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“L’amore impossibile”, di Vera Schiavazzi

All´inizio, assomiglia all´imbarazzo, quel disagio sottile che ti fa esitare prima di andare in un certo posto, scambiare un gesto d´affetto, frequentare una certa strada quando è buio. Poi diventa tensione, poi paura. E magari voglia di scappare, quella voglia di andare altrove, verso la Spagna, la Germania, l´Inghilterra: «I gay che lo hanno già fatto sono tantissimi, è giusto parlare di una vera e propria fuga», racconta Andrea Benedino, ex portavoce di Gay Left. Che aggiunge: «Il mio compagno e io preferiamo non scambiarci effusioni in pubblico, e neppure tenerci per mano. Lui non si sente tranquillo, e anche se lo fosse sono troppi i luoghi e le situazioni dove potrebbe essere pericoloso. Può sembrare un dettaglio, invece è una privazione, grande, della libertà personale». Andrea, che ieri ha lanciato – come provocazione ma non solo – l´idea dell´addio gay all´Italia sul blog di Sandro Ruotolo, fa parte di una minoranza nella minoranza, quella che – come la parlamentare Paola Concia (Pd) ha ribadito anche ieri – ritiene che sia urgente una legge contro l´omofobia e scandaloso non averla ancora indicata tra le priorità politiche del centrosinistra. Da Roma alle spiagge del Sud, da Torino alle piccole città del Nordest, vivere una storia d´amore “normale”, che non si nasconde e non disturba nessuno, che non ti espone a pericoli ma neppure a battute, ammiccamenti, insulti, è ancora difficile, spesso impossibile per chi si è scelto un partner dello stesso sesso.

Andrea Bergamini, 43 anni, editore a Roma (la sua “Playground” pubblica spesso romanzi a tema omosessuale, ma si definisce «non militante») la racconta così: «È una specie di guerra tra gli ultimi, la senti nell´aria. Io che vengo da Ferrara e di Roma ho sempre amato il clima aperto, tranquillo, tollerante, ora percepisco che c´è ostilità per chi è diverso, a qualsiasi titolo, e che questa ostilità arriva spesso da altri emarginati. Non credo sia un caso, che l´aggressore dei due giovani abbia dei precedenti per droga».

Lo choc per l´aggressione a Roma di sabato notte viaggia online, suscita reazioni, dichiarazioni a catena da politici e associazioni, e anche le prime contromisure: fin da sabato sera cinque dei cinquanta poliziotti privati già addetti alla sicurezza del Village sono stati destinati a pattugliare l´esterno, i percorsi “a rischio” lungo i quali si allontana chi esce dal perimetro della manifestazione (che dura 30 giorni e prevede 250.000 euro di budget per la sola sicurezza). E fa emergere un paradosso: «È proprio la nuova visibilità delle persone omosessuali, la spinta forte verso la loro integrazione e i loro diritti a scatenare certi episodi di intolleranza, proprio come avviene per la differenza etnica – spiega Vittorio Lingiardi, docente di psicologia alla Sapienza e autore di “Citizen gay” (Il Saggiatore) – in Italia, queste paure e queste aggressioni trovano giustificazione in un Parlamento che non ha ancora voluto e potuto approvare neppure una legge contro l´omofobia e in una chiesa cattolica che considera i gay persone “malate” o “disordinate”. Proprio per questo è urgente che i pari diritti e i pari doveri diventino una norma chiara e riconosciuta».

C´è una sinistra similitudine tra il maschilismo aperto e aggressivo dell´Italia di trenta o quaranta anni fa e l´omofobia di oggi. La politica fa la sua parte, ma non è tutto, esiste semmai una nuova consapevolezza che spinge la comunità omosessuale italiana a denunciare episodi che prima sarebbero passati sotto silenzio: «Proprio come accadeva per tante violenze o soprusi sulle donne, si sta passando dall´omertà alla protesta. Quando ero un ragazzino, la polizia arrivava nelle poche e semi-clandestine discoteche gay dell´epoca una volta al mese e ci chiedeva i documenti, se eri minorenne chiamavano i tuoi genitori per metterli in guardia – racconta Enzo Cucco, dell´associazione radicale “Certi diritti” – Ora per fortuna la polizia si occupa perlopiù d´altro, ma c´è più visibilità, più denuncia, più allarme per l´intolleranza. Oggi come allora, del resto, ogni omosessuale sa che mostrarsi in quanto tale in pubblico è, almeno in potenza, pericoloso. In Italia, ma non solo: il queer bashing, l´abitudine dei giovani skinhead inglesi a dar la caccia ai gay in uscita dai loro locali mi risulta esistere ancora».

E certe mode sono contagiose, se è vero che alla «caccia al frocio» inneggiano anche i siti skin nostrani, come “archiviononconforme”, punto d´incontro ufficioso sul net di alcune frange dell´estrema destra giovanile e della loro “musica alternativa”. «L´affetto di una madre non si può sostituire/perciò niente adozioni alle coppie di ricchioni/Il mondo sta cambiando e a noi fa vomitare/Violenza Oi! Oi! Oi!/Bastardi! Oi! Oi! Oi!/ Disgusto!/ Queer bushing!»: è soltanto una strofa dell´inno dedicato al tema. Un clima, e un linguaggio, che rimandano a episodi della cronaca recente: «Via i froci dall´Italia» e «Fate schifo!» sono gli slogan che poco meno di un anno fa hanno accompagnato l´aggressione, sempre a Roma, a una giovane coppia gay, mentre sono di questo mese di agosto gli insulti a sfondo sessuale che un´intera famigliola ha indirizzato ad alcuni bagnanti che sulla spiaggia di Marina di Camerota protestavano per il “parcheggio” sul bagnasiuga di un motoscafo a noleggio.

Su gay.it, il principale sito italiano dedicato alle tematiche omosessuali, un sondaggio sull´influenza dei fatti di cronaca nella scelta della propria meta per le vacanze lanciato quest´estate dà risultati che confermano la paura delle comunità: il 55% ammette di poter cambiare i propri programmi dopo aver appreso episodi di violenza («ma solo se davvero pericolosi per i turisti»), e soltanto il 22 per cento afferma con orgoglio «non mi lascio intimorire». Spartacus, la guida internazionale più antica e autorevole che ogni anno indica le destinazioni “gay friendly” in tutto il mondo, si preoccupa anche di stilare, città per città, una classifica delle zone pericolose, che nella maggior parte dei casi coincidono con alcuni quartieri periferici e con le zone del “cruising”, dove chi vuole può cercare e trovare un incontro occasionale, gratuito o a pagamento. Come a dire: se volete essere del tutto sicuri, non uscite e non frequentate le zone “classiche” riservate agli incontri gay, dove i potenziali aggressori hanno la certezza di poter trovare vittime. E se in Italia ormai non mancano gli alberghi e i villaggi specializzati in clientela gay e lesbica, e rigorosamente recensiti e classificati da siti come travelgay.it o travelforgay.com – con molti indirizzi dalle terme del nord a Positano, dalla Toscana alle Eolie – in cima alla classifica restano destinazioni lontane, da Mykonos ad alcune spiagge spagnole. La vacanza, dunque, proprio come la discoteca o la pubblica rivendicazione di orgoglio sono ormai alla portata di una nuova, più consapevole e più libera generazione gay, lesbica e transgender. Ma, almeno in Italia, a proprio rischio e pericolo, e solo per chi accetta di affrontare, se non la violenza, almeno i possibili episodi sgradevoli. Gli stessi che fanno dire perfino all´unica parlamentare dichiaratamente omosessuale, Paola Concia, «quando sono in vacanza in Italia con la mia compagna un po´ di tensione c´è sempre, mentre nel suo paese, la Germania, non ne proviamo alcuna».
La Repubblica 24.08.09