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“Il Sistema Moda perderà 27mila posti entro fine anno”, di Rinaldo Gianola

Il cortissimo di Prada: cristalli e guaina di seta per l’abito lampadario » titola sobriamente il Corriere della Sera, dopo una doppia pagina di pubblicità della stessa Prada. E uno pensa subito che se c’è l’”abito lampadario” allora il futuro della moda e del made in Italy sarà certamente luminoso. Un titolo patriottico, ma che non sembra rispecchiare la realtà. «Entro la fine dell’anno prevediamo una riduzione di 26-27 mila occupati su un totale di 508 mila nel settore, gli effetti più pesanti della crisi sul lavoro li vedremo nei prossimi mesi» avverte Michele Tronconi, presidente del Sistema Moda Italia. Mala stima potrebbe essere diversa se come spiega Valeria Fedeli, leader della Filtea-Cgil, «si considera tutta la filiera del settore, industriale e artigiano, con cuoio, calzature e occhiali: in questo caso i posti di lavoro a rischio sono circa 80mila su un’occupazione totale di 785.000 addetti ». C’è poco da illudersi, dunque, con gli abiti lampadario e nemmenol’originale filosofia imprenditoriale di Donatella Versace – «I manager sono cinici condottieri che sanno fare solo due conti e non capiscono niente di stile» ha detto a Grazia – sembra aprire la stagione del rilancio per il tessile- abbigliamento, settore chiave per la nostra economia. La situazione appare leggermente migliorata, o almeno non è peggiorata, sul lato della caduta della domanda, ma non si vede ancora una svolta che possa far pensare a un immediato rilancio industriale. Analizza Tronconi:«Questa crisi ci ha colpito mentre era in corso un processo di ristrutturazione di molte imprese del tessile-abbigliamento. Sono stati fatti investimenti per aumentare l’export, aprire nuovi negozi e magazzini e si sperava di poter velocemente recuperare gli investimenti fatti. La crisi, nata in America da un cortocircuito finanziario, è arrivata da noi in un momento delicato. Il nostro settore esporta il 50% di quello che produce, ma con un calo del 30% della domanda straniera c’è poco da stare allegri». Nella prima parte del 2009 le imprese hanno fronteggiato le difficoltà ricorrendo all’utilizzo degli ammortizzatori sociali, ma oggi la situazione è più delicata in quanto molte imprese hanno grandi problemi finanziari e non riescono ad anticipare la cassa integrazione. Non possono più fare la loro parte, la crisi ha colpito tutti, grandi e piccoli. Tronconi utilizza questa metafora per spiegare il momento dell’industria: «Nei mesi scorsi c’è stato un terremoto dagli effetti devastanti, ha creato anche uno tsunami che arriva adesso, soprattutto sul fronte occupazionale». In questo quadro, di allarma industriale e occupazionale, le imprese hanno chiaro che da sole non ce la fanno ad uscire dalle difficoltà «Abbiamo un buon rapporto con il sindacato e vogliamo impegnarci per mantenere all’interno delle aziende le professionalità che sono alla base del nostro lavoro» assicura Tronconi. Anche Valeria Fedeli condivide, ma il sindacato chiama il governo alle sue responsabilità e ai suoi impegni di fronte all’emergenza. «Il governo si era impegnato a convocare un tavolo sulla politica industriale in generale e in specifico sul nostro settore. Bisogna intervenire subito con aiuti per il credito alle imprese, con la detassazione dei salari a partire da quelli femminili, e sostegni ai consumi. Altrimenti non ne usciamo»v

L’Unità, 30 settembre 2009