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“L’undicesima domanda”, di Dedalus

Dopo le roboanti dichiarazioni del ministro Brunetta (”la sinistra per male vada a morire ammazzata”) anche la Gelmini si allinea alle posizioni del berlusconismo oltranzista. In una intervista al Giornale di qualche giorno fa si lascia andare ad affermazioni pesanti, fortemente polemiche, per usare un eufemismo decisamente faziose nei confronti dell’opposizione. La sinistra in particolare è il bersaglio preferito: una manica di bugiardi, furbastri, ipocriti.

La sinistra, afferma la Gelmini, ce l’ha con me, anzi “mi odia”, perché le ho tolto il controllo sull’insegnamento. La scuola italiana sarebbe stata in tutti questi anni una “fabbrica di consenso politico” della sinistra. La Gelmini si estremizza al punto di sposare le tesi classiche di Althusser sia pur rovesciandole e in questo modo rendendole demenziali. Secondo il filosofo francese la scuola aveva un ruolo significativo all’interno degli apparati ideologici dello Stato, vale a dire costituiva un tassello importante nel meccanismo di riproduzione dei rapporti di produzione e di potere capitalistici. Secondo Gelmini la scuola sarebbe un apparato ideologico di riproduzione del consenso dell’opposizione! Davvero una curiosa interpretazione. Come se al governo, negli ultimi dieci-vent’anni ed oltre ci fosse stata la sinistra, l’ opposizione. Ed avesse avuto il controllo del sistema scolastico come nel ventennio democristiano.

Ma il ministro si lascia andare ad altre affermazioni fuori controllo e già dimostratesi poco attendibili. Questo giornale già ha scritto a proposito del preteso aumento del tempo pieno. Così come altri, ad esempio Emanuele Barbieri, hanno spiegato come e perchè non corrisponde al vero sostenere che il 97% del bilancio dell’istruzione sia risucchiato dal pagamento degli stipendi (la spesa per il personale rappresenta, secondo gli stessi dati MPI esaminati analiticamente, meno del 74% della spesa pubblica per l’istruzione).

Come pure il fatto che la responsabilità del precariato sarebbe della sinistra che in tutti questi anni non avrebbe fatto delle proposte concrete (quando si dimentica che il piano Prodi prevedeva l’assunzione di 150 mila precari, pur mettendo in atto il percorso di razionalizzazione degli organici previsto dal Quaderno Bianco).

Ma chi la tiene più la Gelmini? Ormai è un delirio di proposizioni senza fondamento oggettivo, connotate da aspetti polemici e fortemente ideologici (”difenderò fino alla morte il ritorno del maestro unico prevalente”. Ministro, ci dia retta, ci sono cause più significative e soprattutto meno dannose).

Colpisce anche la totale subalternità alle posizioni più estremiste della Lega (dialetto a scuola, no all’ accorciamento dei tempi per la concessione della cittadinanza agli immigrati, ecc.) completamente dimentica di essere Ministro di una scuola in cui ormai le percentuali di stranieri sono oltre 700.000.

Ma quello che più colpisce di questa intervista è lo stile, aggressivo e polemico. Evidentemente Brunetta ha fatto scuola. Ci si dimentica di avere un ruolo istituzionale e si va a ruota libera. Da rimpiangere non solo la Moratti, che era una signora, ma forse addirittura Valentina Aprea, quand’era compresa nel ruolo di sottosegretario.

Insomma abbiamo letto su questo giornale le “dieci domande” che sono state rivolte al ministro (alle quali si guarderà bene dal rispondere). Abbiamo poi letto la lunga intervista del ministro Gelmini al Giornale. Ci viene spontanea e naturale allora un’undicesima domanda, del tutto appropriata: ma signor ministro, è sicura di avere il necessario equilibrio per fare il Ministro dell’ Istruzione? L’hanno informata che ora ricopre il ruolo di Ministro e non più di attivista di destra della bassa bresciana?

Scuola Oggi, 24 settembre 2009

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Sul ministro Gelmini e i suoi tagli a scuola e università, consigliamo la lettura dei seguenti articoli.

“Scuola, perché non imitiamo il Giappone”, di Pietro Greco

Tagli per 8 miliardi euro, per 132.000 posti di lavoro tra docenti e non docenti, per un numero indefinito di classi e, persino, di interi plessi in piccoli paesi. Ha ragione Dario Franceschini: quello avviato da Mariastella Gelmini non è un piano di riforma della scuola, è un tentativo di suicidio del paese. Un tentativo di suicidio lucido, organico, determinato. Che si accompagna a tagli altrettanto imponenti per l’università (1,5 miliardi di euro nei prossimi anni) e a una forte erosione degli investimenti in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico. L’obiettivo sembra chiaro: l’Italia affronta la crisi economica congiunturale con una scelta strategica di lungo periodo: rinuncia, senza combattere, a entrare nella società e nell’economia della conoscenza. Rinuncia al futuro, appunto. Una strategia che è in netto contrasto con quella di altri paesi. Perché tutti gli altri paesi non nutrono dubbi. Tutti gli altri paesi stanno affrontando la crisi non tagliando, ma incrementando fortemente gli investimenti pubblici in educazione e ricerca. La Svezia – il paese al mondo che investe di più nel «pacchetto conoscenza» – spenderà nei prossimi anni 1,5 miliardi di euro in più nell’università. Nuove risorse per l’alta educazione e la ricerca sono state decise da governi di destra e di sinistra in Danimarca, in Francia, in Spagna. Gli Stati Uniti di Obama hanno deciso di investire 80 miliardi di dollari nei prossimi due anni per la scuola pubblica (e 20 miliardi di dollari in più per la ricerca pubblica).Ma è dal Giappone che viene l’indicazione più forte. Una indicazione programmatica cui dovrebbe prestare grande attenzione la sinistra di tutto il mondo, Italia compresa. Nei progetti di Yukio Hatoyama, primo ministro designato, e del partito democratico che ha vinto le elezioni nell’arcipelago nipponico la scuola è una priorità strategica. Il governo di Tokio dovrà tagliare le spese e Yukio Hatoyama ne è consapevole. Ma pur nelle ristrettezze di bilancio il leader del centrosinistra ha annunciato che aumenterà le risorse pubbliche per la scuola, conferendo l’equivalente di 2.400 euro ogni anno alla famiglia di ogni studente per l’intero corso di studi, dalle elementari alle superiori. È unprogetto concreto di rilancio del welfare state che in più contiene unmessaggio preciso per i ragazzi e i giovani giapponesi: istruitevi, perché il vostro futuro individuale e il futuro dell’intero paese è nella conoscenza. Perché in Italia il centrosinistra non oppone ai tagli di Mariastella Gelmini e di Giulio Tremonti una proposta analoga, magarimenoeconomicamente sostanziosa, ma altrettanto semplice e chiara: 1.000 euro ogni anno alla famiglia di ogni studente per l’intero corso di studi, dalle elementari al diploma di maturità

L’Unità, 24 settembre 2009

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