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“I punti variabili della xenofobia”, di Bruno Ugolini

Sono quelli incaricati di far progredire cure e medicine per la nostra salute, ovvero la ricerca scientifica dentro il servizio sanitario nazionale. Lavorano in strutture importanti come l’Istituto dei tumori di Milano e l’Istituto Gaslini di Genova. Ovverosia i diciotto IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico). Sono in gran parte precari e hanno dato vita ad un sito:www.precariirccs.org. Rappresentano duemilacinquecento ricercatori senza posto fisso e con stipendi non oltre i due mila euro. Hanno mandato, via Internet, una missiva a Renato Brunetta
Il ministro che ha contato i precari pubblici sostenendo che in definitiva sono pochissimi ma dimenticandosi, per esempio, proprio di loro. Un censimento, hanno scritto, che ha escluso i lavoratori con contratti Co.Co.Co. e a progetto, le borse di studio, le notule, le partite IVA, i contratti di somministrazione.
Così un grande numero di lavoratori sono cancellati e allontanati dai percorsi di stabilizzazione-assunzione. Senza tener conto del merito e della «quotidiana dimostrazione di saper fare il proprio lavoro».
Nel sito dell’IRCCS compare anche una testimonianza pubblicata da «Il Sole-24 ore» firmata da Luca Roz. Lavora all’Unità di citogenetica e citogenetica molecolare, dipartimento di oncologia sperimentale presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Racconta una lunga e brillante carriera professionale. Ha trentanove anni ed è rimasto precario. Parla della fuga dei cervelli ma quella che ha visto troppe volte è un’altra fuga: «quella di cui nessuno parla, la fuga verso altri mestieri, rinunciando alla propria passione e privando la ricerca del proprio talento, per poter aver un po’ più di sicurezza…
Non è facile convincere una banca a erogarti un mutuo con la busta paga su cui c’è scritto: borsista. Lui non si lamenta per quel che ha avuto. E conclude: «Adesso ho 39 anni, sono sposato e ho due figlie stupende. Sono sempre precario, ma sempre appassionato del mio lavoro in cui credo. Oggi va bene, e domani?».
Davvero viviamo in tempi incerti. Persino per gli scienziati e non solo per metalmeccanici ed edili. Eppure queste non sono problemi importanti per i nostri governanti tutti intenti a discutere su come cambiare la bandiera italiana o l’inno o altre sciocchezze del genere.

L’Unità, 24 agosto 2009