost che hanno costretto le grandi compagnie a rivedere le loro tariffe. Tuttavia, non si deve dimenticare che il trasporto aereo è un servizio universale ed essenziale che garantisce il principio costituzionale della mobilità del cittadino, tanto che in ambito comunitario esistono norme per gli «oneri di servizio pubblico» per garantire la mobilità ai cittadini residenti nelle isole o possedimenti lontani. Alitalia-CAI, unita a Airone, è il maggiore vettore italiano che assicura questo diritto alla mobilità. Privatizzando Alitalia si è costituita una società per azioni che non può rispondere solo ai principi della buona gestione e del profitto perché svolge un servizio pubblico.
Credo che a settembre il Governo in carica, l’opposizione e le parti sociali dovranno verificare se l’andamento di Alitalia-CAI assicura lo svolgimento del servizio pubblico del trasporto aereo e studiare i modi per aiutare la compagnia a procedere verso un cammino virtuoso, pur nella difficoltà di una grande crisi economica in atto. Su tutta la situazione pesa anche il costo della cassa integrazione per quattro anni a carico dello Stato, quindi del cittadino contribuente.
Nel CDA di mercoledì i vertici di Alitalia hanno escluso aumenti di capitale. Forse una strada per migliorare l’attuale situazione potrebbe essere proprio un aumento di capitale con rinuncia al diritto di opzione degli attuali azionisti a favore di Air France, anche se Air France ha appena dichiarato una riduzione dei ricavi del 20% rispetto ai primi mesi del 2008 e ha previsto riduzione di personale per la fine dell’anno. Si potrebbe costituire una co-governance italo-francese per introdurre nuove competenze ed esperienze. L’anno scorso abbiamo assistito a una difficile start-up di CAI con la rincorsa al COA (Certificato di Operatore Aereo) e alla licenza richiesti dai regolamenti comunitari o all’incertezza nella permanenza nella membership di IATA, certamente dovuta alla poca esperienza del personale impiegato. Il settore aereo è un settore molto complesso, regolato dalle norme ICAO (l’organizzazione mondiale dell’aviazione civile), dalle norme europee e da quelle interne. Tutto questo si deve conoscere bene, oltre alle normali competenze di management.
Stupisce che un imprenditore abile e di successo come Roberto Colaninno non abbia pensato fin dall’inizio a mettere al vertice di CAI un manager di provata capacità proveniente da uno dei maggiori vettori europei e dunque con una consolidata esperienza nel settore. Non bisogna aver paura di modificare una strategia che le condizioni di mercato hanno reso non più realizzabile o attuale.
In questo scenario si nota un grande silenzio di Banca Intesa dopo la intensa attività per realizzare il progetto Alitalia/Airone. Forse perché è rientrata dalle esposizioni con Airone?
E quanti anni occorreranno al Commissario Fantozzi per la liquidazione degli assets della bad company? Gli aerei non passati ad Alitalia CAI perdono ogni giorno di valore.
L’Unità 01.08.09