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Finocchiaro e Soro a Cortona : “La crisi della democrazia”

In questa fase la democrazia nel mondo è in espansione, sembra un’idea che vince nel mondo ma paradossalmente segna momenti di difficoltà se non involuzione, anche in democrazie di lunga tradizione: cresce l’astensionismo, cala il ricambio delle classi dirigenti e la politica soffre una difficoltà di partecipazione. Nelle istituzioni, deputate alla rappresentanza, soffre più che altrove. E’ il punto di partenza della relazione di Antonello Soro. Il capogruppo alla Camera dei democratici si è confrontato assieme ad Anna Finocchiaro, capogruppo dei senatori PD, con i ragazzi della scuola di Cortona “CulturaDemocratica. Dalle radici, il futuro”.

Pubblichiamo una sintesi dei loro interventi e il botta e risposta con i ragazzi.

La gestione del potere è contesa dalle sfere dell’economia e dell’’informazione e la democrazia che vive dentro regole, dentro ritmi, procedure che non sempre consentono di reggere la competizione. E in Italia c’è l’anomalia di un grande partito che vere su un imprenditore che ha une enorme conflitto d’interessi nell’informazione. Berlusconi è un uomo politico che rivendica di aver governato più a lungo di De Gasperi. Allora deve essere consapevole di aver fallito fino ad ora esercitando la leadership spostando il baricentro dalla decisione del parlamento al governo. La legislatura è partita con quest’anomalia e con la semplificazione del quadro politico voluta dal PD con pochi gruppi parlamentari e per la prima volta l’opposizione ha offerto la disponibilità a farsi carico delle riforme attese da 50 anni, uno sforzo di trasparenza della vita democratica fondamentale in una buona democrazia. Non c’era l’opposizione che bocciava qualsiasi proposta. Ma la maggioranza e SB hanno risposto con uno schiaffo durissimo scegliendo la strada del Lodo Alfano e della rottura di qualsiasi rapporto con l’opposizione: non la riforma delle istituzioni ma il loro svilimento, si sta violentando la democrazia repubblicana.

Soro ne fa uno schema con l’abuso di strumenti fisiologici: il voto di fiducia e il decreto legge usati quanto mai prima e mai così abbinati con un effetto deleterio sul processo legislativo. Il governo arriva in parlamento lo manda nelle commissioni dove non si presenta la maggioranza evitando il confronto, si vota no alle proposte e in aula il governo chiede un maxiemendamento e su quello mette la fiducia. Nella legislatura si sono introdotti maxiemendamenti mostruosi: in un decreto ci sono3 articoli per i quali valgono i requisiti di necessità e urgenza, dopo poche settimane in cui non si confronto su quegli articoli manda in aula un maxiemendamento con quei 3 articoli e volumi interi di norme non vagliate dal Quirinale o dall’opposizione che per effetto del voto di fiducia diventano legge. Così il parlamento diventa un luogo inesistente rispetto al processo democratico. È una violenza usata su un opposizione che non ha strumenti per arginare ma anche sui parlamentari della maggioranza. Un’infinità di parlamentari pdl non ha mai preso la parola perché c’è la consegna a votare i provvedimenti senza modifiche. Questo va combinato all’informazione che viene data: un messaggio reiterato senza contrasto diventa verità. La voce dell’opposizione è inesistente sebbene consumiamo fiato ma c’è una sproporzione di forze enorme e arriva solo il messaggio della maggioranza. Non c’è crisi, c’era ma è passata, abbiamo fatto una finanziaria che basta per 3 anni, ma poi fanno 8 modifiche. Eppure l’informazione è un diritto, un bene pubblico, quindi va garantita come la possibilità di accedere alle informazioni. E non per la maggioranza, va garantita per tutti è in gioco al tenuta della democrazia. Infine vanno riformati i lavori parlamentari: dagli ordini del giorno in su serve cambiare per garantire il regime di controllo del parlamento e maggiori poteri al premier e al governo, con più equilibrio. Una sola camera che fa le leggi a esempio, ma ce n’è una che è la riforma dell’organizzazione del processo legislativo poco conosciuta: la costituzione prevede che a fare le leggi sia sempre il Parlamento ed è eccezionale la delega alle commissioni. Quando si è fatta la costituzione la complessità delle leggi era diversa, penso che dobbiamo rendere più efficiente il parlamento evitando che sia un votificio, riducendo anche i parlamentari, scegliendo chi scrive le leggi tra i più competenti in quel settore rilanciando il ruolo della commissione.
Finocchi aro parte da una domanda: ma c’è una crisi della democrazia in Italia? Si. Primo perché l’informazione non è libera e grava su di noi al responsabilità del conflitto d’interessi, che invita a non disturbare il conducente. E perché il premier è insofferente a ogni controllo, da quello della legge evaso con il lodo Alfano ai controlli di garanzia del Quirinale.
È una risposta perfetta, ma non sta in questo la crisi, questa è solo la descrizione nella storia della relazione tra il potere e la sua limitazione. Il potere dall’antichità non sopporta la costrizione del limite, che è un modo per inciamparlo ed è essenza della democrazia, equilibrio perfetto di poteri e controlli, critica dei governati sui governanti.
Il problema è un altro: la democrazia attraversa una crisi in Italia per 2 ragioni: l’opposizione si impegna ma il risultato è miserabile. Perché? Perché la stampa non è in grado di coglierlo o perché è il paese che non riesce più a cogliere la gravità di quel che accade, non lo considera straordinario? Come se sui principi non valesse la pena di manifestare e scendere in piazza. La crisi è questo: ogni giorno si consuma uno strappo rispetto alla costituzione senza una reazione visibile, la nostra grandissima responsabilità c’è. Non c’è soluzione di crisi della democrazia senza luoghi democratici dove si discute e si elaborano proposte e cresce l’opposizione non dei parlamentari ma di un PD radicato nella società capiente e ospitale. Questo mentre c’è l’idea che qualcuno che decida è rassicurante, e che lo faccia rapidamente. C’è la necessità di strumenti di decisone politica tempestivi, per dare soluzioni rapide ai grandi problemi economia, lavoro, questioni sociali, una democrazia decidente. C’è la possibilità di farlo rispettando la Costituzione con una sola Camera che faccia le leggi, con regolamenti parlamentari che stabiliscano procedure coerenti. Fa un esempio: le direttive UE vengono approvate dopo anni, quando già è pronta una regola più adeguata, un limite ai decreti legge da approvare, dei veti, riducendo il numero dei parlamentari. Ci siamo scordati che un sistema bipolare deve aggiornare le sue forme democratiche altrimenti un uso eversivo della maggioranza fa scomparire la voce dell’opposizione? Probabilmente con un’altra maggioranza non sarebbe possibile, ma serve un potere dell’opposizione altrimenti siamo in parlamento a declamare sena parlare al Paese perché siamo quasi del tutto ininfluenti. Abbiamo anche vissuto una prima deriva in cui pensavamo di dover fare il continuum partito-governo ombra di fronte a quello maggioranza-governo. Ma quando mai? Le decisioni oltre che rapide devono essere durature perché un paese che deve crescere si deve fidare delle regole. se voglio far studiare mio figlio per diventare insegnante, se devo investire sulle energie alternative devo sapere quanto durino le leggi, da sicurezza, prospettiva, fiato e fiducia al paese. il problema è come decidere, certo non su tutto, ma sulle grandi questioni strategiche per lo sviluppo italiano abbiamo bisogno di un meccanismo che costringa alla codecisione. Ma c’è ancora da fare.

la crisi della rappresentanza: chi viene eletto è nominato e deve dire si padrone ringraziando il segretario e non gli elettori. un paese normale cambierebbe legge elettorale perché è talmente deprezzata la funzione del parlamentare che una bimba di 18 anni può dire tranquillamente che vuol fare la deputata o lo showgirl. C’è un nonsense drammatico in questa cosa. noi abbiamo bisogno di un’operazione simbolica molto forte perché le istituzioni hanno avuto per noi un valore simbolico straordinario che ogni giorno si cerca di frantumare, perché se se ne perde il senso si è perso il senso di come quel simbolico abbia una ricaduta sulla tua vita, sulla tua liberta e dignità, sul tuo diritto.

Una politica che non discrimini le donne, che non sia fatta di sangue violenza tragedia ma di speranza, opportunità, occasioni. e senza le donne non c’è il tema della modernità. anche nelle politiche fiscali, quelle attuali convincono le donne che è meglio stare a casa. le donne non sono strumenti devono poter scegliere laicamente. noi abbiamo dinanzi un compito complicato, niente è compiuto, non basta dire la costituzione è vigente e il parlamento sovrano, dobbiamo andare a fondo sui nostri errori e omissioni per dare al paese l’ambizione e la speranza che abbiamo avuto al momento di fare il PD.
da www.partitodemocratico.it