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Con il sì irlandese riparte l’Europa

Crisi economica, ambiente e immigrazione saranno affrontate con il trattato di Lisbona. Fassino: “Un voto di speranza e fiducia”. Con la schiacciante vittoria del si nel referendum irlandese sul Trattato di Lisbona l’Europa può finalmente ripartire, con più forza e strumenti più efficaci. Gli irlandesi, che nel giugno 2008 avevano bocciato il Trattato di Lisbona con un 53% di no, hanno cambiato idea, e al secondo tentativo lo hanno approvato con un clamoroso 67% di sì. Commenta Piero Fassino, responsabile esteri del PD: “E’ un voto che restituisce speranza e fiducia nell’Europa , che soltanto se saprà parlare con una voce sola e agire unita potrà far fronte alle sfide della globalizzazione e corrispondere alle attese dei cittadini. Decisivo adesso è che il cammino per l’entrata in vigore del trattato di Lisbona sia rapido e determinato, dando così un
segnale forte alle opinioni pubbliche dell’intero continente della volontà di dare all’Unione Europea forza, solidità ed efficacia”.
”Il voto positivo degli irlandesi fa ripartire il processo di rafforzamento delle istituzioni europee – commenta David Sassoli, Capodelegazione del PD al parlamento europeo – ora deve entrare subito in vigore il trattato di Lisbona per rafforzare i cittadini e per un mondo più aperto più in cui l’Unione Europea garantisce più diritti e più pace”.

Tre le priorità: la crisi economica, con la necessità di arginare l’aumento della disoccupazione e garantire una robusta ripresa il più presto possibile (ed è proprio a causa della crisi che gli irlandesi hanno cambiato idea sul trattato di Lisbona); la questione energetica e climatica, per la quale l’Ue deve dimostrare al mondo di essere all’altezza delle proprie ambizioni e del proprio ruolo di leader; e l’emergenza immigrazione, che proprio il nuovo Trattato permetterà di affrontare meglio, dando maggiori competenze in materia all’Unione e allo stesso tempo rendendo vincolante, con la Carta dei diritti fondamentali, un quadro forte di riferimento per il rispetto delle persone. L’ultimo ostacolo che si erge davanti alla conclusione del processo di ratifica di Lisbona è ora la firma finale del presidente euroscettico ceco Vaclav Klaus, in calce all’atto già approvato dal proprio parlamento nazionale. Klaus, riferisce ApCom, attenderà certamente il pronunciamento della Corte costituzionale ceca su un secondo ricorso contro Lisbona, che è stato annunciato da alcuni politici del Paese, ma poi non potrà fare a meno di firmare, come ha detto il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, dando per scontato che i giudici costituzionali non si opporranno. “So che alla fine Klaus firmerà. Sapevo, anche se finora non potevo dirlo, che avrebbe aspettato l’esito del referendum irlandese, e che probabilmente ci sarebbe stato un secondo appello alla Corte costituzionale, di cui attenderà il verdetto; ma sono fiducioso che alla fine firmerà”. La sicurezza del presidente della Commissione deriva dal fatto che c’è già stata una sentenza della consulta ceca, secondo cui il Trattato di Lisbona è pienamente compatibile con la Costituzione nazionale. E’ probabile dunque che i giudici respingano il nuovo ricorso (e allora, si pensa a Bruxelles, entro tre settimane tutto sarà finito), oppure che, pur accogliendolo, lo esaminino molto rapidamente nel merito, avendo già dato le risposte a molte delle domande che potrebbero sorgere. In questo caso, gli esperti di Bruxelles valutano che potrebbero essere necessari fino a tre mesi. Non dovrebbero esserci problemi, invece, per l’altro ostacolo, quello di Varsavia: il presidente polacco Lech Kaczynski aveva già annunciato la sua intenzione di firmare l’atto di ratifica del suo paese non appena gli irlandesi avessero approvato il nuovo Trattato, e ci si attende ora che mantenga la sua promessa.

Marco Laudonio
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