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“Omofobia, monito dell’Onu. «Passo indietro dell’Italia»”, di M.SO. A.C.

La bocciatura del ddl Concia contro l’omofobia fa rumore anche all’estero e attira sull’Italia le critiche delle Nazioni Unite. «È stato un passo indietro per l’Italia – ha infatti commentato ieri l’Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay. «È necessaria ovunque la piena protezione. L’omosessualità e gli omosessuali vengono criminalizzati in alcuni stati, ma non possiamo ignorare il fatto che gruppi minoritari, e tra loro gli omosessuali, sono oggetto non solo di violenze, ma di discriminazioni in vari aspetti della loro vita». Anche le associazioni lgbt vanno all’attacco. Per Franco Grillini l’affossamento del testo Concia «rappresenta un incentivo agli atti di violenza e omofobia», Il presidente di Arcigay, Aurelio Mancuso, chiede invece al ministro Carfagna undecreto legislativo urgente. «Da governo e opposizione sentiamo le solite parole al vento…», invece del disegno di legge annunciato. Le associazioni gay non si fidano delle promesse del ministro Carfagna, che fa sapere di voler portare a breve in Consiglio dei ministri un nuovo ddl contro l’omofobia. Nel frattempo anche Pd e Idv cercano una soluzione. I democratici ieri hanno presentato a Montecitorio un nuovo ddl (firmato dai capigruppo Soro, Sereni e Bressa) di un solo articolo. Al Senato invece Felice Casson ha “riesumato” il testo Concia.El’Idv si appresta a presentare una propria proposta di legge. Gli strascichi del voto di martedì alla Camera, però, agitano ancora il Pd dove resta altissima la tensione per il nuovo “caso Binetti”, la deputata teodem che ha votato insieme a Pdl a Lega e già ha ricevuto offerte per un trasloco nell’Udc o nell’Mpa di Lombardo. Franceschini ribadisce la necessità di «riflettere sulla permanenza» della deputata nel Pd: «Questi non sono temi da libertà di coscienza. Sono chiamati in causa i valori fondativi, l’idea stessa del Pd».Ma«il segretario non ha i poteri per decidere queste cose». Insomma, tutto rinviato a dopo le primarie, ed è assai probabile che, a meno di un esodo spontaneo, non si troveranno appigli per una espulsione come invece accadde con Riccardo Villari, il senatore che non voleva lasciare la guida della Vigilanza Rai. E tuttavia anche il capogruppo Soro è durissimo: «Paola Binetti è estranea al Pd per cultura politica, la questione non è un voto in difformità dal gruppo. Binetti è estranea alla laicità, per questo è fuori posto nel Pd, come lo sarebbe stata anche nella Dc». Ma tra gli ex popolari che sostengono Franceschini non mancano voci più prudenti, se non pro-Binetti. «Evitiamo giudizi perentori», dice Dorina Bianchi. «La forza delle idee non si tutela espellendo chi ha idee diverse », rincara Beppe Fioroni. E anche Castagnetti avverte: «Binetti non si è detta a favore dell’omofobia, per questo non vedo le condizioni per un’espulsione». Il rutelliano Lusetti parla addirittura di «intollerabile aggressione », Anche nelle file di Bersani c’è molta prudenza verso Binetti, e una stilettata ai franceschiniani. «Sono spaccati sulla laicità», dice Livia Turco. Che aggiunge: «Non si annunciano le espulsioni in tv come ha fatto Dario». E Bersani: «Niente diktat, prima dobbiamo dare delle regole a questo partito, stabilire quali sono i temi in cui vale la libertà di coscienza ».E il collega teodem Luigi Bobba attacca: «No ai processi, è più liberale il Pdl…»

L’Unità, 15 ottobre 2009

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“Il diritto dei deboli”, di Lietta Tornabuoni

La questione non è tanto la bocciatura indecente a Montecitorio dell’aggravamento della legge che poteva difendere i gay dalle aggressioni divenute in quest’ultimo periodo più frequenti e crudeli. Leggi contro le aggressioni personali esistono già: se si sapesse prendere gli aggressori, se si volesse sanzionarli, non servirebbe altro. I problemi veri sono altri, principalmente almeno tre. Primo, il pronunciamento dei deputati rispecchia un atteggiamento consueto e maramaldesco di una parte della politica: ignorare i diritti dei più deboli, trascurare le loro esigenze usandole come tema di conflitto tra partiti e di rivalità elettorale. Le donne lo sanno bene: ciò che a loro stava più a cuore ed equiparava l’Italia ad altri Paesi occidentali sviluppati è sempre stato materia di scontri, di lotte per la sopraffazione partitica, di indifferenza verso la gente ma di ostilità verso gli avversari politici. Spesso invano. Adesso i gay stanno diventando i nuovi bersagli, come anche alcune singole persone: si può prendersela con Roberto Saviano di «Gomorra» minacciato di morte che ha bisogno di protezione, si può chiedere che gli venga tolta la scorta?

Secondo e più importante problema: perché vengono aggrediti i gay, oltre alle donne? Sarebbe da sciocchi ignoranti sostenere (stranieri a parte) che alcune fasce di italiani si sono fatte più feroci, intolleranti e avvelenate di pregiudizi: ma è vero che proprio leader politici danno cattivi esempi, è vero che una cultura aggressiva e sprezzante degli altri esercita la propria influenza, è vero che l’arroganza di certi governi ha legittimato le persone peggiori, ha permesso alle peggiori pulsioni di manifestarsi e di rivendicare se stesse, ha tentato di ridicolizzare i comportamenti libertari, tolleranti, solidali, altruisti. Il sordido gioco di accanirsi sui socialmente più deboli non riguarda soltanto i politici.

Terzo problema: la mancanza di atmosfera utile, di incoraggiamento e di mezzi per fare sì che gli aggressori delle donne e dei gay vengano arrestati e processati, non restino perlopiù impuniti; oppure che le pressioni politico-mediatiche provochino soluzioni sbrigative e sbagliate. Se alla polizia mancano le auto, la benzina, gli agenti sufficienti, il tempo, il modo per conoscere il territorio e i suoi abitanti, è comprensibile che non si concentri sui guai delle persone comuni, in quest’Italia d’autunno.

La Stampa, 15 ottobre 2009