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“Il federalismo al contrario”, di Tito Boeri

Il gesto è clamoroso: le Regioni hanno ieri disertato l´incontro in cui il Governo doveva loro presentare la “Finanziaria light”, oggi al vaglio del Consiglio dei Ministri. Sono incontri del tutto inutili. Ma soprattutto il Governo da mesi continua a rinviare il confronto richiesto dalle Regioni nella sede istituzionale appropriata, la Conferenza Stato Regioni. Si limita a trattare separatamente con ciascuna Regione mentre le vie del sito della Conferenza sono costellate di rinvii.
Su cosa chiedono chiarimenti urgenti le Regioni? Non solo sui tagli alla sanità previsti nel nuovo “Patto per la Salute”, ma anche sul federalismo fiscale al contrario di cui il Governo sta dando ampia prova. Il paradosso è che, al di là dei proclami e della retorica dispensata a piene mani dalla Lega all´atto di approvazione della legge delega sul federalismo fiscale, questo esecutivo sta attuando un federalismo al contrario. Ha, da una parte, tolto autonomia impositiva agli enti del decentramento abolendo l´ICI sulla prima casa e bloccando le addizionali regionali e comunali su Irpef e Irap e, dall´altra, li ha resi tappabuchi, enti che colmano le falle lasciate aperte, se non addirittura create, dagli interventi del governo centrale. Salvo poi appropriarsi in pubblico delle risorse versate da Comuni e Regioni come se fossero state versate di tasca propria, dal bilancio dell´amministrazione centrale dello Stato. Due esempi su tutti: la gestione della vicenda dei precari della scuola e la deroga-proroga degli ammortizzatori sociali.
Partiamo dalla prima. Saranno 42.000 i posti in meno quest´anno nella scuola per effetto della prima Finanziaria del Governo Berlusconi. Secondo il ministro Gelmini, questi tagli verranno effettuati quasi interamente non rimpiazzando i docenti che vanno in pensione. Ma non può essere così. Sono circa 30.000 gli insegnanti che hanno maturato o stanno maturando i requisiti per andare in pensione nel 2009. Tra questi, non pochi stanno decidendo di posticipare il ritiro dalla vita attiva in linea con comportamenti diffusi nel settore privato in questa congiuntura. Le famiglie hanno infatti subito ingenti riduzioni del proprio patrimonio nella recessione, ci sono poche opportunità per redditi da cumulare alla pensione e, dunque, si decide di continuare a lavorare almeno fin quando la buriana sarà passata. Inoltre, i posti tagliati dalla Finanziaria 2008 il più delle volte non riguardano insegnanti che stanno andando in pensione. Per ridurre gli organici attraverso la non sostituzione di insegnanti che vanno in pensione bisognerebbe avere una gestione decentrata, istituto per istituto, del personale, non certo tagli imposti dal centro. Come prevedibile, questi hanno interessato solo i docenti non di ruolo, quell´esercito di 90.000 precari oggi presenti nella scuola italiana. In quanto precari, con carriere zeppe di interruzioni, e per colpa dei nostri ammortizzatori gruviera, hanno diritto al massimo a 860 euro al mese per 8 mesi. Temendo una rivolta di piazza e ostinandosi a non voler varare una riforma degli ammortizzatori sociali, il governo ha così stipulato contratti bilaterali con le singole regioni affinché queste si facciano carico dei lavoratori precari in esubero. Dovranno coinvolgerli in “progetti regionali” offrendo loro retribuzioni da abbinare a brevi supplenze senza continuità didattica, fin quando non verranno in qualche modo riassorbiti nell´ambito del sistema scolastico. In altre parole, gli insegnanti in esubero sono diventati e rimarranno a lungo impiegati regionali con saltuari compiti di supplenza nelle scuole.
Veniamo agli ammortizzatori non riformati, ma dati in appalto alle Regioni. Nel suo recente monologo televisivo il Presidente del Consiglio ha sostenuto che il suo Governo ha speso 34 miliardi per gli ammortizzatori sociali, appropriandosi non solo degli ordinari contributi di lavoratori e datori di lavoro all´Inps (20 miliardi), ma anche dei più di 6 miliardi e mezzo messi a disposizione direttamente o indirettamente (tramite il Fondo Aree Sottosviluppate) dalle Regioni per finanziare interventi in deroga-proroga della Cassa Integrazione Guadagni. Sin qui il governo ha messo in campo solo 800 milioni per interventi a sostegno di lavoratori in esubero durante la crisi, lasciando alle singole Regioni il compito di metterci il resto, a discrezione, di tasca loro.
Queste scelte del Governo violano i principi sanciti dalla legge delega sul federalismo fiscale appena approvata dal Parlamento, che prevede che i “livelli essenziali di prestazioni attinenti i diritti civili e sociali” vadano “garantiti su tutto il territorio nazionale”. Forse ancora più grave il fatto che rischiano di far lievitare in modo permanente la spesa pubblica. I progetti regionali per i precari della scuola hanno, infatti, una sinistra somiglianza con i Lavori Socialmente Utili (LSU), nati come estensione temporanea dei trasferimenti ai cassintegrati a zero ore e ai lavoratori in mobilità giunti al termine della durata massima dei sussidi e poi diventati una sorta di vitalizio. Rischiano perciò di rivelarsi più costosi dei posti che si è voluto ridurre. Quanto ai fondi europei utilizzati dalle Regioni per prorogare la Cassa Integrazione, questi vengono concessi dalla Commissione Europea solo se abbinati a politiche attive del lavoro. Per questi motivi, le Regioni stanno attivando, assieme ai trasferimenti ai cassintegrati, una fitta gamma di corsi di formazione di dubbia efficacia per ottemperare alle disposizioni di Bruxelles. Detto in altre parole, questi ammortizzatori regionalizzati costano il doppio di ammortizzatori finanziati dallo Stato attingendo alla fiscalità generale. Infine, i contatti rigorosamente solo bilaterali fra Governo e Regioni nel gestire la vicenda precari della scuola rischiano di comportare scambi poco trasparenti, do ut des svolti all´oscuro del contribuente, che ci lasciano in eredità nuovi impegni di spesa, dunque più tasse.
Il Governo, tuttavia, continua a sostenere che il federalismo permetterà presto di tagliare le tasse. Per crederci dovremmo compiere un atto di fede. I documenti ufficiali del Governo recitano che “non è possibile determinare ex ante le conseguenze finanziarie del federalismo fiscale”. E le scelte fatte sin qui dall´esecutivo sono proprio il contrario, tutto il contrario, del federalismo.

La Repubblica, 22 settembre 2009

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Segnaliamo sullo stesso argomento questo articolo dell’Unità

“Deficit alle stelle, ma Tremonti vede rosa”

L’incontro tra governo e parti sociali sulla manovra prossima ventura è iniziato senza le Regioni che hanno abbandonato il vertice per protesta. I temi sul tappeto erano molti, dalle risorse per i contratti pubblici agli incentivi per l’auto e l’estensione di quelli previsti per la contrattazione di secondo livello. Esito piuttosto insoddisfacente, se non altro perchè per i contratti, a quanto dice la Cgil, non c’è proprio nulla.

Per la prima volta hanno partecipato anche i sindacati di polizia. Le Regioni hanno disertato il tavolo per protestare contro il rinvio degli ultimi confronti in calendario con il governo con cui fare il punto sui finanziamenti dei fondi fas, la sanità e i tagli alla scuola.

La Finanziaria sarà ultrasnella e composta da tre soli articoli, con aggiornamento al 2012 della legge finanziaria triennale che, secondo Tremonti “ha dato credibilità internazionale ai conti pubblici”. Il ministro ha ricordato che dall’inizio della crisi “il governo ha varato sei decreti legge, al momento non vediamo altri provvedimenti di manovra”.

“Fare di più sarebbe stato irresponsabile”, ha detto il ministro dell’Economia rivendicando il “merito del governo di aver fatto una politica prudente, che sta dando i suoi frutti”. Non si capisce quali, visto che il deficit vola al 5% e il Pil è stato quest’anno al meno 5%. Tremonti dice di attendersi molto dallo scudo fiscale, i cui introiti saranno destinate a un fondo speciale della presidenza del consiglio. Il sottosegretario Gianni Letta ha tentato di ricucire con le Regioni: “Speriamo che il chiarimento da loro chiesto possa avvenire al più presto. Ci auguriamo anche di potere indicare quanto prima la data dell’incontro tra governo e Regioni al rientro del presidente Berlusconi dal suo viaggio in America”, ha aggiunto. Le Regioni protestano perchè di fatto il governo rinvia da sempre il confronto. Tra i punti di discussione considerati irrinunciabili dai governatori, ci sono il patto per la salute, i tagli alla scuola e le risorse per i fas (fondi per le aree sottoutilizzate).

La delegazione dell’unione delle Province italiane (Upi) ha lasciato in anticipo l’incontro.

Negative le prime reazioni. Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ha espresso un giudizio negativo sull’impianto della Finanziaria. “Già l’anno scorso – ha detto Epifani – ero critico sull’impostazione della Finanziaria. Ora lo sono ancora. E’ stata fatta una scelta politica di mettere pochi soldi, altri Paesi hanno fatto di più”.

“Vi chiedo la disponibilità ad aprire una discussione per un impegno sulla riduzione delle tasse ai lavoratori dipendenti: ogni euro in più che entra deve avere questa destinazione”, ha detto il segretario generale della Uil. Luigi Angeletti ha aggiunto che sui contratti del pubblico impiego “si aspetta semplicemente che vengano mantenuti gli impegni assunti con noi firmando l’accordo per la riforma del sistema contrattuale”. Infine ha chiesto che siano fatti investimenti nelle infrastrutture.

Sulla stessa linea anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Sul fisco “occorre un segnale di cambiamento con l’accordo di tutti. Penso che il governo debba dare una risposta subito”.

Duro il primo giudizio del Pd: «Nulla di nuovo da Palazzo Chigi. Con questa ridicola manovrina il governo conferma appieno la sua impostazione miope, antisociale e antimeridionale. Che fine hanno fatto i piani Marshall per il Sud? Dove sono le risorse
del fantomatico ‘new deal’ berlusconiano? Dopo gli strumentali e propagandistici polveroni agostani, il Sud è completamente
dimenticato». Lo afferma Sergio D’Antoni, responsabile Mezzogiorno del Pd e vicepresidente della commissione Finanze della Camera.

«Dopo aver scippato il Sud di 35 miliardi di euro – afferma D’Antoni – dopo aver smantellato il credito d’imposta per gli imprenditori
meridionali e mentre la crisi morde soprattutto le zone deboli del meridione, Tremonti si lava le mani del Mezzogiorno. Davvero
un bell’esempio di responsabilità».

L’Unità, 22 settembre 2009