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“Il Governo boccia la mozione sul precariato nella scuola proposta dal PD”

Pubblichiamo di seguito la mozione – bocciata oggi dal Governo – presentata alla Camera dall’On. Ghizzoni, il suo intervento in aula e la dichiarazione di voto dell’On. Fioroni.


Mozione 1-00229 presentata da MANUELA GHIZZONI
testo di martedì 15 settembre 2009, seduta n.214

La Camera,
premesso che:
a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico l’opinione pubblica è fortemente colpita e impressionata dalla gravità degli effetti prodotti dalle cosiddette riforme realizzate con i provvedimenti governativi sulla scuola;
tagliare nel solo anno scolastico 2009/2010 oltre 42 mila posti di personale docente e più di 15 mila posti di personale ATA, come anticipo dei complessivi 130 mila che si prevede di eliminare entro il prossimo triennio, significa il licenziamento di oltre 18 mila docenti e di oltre 8 mila tecnici, amministrativi ed ausiliari, che da anni svolgono la propria mansione con incarichi annuali costantemente rinnovati su posti vacanti disponibili non coperti da nomine a tempo indeterminato per una scelta di risparmio da parte dello Stato. Le rassicuranti affermazioni, espresse nei mesi scorsi dal Ministro Gelmini e dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo le quali nessuno sarebbe stato licenziato sono pertanto disattese dai fatti, che coincidono con le previsioni formulate dal Partito Democratico e dalle organizzazioni sindacali;
tale massiccio licenziamento – che può essere definito senza tema di essere smentiti «il più grande licenziamento di massa nella storia del nostro Paese» – sta producendo, in occasione delle operazioni di nomina da parte degli uffici scolastici provinciali, drammatiche e diffuse iniziative di protesta;
le recenti 16 mila nomine a tempo indeterminato, 8 mila docenti e 8 mila ATA (ben inferiori alla tranche annuale di 50 mila docenti e 10 mila ATA del piano triennale di immissione in ruolo previsto dalla legge finanziaria 2007 e mai abrogato dal presente Governo), non hanno coperto tutti i posti lasciati liberi dai pensionamenti; inoltre, va ricordato che nell’anno scolastico 2009/2010 vi saranno migliaia di incarichi annuali coperti da lavoratori precari destinati al licenziamento nei prossimi anni per ottemperare al pesantissimo taglio di personale previsto dall’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, (per l’anno scolastico 2010/2011: 25.560 docenti e 15.167 ATA; per l’anno scolastico 2011/2012: 19.676 docenti e 14.167 ATA). Peraltro, la legge di assestamento del bilancio 2009 approvata nel luglio 2009 ha definito ulteriori massicce decurtazioni alla spesa per gli incarichi a tempo determinato, che diminuisce complessivamente di 577.064.995 euro. Con tale riduzione, che risulta aggiuntiva rispetto a quella di 456 milioni già operata in attuazione dell’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, di fatto sarà impossibile garantire, per i primi quattro mesi del nuovo anno scolastico, la regolare retribuzione di quanti comunque riceveranno un incarico annuale;
i precari della scuola, docenti e ATA, sono in numero ben maggiore ai 26 mila che non saranno confermati nell’anno scolastico che sta per iniziare: secondo le stime ufficiali del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca relative all’anno 2008, i docenti con incarico a tempo determinato sono stati ben 131 mila. Questo dato non rappresenta solo l’avvilente incertezza per il futuro professionale dei lavoratori coinvolti, ma denuncia anche la mancata continuità didattica che viene negata a migliaia di studenti;
ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, la citata massiccia riduzione di personale, che anticipa quella prevista per il prossimo biennio, avrà effetti molto gravi sulla quantità dell’offerta e sulla qualità del funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado. Ad esempio:
non sono state attivate numerose sezioni di scuola per l’infanzia, seppur richieste;
nella scuola primaria, in molti casi non si è data risposta alla domanda di tempo pieno, che non può essere confuso con un tempo scuola a 40 ore poiché diverso è il modello didattico offerto. La riduzione delle compresenze, inoltre, tanto nel tempo pieno quanto nell’organizzazione modulare del team di 3 docenti su due classi, produrrà gravi conseguenze sul piano della continuità didattica e, quindi, della qualità del processo di insegnamento-apprendimento;
analoghe conseguenze si avranno nella scuola secondaria di primo grado: la diminuzione delle ore di italiano, di tecnologia e, in molti casi, della seconda lingua comunitaria, determina non solo la riduzione del tempo scuola, ma avrà inevitabili ricadute sul piano dello sviluppo delle conoscenze dei nostri ragazzi;
si aggrava il problema della gestione degli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica, poiché è in aumento in ogni ordine di scuola la mancata organizzazione – per l’assenza di personale dovuta all’abolizione delle compresenze e alla riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore – delle attività didattiche e formative alternative al detto insegnamento;
l’incremento del numero di alunne/i per classe, provocato dalla volontà di impedire l’apertura di numerose classi della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, avrà conseguenze gravi sulla qualità didattica e sui livelli di apprendimento, e produrrà un diffuso mancato rispetto delle norme di sicurezza nelle aule scolastiche;
le situazioni descritte, citate a titolo di esempio, e, più in generale, il taglio draconiano della spesa per l’istruzione – previsto dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e dalla legge finanziaria 2009 – sono foriere di conseguenze facilmente immaginabili sul futuro economico, sociale ed educativo del nostro Paese. Inoltre, contrariamente alle assicurazioni fornite nei mesi scorsi dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, la decisione di decurtare pesantemente gli organici della scuola contribuisce ad alimentare la crisi economica che ha colpito il Paese e ad incrementare la già enorme platea di chi ha perso il lavoro di ulteriori 26.000 persone, prevalentemente donne, poiché l’occupazione nella scuola è in maggioranza femminile e residenti nelle regioni meridionali, dove i tagli si sono abbattuti con maggior pesantezza;
a partire dalla riduzione delle prestazioni delle scuole statali, il Governo pare, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, inconsapevole della gravità dei guasti prodotti dalle misure assunte;
l’emanazione dei regolamenti recanti le «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’articolo 64 comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» e la «revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133» (decreti del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, nn. 81 e 89) non ha contribuito a rendere più chiaro il quadro normativo; i provvedimenti del Governo in materia sono infatti oggetto di specifiche contestazioni presso i Tribunali amministrativi regionali e hanno determinato anche l’instaurazione di giudizi di legittimità costituzionale; inoltre, si stigmatizza con forza che non sia ancora ufficialmente esistente e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale sugli organici, in base al quale sono stati costituiti gli organici delle singole scuole e operate le descritte massicce riduzioni di posti;
la soluzione prospettata con i cosiddetti «contratti di disponibilità» è del tutto insufficiente, poiché se da un lato sostituisce di fatto i limitati ammortizzatori sociali già operanti nel passato anche per il personale scolastico, dall’altro non salvaguarda la risorsa docente e al contrario crea discriminazione tra i precari, dato che la priorità per le supplenze brevi offerta esclusivamente a coloro che nel 2008 sono stati destinatari di una supplenza annuale sottrae le uniche opportunità di impiego a quei docenti che da anni lavorano con supplenze di circolo o di istituto;
la scelta del Governo di ricercare accordi con le singole regioni, affinché integrino con risorse proprie quelle già previste per l’indennità di disoccupazione, è un palese tentativo di scaricare sulle regioni il costo sociale dei tagli irresponsabili imposti al sistema scolastico nazionale dall’Esecutivo Berlusconi: tali accordi – che potranno semmai avere carattere aggiuntivo e mai sostitutivo – mancano del necessario riferimento nazionale e pertanto presentano impostazioni, procedure e modalità di intervento differenti (con conseguenze negative sulle stesse graduatorie), condizionate dalle risorse messe a disposizione dalle regioni e dalle legittime esigenze territoriali che l’autonomia regionale esprime,
impegna il Governo:
a predisporre un piano straordinario, sostenuto da risorse aggiuntive, finalizzato all’abolizione dei tagli introdotti dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e all’immissione in ruolo per docenti e ATA, così come previsto dalla legge finanziaria 2007;
ad adottare iniziative per attribuire un’indennità di disoccupazione per due anni (pari al 60 per cento della retribuzione nel primo anno e al 50 per cento nel secondo) ai precari, il cui contratto non possa sere assolutamente rinnovato, che hanno lavorato per almeno 180 giorni nell’anno scolastico 2008/2009 e a garantire la maturazione del punteggio di servizio nelle graduatorie ad esaurimento;
a realizzare un incremento degli organici del personale ATA, per fare fronte ad una situazione di assoluta emergenza per la mancata apertura di molti plessi e sedi scolastiche e per l’impossibilità in molte istituzioni scolastiche di garantire la normale attività amministrativa e didattica di inizio anno scolastico;
a garantire che gli eventuali accordi regionali per il precariato debbano mantenere criteri d’intervento e di applicazione unitaria e, pertanto, che uno schema di convenzione sia discusso con la massima urgenza al tavolo di confronto della Conferenza unificata Stato/regioni, assicurando che questi accordi interventi prevedano comunque garanzie per tutto il personale precario della scuola, sia docente sia ATA;
a prevedere che gli interventi e i progetti per l’utilizzo straordinario e provvisorio del personale che ha perduto l’incarico o la supplenza annuale, rispondano all’esigenza di: innalzare la qualità complessiva dell’offerta formativa; di favorire l’innovazione didattica; di consentire l’aggiornamento e la formazione degli insegnanti; di intervenire sull’allungamento-ripristino del tempo scuola realizzando un efficace rapporto docenti/alunni (tenendo presente le garanzie per gli alunni diversamente abili) e il connesso incremento del tempo scuola individuale; di applicare correttamente l’accordo concordatario di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, prevedendo attività didattiche e formative alternative al detto insegnamento; di prevenire e contrastare, con interventi specifici, le situazioni di disagio sociale e di abbandono scolastico;
a fare in modo che i «contratti di disponibilità» siano attivati direttamente dal Ministero e che gli accordi con la Conferenza Stato/regioni siano volti alla qualificazione dell’offerta formativa territoriale;
ad assegnare un numero certo e stabile di insegnanti e di personale ATA (organico funzionale) alle scuole sulla base di criteri oggettivi, in modo da garantire continuità didattica e autonomia, per realizzare un piano dell’offerta formativa (POF) di qualità, nel rispetto delle norme nazionali.
(1-00229)
«Ghizzoni, Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Fioroni, Coscia, Bachelet, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Nicolais, Pes, Picierno, Rossa, Antonino Russo, Sarubbi, Siragusa, Marco Carra, Bellanova, Berretta, Bordo, Bossa, Braga, Bucchino, Cardinale, Ceccuzzi, Cenni, Ciriello, Codurelli, Corsini, D’Antona, Esposito, Farinone, Fedi, Ferranti, Froner, Ginefra, Giovanelli, Gnecchi, Graziano, Laratta, Lenzi, Lovelli, Lucà, Madia, Marchi, Marchioni, Margiotta, Melis, Miglioli, Motta, Murer, Naccarato, Andrea Orlando, Mario Pepe (PD), Piccolo, Quartiani, Rampi, Realacci, Rigoni, Schirru, Servodio, Tidei, Tocci, Velo, Verini, Zampa, Mattesini, Castagnetti».

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L’intervento in aula dell’On. Ghizzoni (23/09/2009)

Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario Pizza per essere qui: so che ha rinunciato ad un appuntamento importante. Mi dispiace invece dover rilevare l’assenza del Ministro Gelmini, che per la seconda volta ha disertato e diserta l’Aula mentre si discutono atti di politica scolastica proposti dal Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
È accaduto il 16 luglio, poco tempo fa – lo ricordo ai colleghi – e accade oggi, tra l’altro a pochi giorni dall’avvio di un anno scolastico che si annuncia denso di incertezze. Aggiungo che è da più di un anno che chiediamo di avere la Ministro Gelmini in Commissione. Abbiamo certezza che la presidente Aprea abbia indirizzato le nostre richieste, ma a tali richieste non è stata data ancora risposta.
È un atteggiamento legittimo del Ministro, certo, però tradisce un fastidio per le sedi di confronto democratico. Ne prendiamo atto con sconforto, non solo per la scortesia istituzionale, ma per il futuro della scuola italiana. Per la verità il comportamento della Ministra non ci stupisce, perché da tempo si è fatta interprete di quella che potremmo definire una sorta di nuova prassi legislativa, che ha sostituito ahimè le dichiarazioni e le conferenze stampa alle Aule parlamentari. Non più tardi del 5 settembre, per il tramite dell’ennesima intervista, abbiamo appreso così che entro sei mesi definirà le regole per la carriera dei docenti. Ha espresso il desiderio di farlo con le parti sociali, con i sindacati. Tace naturalmente sul dialogo ed il confronto con le forze politiche, però anche il dialogo ha un tempo, è a scadenza: sei mesi, dopodiché il Governo procederà da solo, cioè come ha fatto fino ad ora, con decreti-legge e voti di fiducia.
Che la responsabile del Dicastero dell’istruzione non senta il bisogno di confrontarsi con il Parlamento è un fatto che dovrebbe preoccupare tutti noi, anche i colleghi della maggioranza. Ma la Ministra purtroppo è pervicace anche nel non voler capire le condizioni reali ed i bisogni urgenti della scuola. Pare non accorgersi, ad esempio, di quello che accade in questi giorni: della precarietà di molti istituti nel garantire il sostegno ai ragazzi in condizioni di handicap, nell’affrontare il sovraffollamento delle classi, nel far fronte alla mancanza delle risorse necessarie al quotidiano funzionamento. Alle nostre interrogazioni su questo punto, sui debiti che gravano sulle scuole, si è risposto accusandoci con la solita litania che gridiamo «Al lupo!» ideologicamente. Eppure anche l’ultimo rapporto di Cittadinanzattiva sulla sicurezza degli istituti scolastici ci dà ragione e conferma l’assoluta sofferenza economica degli istituti. In alcuni casi addirittura non riescono a comprare i prodotti igienici.
Ecco allora spiegato perché i dirigenti si sono inventati il divieto del bacio all’inizio dell’anno scolastico, per non diffondere il virus dell’influenza. Non hanno i soldi per comprare il sapone che sappiamo essere – il lavaggio frequente delle mani – la prima forma di prevenzione (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questo è un fatto. Potete gridare, potete dire quello che volete, ma è un fatto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Il Ministro, poi, pare non rendersi conto delle attese deluse dei genitori circa il modello educativo scelto, ad esempio nella scuola primaria di primo grado. Il Ministro può dichiarare, ad esempio, l’incremento del tempo pieno, che peraltro negli ultimi anni è sempre cresciuto, e può spacciare per tempo pieno il tempo prorogato a 40 ore. Ma sono due cose ben diverse. Nel tempo scuola 40 ore si verifica un avvicendamento di molti docenti per un numero residuale di ore e tali docenti si avvicendano anche ad educatori responsabili del tempo scuola, eventualmente pagati dagli enti locali, soppiantando, così, un modello educativo – cosa diversa – che si basa sulla condivisione delle responsabilità didattica e della compresenza in un tempo disteso di apprendimento.
Il Ministro può poi aggregare i dati per rendere meno evidente la bocciatura che le famiglie hanno attribuito al maestro unico e al tempo scuola di 24 ore. Può fare tutte queste cose, ma la realtà non cambia perché la risposta alle indicazioni espresse delle famiglie è, comunque, al di sotto delle richieste effettuate e, soprattutto, non cancella l’ampia critica della riforma della scuola primaria registrata dall’indagine Eurispes del 2009, secondo la quale il 70 per cento degli interpellati esprime forte contrarietà e preoccupazione per la riduzione degli orari scolastici e per la scomparsa del lavoro di équipe dei docenti.
Alla pervicacia di non mettersi in ascolto della scuola la Ministra accompagna un atteggiamento di dichiarata disistima, quando non di ostilità, nei confronti di quanto la scuola pubblica ha fatto in questi anni, pur in condizioni difficilissime. Si tratta di un atteggiamento che parrebbe tradire un ideologico sospetto nei confronti della scuola pubblica e denunciare il fine ultimo del Governo, vale a dire smantellare il sistema pubblico di istruzione e trasformare la missione educativa e di istruzione in un principio di ordine sociale, estraneo al mandato della scuola repubblicana che, seppur tra mille difficoltà e nella consapevolezza che debba davvero cambiare profondamente, è stata però per generazioni di ragazzi e di ragazze strumento di promozione sociale, il luogo della valorizzazione del talento e dell’inclusione e si è fatta parte attiva per promuovere pari opportunità di crescita e di apprendimento. Ma per essere motore sociale e per dare futuro ai giovani la scuola ha bisogno di quelle risorse che, già all’inizio di questa legislatura, sono state tagliate con il decreto-legge n. 112 del 2008. Potete chiamarla razionalizzazione, signor sottosegretario, ma restano tagli. Una decurtazione draconiana di sette miliardi e mezzo in un triennio, su un budget annuale di 42 miliardi. E a chi ha giustificato quei tagli, l’anno scorso, con la motivazione di una spesa fuori controllo e superiore a quella europea chiedo di spiegarmi come mai lo Stato italiano, ad oggi, spenda il 7,4 per cento del bilancio pubblico per l’istruzione, a fronte del 9 per cento dei paesi OCSE. Ma davvero è così difficile capire che una scuola impoverita per i provvedimenti del Governo rende anche il nostro Paese più povero?
A distanza di poco più di un anno dal famigerato decreto-legge n. 112 del 2008 e ad un anno dal fantomatico piano programmatico, di cui si sono perse le tracce e che, tuttavia, ha trasformato quei 7 miliardi e mezzo in 130 mila posti di personale ATA da eliminare, questi freddi numeri sono diventati una scottante realtà per coloro che da quest’anno perderanno il posto di lavoro. Davanti a questa decurtazione dissennata degli organici, che giustamente il segretario del partito democratico, Dario Franceschini, ha definito come il più grande licenziamento di massa nella pubblica amministrazione, che ne sarà della nostra scuola e della qualità dell’offerta formativa? Che ne è della continuità didattica, ossia di quella relazione docente alunno che è fondamentale per migliorare l’apprendimento ma che è pregiudicata costantemente dalla rotazione dei docenti? La responsabilità della discontinuità didattica non può essere unicamente attribuita, come ha tentato di fare il Ministro, ai trasferimenti di sede richiesti dai docenti. Questo è un tema importante con il quale, comunque, vogliamo confrontarci con attenzione nelle sedi opportune. Ma sulla discontinuità didattica incide, ben più gravemente, la precarietà del personale docente. Lo dovete riconoscere. Quest’anno 200 mila docenti cambieranno sede e di questi solo 70 mila lo faranno per una scelta personale. Tutti gli altri 130 mila sono precari.
Sono precari non per volontà personale, come ha sostenuto il collega Stracquadanio in uno show televisivo con argomentazioni dall’eterea consistenza (lasciatemelo dire), ma precari per costrizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Infatti, da anni migliaia di docenti e di personale ATA svolgono la propria mansione con incarichi annuali, costantemente rinnovati dallo Stato su posti vacanti che non vengono definitivamente coperti per ragioni di risparmio economico e questo è un dato.
Il risparmio, occorre ribadirlo, avviene a danno della quantità e della qualità dell’offerta formativa e delle certezze lavorative dei professionisti dell’educazione. Più che di risparmio si tratta di un mancato investimento per il futuro del Paese, un investimento che il Governo Prodi decise invece di affrontare già nella legge finanziaria per l’anno 2007, che prevedeva l’immissione in ruolo di 150 mila docenti e 30 mila ATA nel triennio 2007-2009.
Quel piano è rimasto incompiuto per la caduta del Governo, ma la sua validità per affrontare i problemi del precariato della scuola resta intatta, soprattutto se associata all’articolata strategia definita dal libro bianco sulla scuola del 2007. Su questo punto è intervenuta molto opportunamente la collega De Torre in discussione generale.
Il Governo attuale, però, ha preferito la politica dei tagli invece di proseguire la strategia del libro bianco e, a proposito dei tagli – mi avvio a concludere – il Ministro Gelmini e il Premier hanno più volte rassicurato il Paese che i provvedimenti assunti non avrebbero avuto nessuna ricaduta negativa sul sistema scolastico e che nessuno sarebbe stato licenziato e che le nostre dichiarazioni contrarie naturalmente erano tipiche di una sinistra ideologica e settaria, un film che abbiamo già visto.
Poi, come d’incanto, nella primavera scorsa il Ministro ha annunciato di voler introdurre ammortizzatori sociali in favore dei precari ai quali non fosse stato rinnovato l’incarico nel prossimo anno scolastico. Si tratta di misure di cui si sono perse le tracce in questi sei mesi e che poi compaiono nel Consiglio dei ministri del 9 settembre un 2009 quando, in pompa magna e sempre in conferenza stampa, l’emendamento «salva precari» viene annunciato.
Ma precari salvati da cosa? Forse salvati dal licenziamento? Allora, signor Presidente, posso concedermi la libertà di pensare che qualcuno, a suo tempo, non ha raccontato tutta la verità o quantomeno è stato reticente, come è accaduto anche poco fa purtroppo – lo diceva il sottosegretario Pizza – quando si è fatto credere che i tagli agli organici sarebbero stati compensati dai pensionamenti, ben sapendo che i posti lasciati liberi potrebbero coincidere con cattedre tagliate e quindi inesistenti.
Mi avvio a concludere, signor Presidente. Credo che la scuola italiana – ho davvero concluso, soltanto minuto – quella vera, ossia quella che ha riaperto in questi giorni, abbia bisogno di un gesto di fiducia che il Governo attuale, purtroppo, non vuole accordare.
Allora, sfidiamo il Governo sul terreno del cambiamento della scuola pubblica, chiedendo l’abolizione dei tagli di risorse di personale, chiedendo che immetta in ruolo i precari, chiedendo che estenda gli ammortizzatori sociali e chiedendo infine che investa sull’offerta formativa, sull’innovazione didattica e sulla formazione dei docenti. Lo faccia per il bene dei ragazzi e per il bene del Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

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La dichiarazione di voto dell’On. Fioroni (23/09/2009)

Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Pizza per la presenza che salva l’assenza ingiustificata del Ministro; tuttavia, credo che l’assenza del Ministro, senza motivi, in occasione dell’esame di queste mozioni sia un’espressione profonda di insensibilità e di indifferenza. Non stiamo parlando di numeri; stiamo parlando di esseri umani, di centinaia di migliaia di persone che lavorano da anni nella nostra scuola e che entro tre anni, a partire da oggi, saranno tutti senza posto di lavoro.
Abbiamo visto per giorni il Ministro spiegarci, insieme con il Presidente Berlusconi, che nessuno avrebbe perso il posto di lavoro; abbiamo visto criticare le nostre cifre, le cifre dei sindacati e sappiamo che nell’indifferenza generale, anche, purtroppo, dei mezzi di comunicazione, dal 1o settembre di quest’anno 28 mila docenti, personale non docente e personale amministrativo, ha perso il posto di lavoro e sta a casa.
Peccato, peccato soprattutto per i toni che avete usato verso queste persone: le avete dipinte come fannulloni e come parassiti, come i privilegiati di una scuola ammortizzatore sociale, le avete condannate come dannose per i nostri figli perché pericolosi eversivi del Sessantotto in questo Paese. È una vecchia tattica, signor Presidente, e anche una vecchia tecnica: quella di denigrare i più deboli per poterli meglio colpire. Credo che non si possa andare avanti in questo modo parlando dei docenti e di coloro che educano i nostri figli. Si tratta di una congerie di vergogne e di falsità che denota una totale assenza di rispetto della dignità della persona umana e del lavoro che questi operatori della scuola hanno svolto nel nostro Paese.
Badi bene, signor Presidente, non hanno chiesto questi docenti di essere precari; non sono i raccomandati, come qualche collega scioccamente ha detto non collegando la lingua al cervello, sono precari perché il sistema di reclutamento del nostro Paese li ha costretti ad essere tali. Hanno vinto concorsi, hanno conseguito abilitazioni, hanno seguito ciò che la legge dello Stato ha previsto per poter essere insegnanti ed insegnante di questo Paese. Eppure, nell’indifferenza generale, coloro che hanno vissuto un calvario di sofferenze da quando avevano 23 anni, li trattate come quelli che per raccomandazioni sono andati a fare qualcosa che nel nostro Paese non serviva, non era utile ai nostri figli. Questa non è solo un atto di insensibilità e di indifferenza ma è una profonda vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ma soprattutto, signor sottosegretario, le rivolgo una domanda, considerato che avete previsto questi contratti di disponibilità e che quando non capisco una cosa (non c’è differenza sul buonsenso) mi chiedo il motivo per cui viene fatta. Perché dare sofferenza, dolore e dequalificare una risorsa e un capitale umano, come quello dei nostri docenti, approvando un provvedimento che sostanzialmente costa come il rinnovo sopranumerario di coloro che hanno perso il contratto annuale quest’anno? Infatti, le supplenze per l’80 per cento dell’orario, le supplenze brevi che sono state date a costoro, sommate ai costi dell’indennità di disoccupazione pagata dall’INPS, danno allo Stato un guadagno irrilevante rispetto al rinnovo del contratto. Inoltre, sapete anche bene che i 28 mila che licenziate quest’anno li riassumerete l’anno prossimo perché il pensionamento va ben oltre le 30 mila unità, sia dei docenti, sia degli ATA, allora perché deprezzare e sottostimare un patrimonio di questo Paese e di questa nazione avvilendolo e punendolo? Credo che a questa domanda occorra dare una risposta, una risposta vera, perché non si tratta, come dice il Ministro Gelmini, del mio tentativo di sobillare.
A mio avviso, voi volete continuare a trattare la scuola come una noce dentro uno schiaccianoci. Vi muovete in due modi: avete approvato in nove minuti una legge finanziaria che, in tre anni, sopprime 132 mila posti di organico di docenti e personale ATA e, contemporaneamente, non avete assunto, come era previsto nella nostra legge finanziaria, i secondi 25 mila precari a tempo indeterminato del 2008, né i 42 mila dei 50 mila che dovevano essere assunti nel 2009. Il combinato disposto di posti tagliati e di precontratti non trasformati fa fare non solo il più grande licenziamento di massa, ma la smobilitazione del nostro sistema di istruzione, con oltre 225 mila posti in tre anni.
Credo che voi vogliate continuare su questa strada. Noi avevamo chiuso le graduatorie permanenti, perché era un modo che produceva precari, e li avevamo trasformate in graduatorie ad esaurimento, riconoscendo a quei precari che da decenni lavorano nella scuola il diritto di essere immessi in ruolo prima che il reclutamento venisse cambiato. Ho la sensazione che voi abbiate in testa di cambiare il reclutamento, di ritenere le graduatorie ad esaurimento come graduatorie esaurite e mandare via le centinaia di migliaia di precari che sono in quelle graduatorie, mentre i punti, frutto della sofferenza e della loro professionalità, diventeranno punti Miralanza all’interno di una rinnovata capacità di reclutamento che li sbatte fuori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), all’insegna della convinzione che l’unico precario della scuola che a voi va bene è il precario che è espunto dalla scuola, che non ha diritto al riconoscimento del lavoro e degli sforzi che fino ad oggi ha fatto.
In questo contesto, risulta anche in qualche modo imbarazzante dover sostenere che questi tagli sono i frutti dei tagli delle leggi finanziarie precedenti. Con le graduatorie ad esaurimento, abbiamo riconosciuto ai precari il diritto di essere assunti prima che doverosamente si cambiasse il sistema di reclutamento e, contemporaneamente, abbiamo trovato le coperture finanziarie per assumerne 150 mila fino al 2009, per poi avviare, adottando il Quaderno bianco, un reclutamento che, mentre razionalizzava la spesa, portava ad inquadrare in ruolo tutti i precari contenuti all’interno delle graduatorie ad esaurimento. I tagli che noi abbiamo fatto rappresentavano i pagamenti di un debito, pagato con le giacenze e con la razionalizzazione di ciò che non era stato utilizzato dalle istituzioni scolastiche autonome, e contemporaneamente la soppressione dei posti di coloro che erano da decenni inidonei o di quegli insegnamenti che da decenni non facevano più parte dell’ordinamento scolastico.
Allora, non cerchiamo di sollevare inutili polveroni rispetto a chi ha un lucido disegno di fronte a sé, che è quello di smantellare la nostra scuola e non si rende conto che, laddove c’è bisogno di riqualificare la spesa, c’è anche bisogno di aumentare le risorse. Perché dei dati OCSE vi ostinate a leggere soltanto quello che vi conviene e non vi rendete conto che la nostra spesa è inferiore a quella di tutti i Paesi dell’OCSE: per l’educazione noi spendiamo il 4,9 per cento del prodotto interno lordo, gli altri Paesi spendono il 6,1 per cento. Vi ostinate a parlare del costo per alunno, non sapendo che c’è una specificità tutta italiana per cui, dentro quel costo per alunno, ci sono i docenti che garantiscono l’istruzione dei nostri figli nei seimila comuni con meno di cinquemila abitanti, comuni montani e isole minori, e c’è il sacrosanto diritto dei diversamente abili di essere integrati all’interno delle nostre scuole, invece di essere considerati soggetti da tenere segregati o all’interno di classi differenziali.
Allora, avere l’idea di razionalizzare e riqualificare la nostra spesa semplicemente tagliando le risorse e non consentendo alla nostra scuola di poter operare a pieno titolo è soltanto espressione di chi Pag. 46ritiene che la scuola si debba progressivamente trasformare, da un’opportunità per tutti affidata al merito, in un filtro consentito nella scelta in base alle capacità di reddito e, grazie alla Lega, anche alla fortuna di dove si è nati.
Per questo motivo, credo che nella prossima legge finanziaria noi dobbiamo assolutamente mettere in discussione i saldi di quei tagli che in nove minuti il Ministro Tremonti ha ipotizzato e avere il coraggio di dare ai precari una risposta che vada nel senso di ciò che abbiamo approvato nella legge finanziaria del 2006 e che abbiamo approvato nel Quaderno bianco, che dava la certezza ai tanti operatori della scuola di essere introdotti in ruolo per il lavoro che svolto e per le capacità dimostrate.
Molto probabilmente anche stamattina il sottosegretario ha continuato a dire che non ci sono difficoltà e problemi per i nostri figli e per i nostri studenti. Domando, tuttavia, al sottosegretario: perché continuiamo a mentire al Paese? Perché il Ministro Gelmini e il Presidente del Consiglio continuano a dire che abbiamo aumentato il tempo pieno? Il tempo pieno non esiste più; era un unico tempo scuola che consentiva ai nostri figli di essere aiutati, grazie alle compresenze, a stimolare le intelligenze plurali da una parte e a recuperare chi rimaneva indietro dall’altra. Oggi il tempo pieno è stato trasformato in un doposcuola che risponde semplicemente a quella singolare visione postale che questo Governo ha dei figli, ovvero di vedere chi li intrattiene.
Allora, li può intrattenere un docente come un bidello, o meglio ancora, visto che li manderete tutti a casa tra due anni alle 12,30, li può intrattenere la televisione. Infatti nella vostra testa, come sempre è successo quando la destra è andata al potere, bisogna prendersela con gli insegnanti e con i libri perché aiutano tutti i cittadini ad avere un senso critico e la capacità di essere liberi dall’ignoranza. È meglio tenere i figli consumatori ubbidienti ed educati dalle vostre televisioni a non capire i danni che voi fate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).