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“Alunni con disabilità e livelli essenziali d’istruzione: modalità d’uso”, di Francesco Marcellino*

I livelli essenziali di istruzione nel nostro Paese e i diritti realmente esigibili: proviamo a capire cosa possono fare da una parte dirigenti scolastici e insegnanti, dall’altra i genitori degli alunni con disabilità, in questo caldo inizio dell’anno scolastico 2009-2010, contraddistinto da tanta preoccupazione, soprattutto per i numerosi casi di riduzione delle ore di sostegno, per la riduzione o la mancanza dell’assistenza di base e di quella specialistica e anche per i problemi legati alla formazione delle classi

Nel mese di giugno scorso, ho realizzato un contributo pubblicato da questa testata (Insegnanti di sostegno «in deroga». le norme e le questioni costituzionali: lo si legga cliccando qui), che analizzava la normativa sull’assegnazione degli insegnanti di sostegno agli alunni con disabilità e i non pochi risvolti costituzionali sull’argomento. Analisi che – e di questo colgo occasione pubblica per ringraziare tutti – ha trovato consensi e confronti con molti operatori (e non) del settore. Analisi che, tra l’altro, temeva l’ondata di un “terribile settembre” per molti familiari di alunni con disabilità. Purtroppo, quello che già si paventava prima dell’estate e che poteva affermarsi dalla lettura (approfondita) delle Ordinanze Ministeriali, adesso, a settembre, ha portato gli insegnanti per le strade e molta fibrillazione, preoccupazione e rabbia tra i genitori dei bambini con disabilità.
Bene, anzi, male, malissimo.

Con questo contributo, invece, intendo analizzare tre punti fermi:
1) I livelli essenziali di istruzione nel nostro Paese e il rispetto del diritto (esigibile: cioè, purtroppo, da esigere) degli alunni con disabilità all’educazione e all’istruzione.
2) Cosa possono fare i dirigenti scolastici e gli insegnanti degli istituti (per certi versi vittime anche loro), in caso di irragionevole riduzione degli organici e/o delle ore di insegnamento di sostegno.
3) Cosa possono/devono fare i genitori degli alunni con disabilità in ipotesi di irragionevole (meglio: illegittima) riduzione di ore dell’insegnamento di sostegno.
Ma cerchiamo di procedere con ordine.

1. Livelli essenziali di istruzione
L’elencazione degli atti normativi (di rango internazionale, costituzionale e ordinario) in tema di diritto all’istruzione degli alunni con disabilità è pressoché infinita. E, per la finalità di questo contributo, anche tendenzialmente inutile e noiosa per il lettore.
Di certo, ma solo per sintesi, richiamo l’articolo 12 della Legge 104/92 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), ove inequivocabilmente si afferma che: “È garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie» (comma 2). E ancora, il comma 3 dello stesso articolo afferma chiaramente che «L’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione». E infine – così da chiarire che non riteniamo possano sussistere ipotesi per legge di alunni “non scolarizzabili” – al comma 4 si scrive che «L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap».
Bene. Se ora tutto questo lo riconduciamo anche sotto l’alveo del “famoso” articolo 3 della Costituzione che afferma al secondo comma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione» alla vita del Paese, comprendiamo come – oltre ogni ragionevole dubbio – in Italia esiste un livello essenziale di educazione e di istruzione per gli alunni con disabilità. Il principio costituzionale dell’articolo 34 della Carta («La scuola è aperta a tutti») non è quindi una “speranza” (o un portone di un istituto semplicemente “aperto”), ma è un vincolo normativo fissato a garanzia di un livello essenziale di prestazioni di educazione e istruzione che deve fornire la scuola italiana.
Risulta così facile chiedersi se (attenzione!) non già le normative vigenti, ma “l’interpretazione e l’applicazione delle normativa vigente” sia tale da garantire (o, invece, ledere) questi principi costituzionali e il sacrosanto diritto all’istruzione che ogni genitore auspica per il proprio figlio.

Da quello che si ascolta e da quello che vivono i genitori degli alunni con disabilità – senza voler entrare nel merito di singoli problemi, ma essendo evidente che ci si riferisce principalmente alla riduzione delle ore di insegnamento di sostegno e alla mancanza/riduzione dell’assistenza di base e di quella specialistica – risulta evidente che, forse, non si sta più riuscendo a garantire nemmeno il livello essenziale d’istruzione. Su questo preferisco invitare il lettore alla visione dei testi – di recente pubblicazione in questo sito – del presidente nazionale di ANFFAS ONLUS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) Roberto Speziale e della presidente di ANFFAS Sicilia Gabriella d’Acquisto, nei quali, con chiarezza e fermezza, si manifestano i disagi e le violazioni patite dai familiari di persone con disabilità (li si leggano cliccando rispettivamente qui e qui).
Se infatti la scuola non è un “parcheggio”, ma ha come obiettivo «lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata» (si veda ancora la Legge 104/92) e se l’assegnazione dell’insegnante di sostegno all’alunno con disabilità dev’essere compiuta sulla base delle «effettive esigenze rilevate» (su questo aspetto si veda più approfonditamente il già citato contributo di chi scrive, pubblicato da questo sito e disponibile cliccando qui), non si comprende più – né dal punto di vista giuridico, né da quello pedagogico, né da quello sociologico – il perché un alunno che l’anno precedente beneficiava di diciotto ore di sostegno, pur essendo immutate e certificate eguali esigenze, debba ritrovarsi quest’anno con nove o massimo dodici ore di sostegno. Ciò evidentemente significa che l’assegnazione (al singolo alunno) non viene più compiuta sulla scorta della previsione legislativa delle «effettive esigenze rilevate» (e da qui la violazione di legge), ma sulla base di calcoli matematici che poco hanno a che vedere con i “diritti” degli alunni. E quindi si può affermare che simili riduzioni determinano una violazione dei livelli essenziali di istruzione previsti e garantiti dalle leggi del nostro Stato.

2. Cosa possono fare dirigenti scolastici e insegnanti
La domanda da fare è proprio questa: cosa possono fare i dirigenti scolastici e gli insegnanti degli istituti (vittime anche loro, per certi versi) in caso di irragionevole riduzione degli organici e/o delle ore di insegnamento di sostegno? Iniziamo con il dire cosa non dovrebbero fare, pur comprendendo che poche altre soluzioni sono prospettabili.
Da quel che è noto, la disfunzione del sistema avviene non già allorquando i singoli istituti trasmettono «le effettive esigenze rilevate» degli alunni con disabilità agli Uffici Scolastici, ma, invece, quando i primi ricevono le attribuzioni di insegnanti di sostegno e il conseguente monte ore dagli Uffici Scolastici stessi. Quest’ultimi, infatti, sembra che operino secondo il principio di assegnazione – giuridicamente errato – di un insegnante di sostegno ogni due alunni con disabilità. Insomma, non il sistema dell’esigenza personalistica dell’alunno, ma un’esigenza che definirei “economico-matematica”. Così facendo, tendenzialmente, l’istituto scolastico si ritrova ad avere attribuito un numero di insegnanti di sostegno pari alla metà di alunni con disabilità frequentanti.
Ora, ciò – come affermato già da un considerevole numero di pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) durante lo scorso anno scolastico – è tecnicamente errato, in quanto le norme della Legge Finanziaria (e le Ordinanze Ministeriali) che dettano questo tetto non hanno carattere di “vincolo normativo” (come invece lo è il principio delle effettive esigenze rilevate), ma di “mera tendenza matematica”. Il
principio giuridico (a garanzia del diritto dell’alunno con disabilità), quindi, è quello delle esigenze personali. L’auspicio dello Stato, invece, è quello di una riduzione della spesa complessiva, che avrebbe dovuto compiersi in un certo numero di anni. Ma questo auspicio – forse ancora si è poco capito – non è al momento perseguibile anche a causa di un’ulteriore “incognita”: l’aumento progressivo, anno per anno, di alunni con disabilità che si iscrivono a scuola.
Tra l’altro, visto il numero complessivo di alunni e la disponibilità complessiva di docenti, nonché anche i vincoli e le difficoltà determinate dalla distribuzione sul territorio (anche proprio di natura geografica), non può nemmeno dirsi con certezza che ogni istituto scolastico riesca a beneficiare del rapporto 1/2. Ammettendo però l’attribuzione statistica suddetta, l’istituto scolastico, di fatto, viola il principio delle effettive esigenze rilevate per ogni singolo alunno con disabilità allorquando – magari spinto da un desiderio di “virtuale uguaglianza” – dispone la “ri-distribuzione di quel poco a tutti gli alunni con disabilità”. Così facendo, infatti, nessuna delle “effettive esigenze rilevate” del singolo alunno sarà di fatto rispettata e – come accade – tutti gli alunni di quell’istituto subiranno una diminuzione delle ore di insegnamento di sostegno assegnate.
Insomma, cari alunni con disabilità, siete tutti sulla stessa barca! Condizione, questa, che vi rende “tendenzialmente uguali” (ma poi non è così) tra alunni con disabilità, ma ancora più “diversi” dagli altri alunni non disabili, in quanto il futuro dell’istruzione di questi ultimi non è di certo determinato dalle “condizioni di salute” come accade per voi.
La disfunzione in questo sistema – che probabilmente i dirigenti scolastici e gli insegnanti dovrebbero contestare per primi agli organi gerarchici della Pubblica Istruzione – consiste difatti in un’assegnazione delle ore all’istituto anziché – visto il carattere, le esigenze personali e il tenore legislativo – al singolo alunno con disabilità.

3. Cosa possono/devono fare i genitori
E siamo al punto conclusivo: cosa possono/devono fare i genitori degli alunni con disabilità in ipotesi di irragionevole (meglio: illegittima) riduzione di ore dell’insegnamento di sostegno?
Innanzitutto, anche senza avere subìto la riduzione delle ore di sostegno per il proprio figlio con disabilità, è sempre opportuno che i genitori si premurino di avere copia delle certificazioni scolastiche, della diagnosi funzionale e del profilo dinamico funzionale (PDF) rilasciato generalmente dalle USL (anche se la legge prevede trattarsi di un atto che dovrebbe essere sottoscritto dall’intera équipe multidisciplinare), nonché del Piano Educativo Individualizzato (PEI) dell’alunno. Tali documenti descrivono le condizioni, le potenzialità e gli obiettivi dell’alunno con disabilità. Nell’ipotesi, poi, in cui si ritenga di aver sofferto un’illegittima riduzione delle ore di sostegno, purtroppo, alla luce della situazione complessiva del settore, l’unica cosa da fare rimane ricorrere all’autorità giudiziaria, per far valutare la correttezza del procedimento amministrativo e, quindi, l’eventuale sussistenza di lesione del diritto all’istruzione per l’alunno.
Certo, sull’argomento, tutti aspettiamo con ansia anche un pronunciamento della Corte Costituzionale – in tal senso si veda ancora il citato contributo di scrive, raggiungibile cliccando qui), che potrebbe più chiaramente fornire a tutti gli operatori giudiziari la corretta interpretazione dei disposti normativi vigenti. Con il non troppo nascosto desiderio di poter dire, a seguito della pronuncia del Giudice delle Leggi, “noi l’avevamo detto”!

*Avvocato
Superando.it, 9 ottobre 2009