attualità

«Canale 5, le vite degli altri», di Michele Brambilla

E’ consigliata a tutti, specie alle persone facilmente impressionabili, la visione del filmato che Canale 5 ha dedicato l’altro ieri al giudice Raimondo Mesiano. Basta andare su Internet: innumerevoli siti lo ripropongono. Davvero bisogna vederlo.

Per due motivi. Il primo è che, se non lo si vede, non ci si crede. Il secondo è per rendersi conto di quale livello abbia ormai raggiunto il giornalismo con l’elmetto.

Raimondo Mesiano è il giudice che ha condannato la Fininvest a risarcire il gruppo De Benedetti con 750 milioni di euro. Canale 5 l’ha fatto seguire di nascosto dalle sue telecamere. Come fanno per «Scherzi a parte» o, per citare un precedente di livello superiore, come faceva lo «Specchio segreto» di Nanni Loy. La differenza è che in quelle trasmissioni alla fine la vittima dello scherzo viene avvicinato da un funzionario che dice: non se la prenda, se ci dà il permesso di mandare in onda per favore firmi qui. Invece le immagini trasmesse l’altro ieri a Mattino 5 erano rubate all’inizio delle riprese e rubate sono rimaste fino alla fine. Il giudice Mesiano ne è venuto a conoscenza, in compagnia di qualche milione di italiani, solo al momento della messa in onda.

L’altra differenza è che le gag di Nanni Loy facevano ridere, questa no. Il giudice viene ripreso, anche se sarebbe più corretto dire spiato, mentre è nell’esercizio di sue privatissime funzioni: uscire di casa, passeggiare, fumare una sigaretta, entrare dal barbiere, farsi radere, uscire, sedersi su una panchina, fumarsi un’altra sigaretta. Nulla di più banale, ordinario e scontato: eppure per Mattino 5 quelle immagini sarebbero la prova di «comportamenti stravaganti», come più volte sottolinea l’autrice del memorabile scoop. Non sapendo a cosa attaccarsi per giustificare quell’accusa di stravaganza, la giornalista sottolinea il «passeggiare avanti e indietro fumando una sigaretta» nell’attesa di entrare dal barbiere e – orrore – i calzini turchesi nei mocassini bianchi. Stravagante, e quindi un mezzo squilibrato, questo giudice che ha condannato la Fininvest.

Canale 5 è del gruppo Fininvest e ha tutto il diritto di criticare una sentenza che la colpisce. Può anche dire che in Italia ci sono le toghe rosse. E potrebbe perfino insinuare il sospetto che il giudice sia un mezzo squilibrato, se scoprisse che parla con i muri o si lancia da un quinto piano convinto di volare. Ma il filmato dell’altro ieri a Mattino 5 lascia sbalorditi, nonostante si sia abituati ormai da anni a una guerra mediatica fatta di colpi sempre più bassi.

Sbalorditi per la pretestuosità delle argomentazioni. Il filmato non mostra alcunché di bizzarro, davvero bisogna arrampicarsi sui vetri per vedere, nella passeggiata del giudice Mesiano, «comportamenti stravaganti». E sbalorditi per la meschineria dell’equazione «calzini turchesi uguale giudice inaffidabile»: equazione che mette i suoi autori allo stesso livello di chi ieri sfotteva Andreotti per la gobba e oggi sfotte Brunetta per la bassa statura. Siamo al livello della fisiognomica utilizzata dalla «Difesa della razza» di Telesio Interlandi.

Ma la cosa peggiore – quella che mette i brividi – è il pedinamento, lo spionaggio, la violazione della privacy, quindi la messa alla pubblica gogna, il sottinteso avvertimento «guarda che ti controlliamo». Ne avevamo già viste tante, da una parte e dall’altra. Ma che un giudice autore di una sentenza sgradita (e magari sbagliata: non è questo il punto) potesse essere seguito e filmato di nascosto, è una cosa che avevamo visto solo al cinema. Ad esempio ne «Le vite degli altri» di Florian Henckel von Donnersmarck, un capolavoro. Ambientato a Berlino Est. Roba da comunisti.

da La Stampa