scuola | formazione

“Scuola in piazza. Coi tagli si muore”, di Sara Farolfi

A piazza della Repubblica, sotto lo striscione di apertura che chiede «dignità e futuro per la scuola pubblica», il lavoro di fino sulle parole da pronunciare dal palco di piazza del Popolo continua fino all’ultimo. A parlare sarà «la pasionaria» (così la chiamano in piazza), o la «masaniella» (come la chiamano a Napoli), Antonella. Hanno soppesato bene le parole gli insegnanti precari che ieri sono scesi in piazza in diverse migliaia contro i tagli del duo Tremonti-Gelmini, per dire che, «se oggi si manifesta contro la censura, noi ci sentiamo un po’ censurati», e poi certo, «la scuola ha necessità di comunicare con la stampa, perchè la stampa dovrebbe occuparsi del paese e dei suoi problemi». «E quindi – conclude Antonella – anche di noi».
Premessa: la manifestazione proclamata dalla federazione della stampa è caduta un po’ come un macigno su quella indetta già da qualche settimana dal coordinamento degli insegnanti precari della scuola, a cui poi hanno aderito anche i sindacati (Cgil e sindacati di base). «Una scorrettezza», la definiscono loro. Rimandare il tutto non era possibile, e alla fine i cortei sono stati due, chi ha deciso di mantenere il percorso originario verso il ministero dell’istruzione e chi invece ha optato per fare tappa a piazza del Popolo (lì inevitabilmente disperdendosi). I Cobas da una parte, la Cgil dall’altra. «Vogliamo dire ai giornalisti di occuparsi un po’ di noi – spiega Brunello che precario non è ma c’è perchè ha a cuore le sorti della scuola pubblica – perchè anche noi siamo per la libertà di stampa e quindi vorremmo che la stampa si occupasse un po’ di noi e poi, scusa, se non sono una notizia 18 mila licenziamenti…».
La scuola è di tutti, e tutti riguarda: azzeccatissima testimonianza di ciò, il serpentone colorato e festoso che ieri si è snodato da piazza della Repubblica verso piazza del Popolo. In testa loro, gli insegnanti precari che dopo anni passati a fare la spola tra scuole di abilitazione e classi di insegnamento si ritrovano disoccupati, seguiti da genitori e studenti (con le orecchie da somaro, perchè «più tagli più ragli»), e poi la Flc Cgil, e il variegato mondo della sinistra, sindacale e politica, dalla Fiom alla Funzione pubblica Cgil (ci sono i due segretari, Rinaldini e Podda), le bandiere del Prc (in piazza ci sono sia Ferrero che Vendola) e qualcuna di Sinistra critica.
La scuola pubblica sta male, e i tagli indiscriminati di Tremonti e Gelmini rischiano di darle il colpo di grazia. Otto miliardi in meno in tre anni, 120 mila posti a rischio, 18 mila quest’anno (senza contare il personale ‘tecnico’). E i freddi numeri celano un disegno molto chiaro, è convinta Simonetta Salacone, la battagliera direttrice dell’istituto romano Iqbal Masih: «Vogliono dequalificare i luoghi della cultura, per poi aprire al privato che a quel punto sarà diventato necessario».
Già oggi la situazione è critica, perchè si taglia su insegnanti e supplenze, comprimendo e costipando studenti e materie. La pedagogia targata Gelmini è piuttosto semplice. «Trentuno, trentatrè, fino a trentotto studenti per classe»; classi smembrate se manca qualche giorno di supplenza, «quelli di prima in quarta, qualli di terza in prima, e persino qualche ragazzino in corridoio con i bidelli, con buona pace della sicurezza oltrechè della qualità della formazione». Non solo: «Si depauperano territori già poveri per mantenere alti standard nelle grandi città». Per il Sud, un colpo di grazia. L’alberghiero di Benevento è arrivato a contare 38 studenti, «non c’è posto per tutti, i ragazzi stanno nei sottoscala». La materna ne ha 35 di bambini, «l’abbiamo denunciato e siamo riuscite a farla dimezzare». Quanto agli insegnanti, un’abilitazione di francese d’ora in poi potrà valere qualche ora di insegnamento di inglese. Persino il sostegno in alcune scuole si potrà fare senza essere abilitati. «Lo prevede il decreto Gelmini», raccontano Ida e Antonella, due delle «leonesse di Benevento», che dopo avere passato 12 giorni sul tetto del provveditorato della città sono diventate il punto di riferimento di tutti i genitori.
«Di fronte al dramma che stanno vivendo queste persone il governo deve fare marcia indietro, stabilizzare e ritirare i tagli alla scuola», dice Mimmo Pantaleo, segretario Flc Cgil. «Almeno venissero a vedere cosa succede nelle scuole», aggiungono gli insegnanti precari. «Già oggi il materiale igenico sanitario, carta igienica e quant’altro, è in carico a noi genitori – dice Marco, che fa il metalmeccanico e in piazza c’è venuto con la bandiera della Fiom – Il problema è che da domani rischia di mancare il supplente».
dal Manifesto