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«L’Emilia non è bulgara per Pierluigi finora con Dario finisce 60 a 40 circoli», di Antonella Cardone

Consultazioni in 50 su 650. Alcune enclave di Pierluigi hanno tradito: a Trebbo (dove ci sono ancora i busti di Lenin) ha vinto di un punto, a Imola risultati sotto le aspettative.

L’Emilia-Romagna toglie il turbo a Pierluigi Bersani nella corsa alla segreteria nazionale del Pd: nella terra dove le previsioni immaginavano risultati bulgari per l’ex ministro, visto che qui le dirigenze regionali sono per lui, i primi circoli che hanno effettuato i loro congressi hanno negato l’unanimità. Persino lungo la via Emilia la partita con Dario Franceschini è ferma 60 a 40.
E’ presto, però, per avere un quadro oggettivo di quelli che saranno i risultati complessivi: i congressi si sono svolti in appena una cinquantina dei 650 circoli della regione, e quelli numericamente più significativi si terranno al termine delle Feste, a fine mese. Nessuno, neanche i franceschiniani più convinti, osa adesso sognare che non sia effettivamente Bersani il candidato incoronato, male dita rimangono incrociate. Perché è un fatto alcune enclave considerate bersaniane hanno tradito.
E’ accaduto, ad esempio, giovedì notte nel primo circolo bolognese che si e espresso per il congresso, a Trebbo: qui Pierluigi Bersani ha vinto di un solo punto.
Il giorno dopo, è andata in scena a Granaglione, sempre nel bolognese, la prima netta vittoria di Franceschini, 15 a 9. E, a sorpresa, i compagni bolognesi hanno scelto lo splitting, non facendo convergere il loro voto bersaniano sul candidato di mozione per la segreteria regionale del partito.
Risultati analoghi li hanno riservati altri circoli: i più significativi in provincia di Ferrara, che pur essendo città natale del segretario nazionale, non prometteva sostegno unanime per lui. Invece, in un circolo della provincia dove non si pensava accadesse hanno prevalso i franceschiniani.
Colpo di scena anche a Imola, terra considerata compattamente a fianco dell’ex ministro. Così non è: in una sezione ha raccolto solo pochi voti, la minoranza.
Stupisce la “dissidenza” di realtà che in passato hanno sempre votato compatta mente l’opzione maggioritaria e dove i risultati bulgari, fino a ieri, erano sottoscrivibili a occhi chiusi ancor prima che le urne si aprissero. I “nonni” emiliani, evidentemente, hanno opzioni politiche ben diverse da quelle immaginate dalla dirigenza, e pure conservando in sezione i busti di bronzei di Lenin come si è scoperto accadere a Trebbo sono ben poco nostalgici e l’orgoglio comunista non lo avvertono più nel Dna.
Può pesare, da un lato, anche la tradizionale diffidenza di scuola Pci nel cambiare segretario nazionale senza che ve ne sia una necessità considerata oggettiva, e certo influisce molto che un leader amato come Piero Fassino qui abbia condotto una campagna elettorale serratissima: gli interventi dell’ultimo segretario dei Ds alle Feste del partito, finora, sono stati tra i più affollati e applauditi.
E dire che fino a oggi la competition per il congresso in Emilia ha visto una sproporzione nettissima delle forze in campo per i due contendenti: per Bersani ha di fatto lavorato tutta la possente macchina organizzativa del partito, tanto che i franceschiniani hanno denunciato 1’«emarginazione» subita, in termini di mancati aiuti tecnici e di veri e propri colpi bassi, come l’invio di lettere a indirizzari che, in teoria, sarebbero dovuti rimanere riservati. Un politologo solitamente posato come Salvatore Vassallo ha addirittura lanciato una durissima reprimenda parlando di minacce di epurazioni. «Ci sono in Emilia-Romagna troppe pressioni che toccano il lavoro delle persone, le loro prospettive di carriera, si sentono troppi “chi non si allinea è perduto”, si sente echeggiare – ha raccontato – tra alcuni dirigenti di prima e seconda linea l’idea che con la vittoria di Bersani qui tornerà finalmente il Partito».
da il Riformista