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“Non voglio giocare per perdere. Bossi si sfida con nuove alleanze”, di Goffredo De Bechis

La proposta di Fassino a Galan: pronti ad aprire una pagina nuova ma la prima mossa spetta a lui

«Non voglio giocare per perdere. E non ci sto a dare per scontato che Lombardia e Veneto siano terre straniere per il Pd».
Piero Fassino cerca strade inedite per la battaglia delle regionali 2010, «uno spartiacque, noi governiamo oggi la maggior parte delle regioni ma se loro sfondano il quadro politico cambia radicalmente». Per questo sollecita il Pd a una nuova strategia delle alleanze al Nord, per questo dicono che flirti con Galan in Veneto e sogni un’intesa Pd-Pdl (feeling e formula smentiti seccamente dall’interessato). Ma il problema della questione settentrionale c’è. La voglia del Nord di sganciarsi dal resto d’ltalia è vera, non un’invenzione leghista.

La Lega ha davvero imboccato la strada separatista o sono solo carezze estive agli elettori come dice Berlusconi?
«Sbaglia chi derubrica le sortite di Bossi come puro folklore ferragostano. Qualsiasi persona di buon senso non può che provare fastidio per boutade dal sapore provocatorio. C’è un filo però che unisce le varie proposte del Carroccio e questo filo conduce a una separazione del Centronord dal resto del Paese. Le gabbie salariali servono per accentuare le differenze di reddito, l’esame di dialetto per gli insegnanti deve funzionare come filtro selettivo, come sbarramento, come confine. Siccome Bossi è uomo che ha fiuto, perché lancia questa offensiva?»

Perché?
«Perché coglie che in una parte larga della società del Nord il disagio si va trasformando in un sentimento di estraneità all’Italia e al suo modo di essere. Si va radicando la convinzione che da soli si possa vivere meglio. Anzi, che questa Italia è un peso, un vincolo».

Un sentimento diffuso?
«Sì, non è un fantasma. Vicende come quella dell’immondizia a Napoli o la malasanità nel Mezzogiorno producono sentimenti di separazione sempre maggiori anche in chi vota Pd. Sa quante volte mi sento dire: noi che c’entriamo con quell’ltalia là? I nodi della questione settentrionale esistono sul serio. Nel Centronord, comprese Emilia, Toscana e Marche, è concentrato il 70% del lavoro dipendente privato e il 70% del lavoro autonomo. Di fronte a una crisi che mette in discussio certezze e futuro non bisogna stupirsi se c’è una sensibilità particolare e quando la politica è debole la suggestione di stare da soli diventa forte. Nel Centronord è concentrato il 65% del gettito fiscale ed è logico che si senta di più il peso di un sistema vissuto come esoso, oneroso. Anche in questo caso la logica separatista può prendere piede. Dal centro nord parte il 75 % delle esportazioni italiane, quindi quella è una società abituata a competere, per la quale i valori di efficienza e produttività sono più avvertiti e ogni volta che fa i conti con stato e amministrazioni lente scatta una reazione. Infine nel centro nord l’immigrazione è doppia rispetto alla media nazionale. Si capisce una maggiore permeabilità a inquietudini e paure. Bossi cavalca tutti questi dati di fatto e a ciascuno dà una risposta separatista».

La risposta del Pd, invece?
«Una strategia per il Nord che affronti i nodi che ho indicato, un proposta di sfida alla Lega. Non il separatismo perché è un’antica illusione chiudersi nel proprio cortile per sopravvivere. Il mondo è sempre più grande, non si affronta facendosi più piccoli. Ma anche il Partito democratico deve ascoltare la domanda di autonomia che viene dal Nord».

Lasciando le mani libere per le alleanze delle regionali, immaginando di dialogare con Galan in Veneto dove Pdl e Lega sono ai ferri corti?
«Il congresso è l’occasione per dimostrare che il Pd ha una piattaforma e delle leadership per il Nord. E alle regionali penso che sia possibile confermare i governatori delle regioni rosse, vincere anche in Piemonte e Liguria, soprattutto se si consolida un’alleanza con l’Udc. Ma non possiamo dare per scontato che Veneto e Lombardia siano per noi terre straniere. Lì non ci basta riproporre il centrosinistra classico perché il differenziale di voti è enorme. Non penso a un’alleanza tra noi e il centrodestra in Veneto. Ho detto che in quella regione si è aperta una conflittualità tra Pdl e Lega. Ed è nostro dovere, viste le condizioni di partenza, andare a vedere se sono solo scaramucce tattiche oppure ci sono differenze reali che possono dare luogo a scenari non ancora ipotizzabili. Non ci interessa essere la stampella del governatore nella sua trattativa con la Lega. Siamo pronti ad aprire una pagina nuova ma la prima mossa spetta a Galan».

Insomma, in Lombardia e Veneto il Pd non può partecipare soltanto per stare all’opposizione?
«Appunto. Io non ci sto e anche per questo è giusto cercare l’intesa con l’Udc. Dobbiamo prendere atto che la rappresentanza politica dei cittadini in quelle regioni richiede un sistema di alleanze più largo».

da la Repubblica

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