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“Sotto il burqa niente”, di Lietta Tornabuoni

Bisognerà arrestare anche i motociclisti rispettosi delle regole, con il casco che nasconde la faccia e che non di rado viene usato come copertura nel corso di rapine o altri reati, che negli anni del terrorismo proprio per questo era proibito? Dovranno scattare le manette pure per chi porta la mascherina bianca temendo di venir contagiato dell’influenza suina, per i poliziotti in assetto da scontro con la visiera calata, per gli operai che si riparano da fuoco e scintille, per i lavoratori della nettezza urbana che si difendono dai miasmi, per le signore con cappello e veletta fitta?

Naturalmente sappiamo tutti che la Lega una ne fa e cento ne pensa, che è creativa al massimo nell’invenzione di qualcosa che confermi la propria esistenza e il proprio attivismo nella linea (diciamo così) politica che la distingue. Sappiamo tutti che nella gara a chi la dice più grossa la Lega non arriva a superare il presidente del Consiglio ma che insomma ci prova di continuo. Sappiamo che il gruppo governativo è così fragile da spaventarsi subito per la patetica minaccia di venir abbandonato e che la Lega ogni tanto ha il sopravvento. Ma proporre una modifica di legge che per qualsiasi ragione punisca burqa e nijab con l’arresto immediato, due anni di carcere e duemila euro di multa è davvero un attacco assurdo ad alcune donne islamiche abitanti in Italia.

È un’eventualità sproporzionata sino al ridicolo e inutile: se per identificare le musulmane bastasse vederle in faccia, il lavoro della polizia tra gli immigrati mediorientali sarebbe meno lungo, difficile e infruttuoso. Poco utile anche perché le indossatrici di simili indumenti sono poche, e diminuiscono progressivamente. Dannosa proposta, poi, manca di rispetto, prevarica sulla volontà personale. Cosa avremmo fatto noi, non troppi anni fa, se una polizia avesse preteso di arrestare, incarcerare e privare di duemila euro le donne con il capo coperto, col fascino mutilato da capelli e dal viso nascosti? Come avremmo reagito se, senza valutare i dettami religiosi, una polizia avesse strappato dal collo la croce o dalla testa il copricapo obbligatorio in chiesa delle cattoliche? I Vespri siciliani? Magari è inutile scaldarsi, non se ne farà nulla. Ma il guaio è che con questo genere di cose veniamo indotti a chiacchiere o polemiche, distolti da faccende serie, incoraggiati a quella vana loquacità che è sin troppo una caratteristica nazionale.

La Stampa, 8 ottobre 2009

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