lavoro

«Con il marchio da stagista », di Bruno Ugolini

Mentre ci si incatena o ci si mette in mutande o si sale su gru e tetti, c’è chi non può certo ricorrere a simili intemperanze. Sono i lavoratori flessibili, isolati, in piena solitudine. Tra questi una condizione particolare è quella dello stagista. Mi è capitato di leggere nel sito da Marco Patruno, una particolare testimonianza. Racconta Stefania: «Tempo fa ho notato in una famosa catena di profumerie che alcune commesse portavano una spilla dove vicino al loro nome compariva la scritta STAGISTA. Quelle ragazze stavano lavorando, perché bollarle e declassarle?». Stefania ha avuto una prima esperienza con un regolare contratto e mille euro al mese. Poi si è trovata «sballottata nel limbo degli stage». E ha capito che «quello che doveva essere un orientamento al lavoro si è trasformato in un fenomeno di malcostume imperante ormai in tutte le categorie produttive, anche in alcune dove la natura stessa dello stage, quello di esperienza formativa, viene completamente meno». Così è possibile trovare, sostiene, annunci del tipo: «Cercasi stagista animatore, cercasi stagista banco pescheria, cercasi stagista operaio». E risultano poco presenti gli enti preposti al controllosulla regolarità degli stage e sul rispetto delle norme di svolgimento. Fatto sta che per il datore di lavoro lo stagista ideale «è una risorsa con disponibilità illimitata, sempre sorridente, sempre felice, disposto a fare lo stagista a vita». La maggior parte degli stage, continua Stefania, sono full time e solo una piccola parte prevede un rimborso spese. Ma nessuno s’indigna. Conclude Stefania amareggiata: «Il messaggio che deve passare è che lo stage è una figata, è il paradiso dei neolaureati, è il meglio che un laureato può augurarsi, è il trampolino di lancio per entrare nel mondo del lavoro… ».
Marco Patruno ha anche scoperto che nel 2008 sono aumentate le aziende che hanno fatto ricorso a questo strumento. Si è passati da 256mila stagisti a 305mila. Cala invece il numero degli assunti dopo lo stage. L’anno scorso la percentuale era 12,9%, quest’anno è ferma a 9,4%. Degli oltre 300mila stagisti del2008menodi 29mila hannoottenuto un’assunzione. Aumentano gli stagisti e aumentano i cassintegrati. Commenta Marco: «Abbiamo il declino e la fine di un mito. Il mito dello stage come canale privilegiato o l’anticamera dell’assunzione nell’azienda italiana…
I vari professionisti che popolano la foresta del mercato del lavoro hanno coccolato i giovani con questo mito che trovava tuttavia scarso riscontro nella realtà pratica e nelle esperienze quotidiane di chi lo stage lo aveva vissuto sulla propria pelle… Penso che la crisi possa favorire la via dell’opportunismo. Cioè l’uso degli stage per raggirare i vincoli imposti dalle altre tipologie contrattuali… ».
http://ugolini.blogspot.com/
da l’Unità