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“Confindustria: a rischio 700.000 posti di lavoro. Il PD: ‘Governo immobile, servono riforme'”, di A.Dra

Ma cos’è questa crisi? La crisi è finita. La crisi è passata. La crisi la si combatte con l’ottimismo.Se fosse per Berlusconi la crisi non sarebbe neanche mai esistita visto che lui è stato uno dei pochi in Italia a vedere un aumento degli introiti economici.
Ma c’è chi non la pensa così, a partire da Confindustria che attraverso il suo Centro Studi mantiene alto l’allarme: “La ripresa sarà lenta, lunga e insidiosa”.

C’è infatti il rischio concreto che nei prossimi due anni si potrà registrare un calo di 700 mila posti di lavoro a meno che non si intervenga con nuove politiche imprenditoriali per uscire “da questa situazione grigia”. Per i ricercatori di Confindustria i prossimi mesi saranno decisivi: le stime annunciate dal Centro studi prevedono – in miglioramento rispetto la precedente analisi – un Pil a -4,8% nel 2009 e a +0,8% nel 2010. Il deficit rimarrà al 5% del Pil e il debito che nel 2009 è del 114,8%, salirà il prossimo anno al 117,8

Per il presidente di Confindustria, le priorità per uscire dalla crisi saranno le grandi ristrutturazioni, le riconversioni.”Ci sono alcuni piccoli segnali di miglioramento, li vediamo a livello internazionale e anche a livello italiano ma ci saranno alcuni mesi un po’ complicati dal punto di vista dell’occupazione. Non siamo davanti ad una catastrofe. Bisognerà gestire alcuni mesi difficili ma il Paese ce la può fare”.

Immediate le reazioni del Pd alle analisi di Confindustria. Per Stefano Fassina, responsabile Finanza pubblica, “i segnali di ripresa economica confermati oggi dal Centro Studi Confindustria dovrebbero spingere il Governo ad avviare un vero programma di riforme e smettere di tirare a campare. Invece, il Ministro Sacconi, di fronte al milione e 250.000 disoccupati in più rilevati da Confindustria dall’inizio della crisi, intima ai giovani italiani di rassegnarsi a un futuro di precarietà. È inaccettabile”.

Dello stesso parere anche Tiziano Treu secondo cui “le elaborazioni del Centro studi di Confindustria disegnano uno scenario estremamente preoccupante. I dati purtroppo sono solo gli ultimi di una lunga serie di record negativi che il governo finge ancora una volta di non vedere. Infatti, nonostante si tratti delle indicazioni di un istituto prestigioso ed affidabile quale il CsC, in altre occasioni si era trattato di Bankitalia, il governo parla di dati non attendibili, di suggestioni negative, di pessimismo. Sinceramente siamo noi ad essere perplessi dal comportamento degli esponenti del governo, che a forza di raccontare la favola che “il peggio è passato” hanno finito per crederci anche loro. Purtroppo le previsioni per l’occupazione sono ancora peggiori di quelle che abbiamo sentito dalla Confindustria è quindi necessario che il governo recuperi il senso della realtà e affronti concretamente i problemi esistenti”.

Per Cesare Damiano, responsabile Area Lavoro del Pd, “i dati di Centro studi di Confindustria rappresentano la pietra tombale dell’ottimismo berlusconiano. E’ giunto il momento che il governo, oltre al fuoco pirotecnico delle dichiarazioni, metta a disposizione le “inimmaginabili” risorse che Tremonti
ha dichiarato di avere a disposizione”.

Secondo la classifica sul “fare impresa”stilata dalla Banca mondiale,nel 2009 l’Italia è scivolata dal 74esimo al 78esimo posto. “Di questo pessimo risultato è responsabile il Governo Berlusconi”, afferma Ignazio Marino , candidato alla segreteria del Partito Democratico: “è stato un grosso errore non tener conto delle conclusioni della commissione Muraro creata durante il governo Prodi dall’allora ministro Padoa Schioppa. Tra le proposte portate avanti da tale Commissione, ce n’era anche una sulla riorganizzazione amministrativa della giustizia che includeva il ridisegno dei tribunali in modo tale da renderli più efficienti e avrebbe permesso una specializzazione del settore di competenza dei giudici”. Infatti, un altro dato allarmante della classifica della Banca mondiale conferma una debolezza del nostro sistema: i tempi della giustizia civile. In Italia, ci vorrebbero oltre 3 anni per far rispettare i contratti. Una tempistica che relega l’Italia alla 156esima posizione nella classifica mondiale su 183 Stati esaminati “e che tiene lontano dal nostro Paese le aziende che vorrebbero investire” da tanto tempo.

C’è poi una domanda che il ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, dovrebbe porsi. Alla luce dei dati della Banca Mondiale, che dimostrano l’inconsistenza del proprio ministero, l’onorevole Calderoli si ritiene soddisfatto della sua inefficacia, o gli basta farsi chiamare ministro? E’ vero che il suo ministero è senza portafoglio e personale, ma sarebbe anche ora di darsi da fare sul serio”.

www.partitodemocratico.it, 10 settembre 2009