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“Montalto di Castro, la vittima: «I miei violentatori liberi e non pentiti»”, di Alessandro Capponi

ROMA — «Vogliono conti­nuare a rovinarmi la vita?». È difficile rispondere a questa ra­gazza che a quindici anni, era il marzo 2007, fu violentata da ot­to coetanei, in una pineta, per tre ore, e che adesso scopre ­dopo la decisione del tribunale dei minori di accogliere la «messa in prova» degli accusa­ti – che la prossima udienza si terrà nel 2012, cioè cinque an­ni dopo l’aggressione. «Ma io non avevo neanche capito, l’al­tro giorno: credevo che la mes­sa in prova fosse finita, non che dovesse ancora comincia­re. Invece quest’inferno va avanti, e durerà ancora a lun­go. Sono stravolta, distrutta. Ogni vol­ta che c’è il proces­so sto peggio: non mangio, non dor­mo e quando m’ad­dormento ho gli in­cubi. Non voglio più andare neanche dallo psicologo, a cosa serve ripetere sempre le stesse cose?». Per gli aggressori ha poche parole, ma significative, pesanti come tut­to quello che è accaduto: «Non credo nel loro pentimento. Non mi sono arrivate né lettere né parole di scuse, niente. Han­no anche cercato di spingere un ragazzo a dire che ero con­senziente. Mi chiedo a cosa pos­sa servire metterli alla prova adesso, dopo così tanto tempo. Per me quest’attesa è un logo­rio quotidiano, non so come fa­rò ad aspettare tanto».

La consigliera alle Pari op­portunità della Provincia di Vi­terbo Daniela Bizzarri, 56 anni, riferisce le parole della ragazza: del resto, le due hanno stretto un rapporto profondo giorno dopo giorno, da quando l’incu­bo ha avuto inizio. Hanno con­diviso momenti difficili, tanti: «Con me – racconta Daniela ­ha pianto per due anni». Tutto accade nei pressi di Montalto di Castro, alto Lazio, quasi al confine con la Toscana: e il fat­to di trovarsi in un piccolo cen­tro, certo non ha aiutato la vitti­ma a dimenticare, a superare quel trauma. «Una volta, ero in un bar con mio fratello: quan­do sono entrati due degli ag­gressori, mio fratello li ha allon­tanati, dicendo che mi avevano fatto male già abbastanza. Quel­li, per tutta risposta, l’hanno querelato». Ha cercato di anda­re altrove, anche: «Sono stata a studiare a Roma, ma non ha funzionato, mi sentivo sola sen­za la mia famiglia. Così sono tornata, e dopo poco ho trascor­so un piccolo periodo in Sicilia. Una volta tornata qui, il presi­de della mia vecchia scuola mi ha chiamata e mi ha detto di ri­cominciare a studiare ma non ce l’ho fatta fatta, ho smesso e ho cercato un lavoro per non pesare sul bilancio di casa».

La vicenda fece scandalo, quando si consumò, anche perché il sindaco di Montalto, il diessi­no Salvatore Carai, prima stan­ziò 20 mila euro per aiutare gli aggressori nelle spese legali, poi insultò la senatrice Anna Fi­nocchiaro. Oggi, arriva la soli­darietà delle «donne del Pd». Alessandra Mussolini, Pdl, par­la di «una vergogna che si sta consumando nel silenzio». Ma non basta all’avvocato Pierma­ria Sciullo: «Nessuno ha mai pensato al reinserimento della vittima. Accanto a lei non c’è mai stata alcuna istituzione. Nessuno le ha chiesto di cosa avesse bisogno o proposto un lavoro. La legge prevede che i suoi stupratori, perché mino­renni, vadano aiutati a reinse­rirsi, ma intanto la loro vittima è stata abbandonata». Lei, in ogni caso, dice che «vorrebbe mettere un punto a questa sto­ria, ricominciare a vivere, an­che se non so come». Ma dice anche di provare «rabbia, so­prattutto. Mi hanno già rovina­to la vita, due anni fa, adesso vogliono continuare a rovinar­mela? ». Forse qualcuno, un giorno, troverà il modo di spie­garle la necessità giuridica di questa «messa in prova». Per ora, però, lei ha un’unica certez­za: se la «prova» avrà esito posi­tivo, il Tribunale dei minori po­trà dichiarare estinto il reato. Come se nulla fosse accaduto. Per gli aggressori, almeno.

Il Corriere della Sera, 19 ottobre 2009