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L’allarme: “L’abc delle nostre libertà è a rischio” di Mariagrazia Gerina

“Andiamo nelle scuole ad insegnare l’articolo tre della Costituzione, anche la seconda parte… è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini… L’abc delle nostre libertà democratiche sono a rischio e se lo capiamo prima noi degli uomini meglio anche per loro”, organizza l’azione Nadia Urbinati, docente di Teoria politica e ideologie moderne alla Columbia University e al Sant’Anna di Pisa: “L’opposizione non è solo in parlamento, ma anche quella che fuori dal parlamento non ha voce e non ha luoghi”. E’ stata lei ad avviare sulle pagine de l’Unità il dibattito sul “silenzio delle donne” davanti al Papi-gate. E ieri c’era anche lei, insieme a Paola Concia, Vittoria Franco, Susanna Cenni, Alessandra Bocchetti, Maite Larrauri, Siriana Suprani e – in collegamento telefonico – la regista Lorella Zanardo, al forum organizzato nella nostra redazione per fare il punto su donne, corpo potere, iniziativa politica femminile, dopo un mese di riflessioni, articoli, analisi, idee.

Una prima riunione operativa. In cui anche i dubbi servono: “Che vogliamo dire, per esempio, quando diciamo: noi donne?”, domanda la spagnola Maite Larrauri, insegnante. “Certo un tempo era chiaro, adesso no”. Ma da qui si riparte. Primo appuntamento in agenda: partecipare tutte il 19 settembre alla manifestazione sulla libertà di stampa. E poi: “Individuiamo degli obiettivi attorno a cui mobilitare le donne e poi vediamo se questo movimento c’è”.

“Né vittime, né rivendicative”, suggerisce Siriana Suprani, dell’Istituto Gramsci: “E’ il momento di fare battaglie non solo per noi stess ma per tutti”. Obiettivo: riprendere l’iniziativa. Dopo quello che Nadia Urbinati, appunto, ha chiamato il “silenzio delle donne”: “Nessuna di noi in realtà era in silenzio, ma di fronte agli eventi gravi le donne si sono sempre mobilitate facendo sentire la loro presenza attiva e collettiva, mentre davanti al maltrattamento a cui abbiamo assistito – perché non c’è dubbio che così si debba definire quel via vai di donne a Palazzo Grazioli – siamo rimaste in silenzio, forse perché attonite, forse perché si trattava di un maltrattamento ingannevole”, riflette Nadia Urbinati, richiamando l’attenzione sul nodo centrale di tutta la questione. Il rapporto tra sesso e potere. Altri modelli cercasi. Disperatamente. Un’alternativa a Noemi e a Patrizia D’Addario deve esserci. “E non è possibile che l’unica altra via perché si parli di donne è quando sono vittime di violenza o comunque vittime”, si accalora Alessandra Bocchetti, storica e femminista. Almeno in Germania hanno Angela Merkel, sbotta Paola Concia. Da noi – come suggerisce qualche lettore – c’è Mara Carfagna, ministro delle Pari Opportunità.

Come smontare il modello “velina” dunque? “Perché va bene l’allarme sulla proposizione del corpo-oggetto fatta dalla tv er però poi i giovani hanno un bisogno enorme di corpo, per loro l’espressione attraverso il corpo è fondamentale”, spiega Lorella Zanardo, autrice (“insieme a due uomini”, precisa lei) di un documentario su “Il corpo delle donne”, appunto, che è un montaggio rivelatore di come la tv le vuole, e anche animatrice dell’omonimo blog (www.ilcorpodelledonne.net, 240mila contatti). “Sul nostro blog , ci scrivono tanti ragazzi che dicono: ok, il corpo oggetto non va bene, ma dateci spazi e modi dove esprimere il nostro copro che per noi è una conquista e la vogliamo esibire”. Figuriamoci se sarà un gruppo di “femministe” a smentirli. Tanto più che riapproriarsi del corpo significa di fatto rovesciare il rapporto con i media. Questione delle questioni. Come? Magari – come la stessa regista Lorella Zanardo vorrebbe fare – andando a insegnare nelle scuole educazione alle immagine e alla televisione.

La scuola di nuovo. E accanto a questa, si snocciolano poi in due ore fittissime di workshop tutte le altre questioni. Il lavoro, prima di tutto. “Il lavoro e come conciliarlo con la cura della famiglia, come fare in modo che anche il lavoro di cura diventi spazio pubblico condiviso”, articola Vittoria Franco, senatrice e responsabile Pari Opportunità del Pd: “La destra ci sta facendo fare un passo indietro e anche nel Pd si stenta a far capire la centralità di questi temi”. “Mettiamo le mani nella pasta del nostro paese”, rivendica Alessandra Bocchetti, femminista e storica, convinta che il punto non sia rivendicare ma “governare”: “Un paese di uomini e donne non può essere governato da soli uomini”. “Mi sono sentita un colpo allo stomaco alla prima seduta del parlamento, quando una a una si sono alzate le parlamentari del Pdl, era chiarissimo il messaggio: le donne in questo paese le rappresentiamo noi”, racconta la parlamentare del Pd Susanna Cenni.

E gli uomini? Si posso cambiare, suggerisce da brava insegnate Maite Larrauri: “Si parla di Zapatero come un uomo di sensibilità estrema ma non si dice quante donne hanno fatto pressione su di lui perché diventasse così sensibile”. “Io so che in Germania dove Angela Merkel è cancelliera il valore sociale delle donne è salito”, dice la deputata del Pd Paola Concia, autrice della proprosta di legge contro l’omofobia. Altro esempio di possibile iniziativa.

Delle otto ospiti tre erano parlamentari del Pd. A proposito: come mai non c’è nemmeno una candidata donna alla segreteria del Pd. La domanda non cade nel vuoto. “Il congresso è stato pensato come un risiko per maschi”, si lamenta Paola Concia. E però: “Anche noi non siamo riuscite a rovesciare le regole del gioco e ci siamo trasformati in comari dell’uno e dell’altro”. “Certo, dipende anche da noi… E in effetti – ragiona Vittoria Franco – Anna Finocchiaro sarebbe stata una bella candidatura”.
L’Unità 05.09.09