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“Primarie, mezzogiorno, alleanze. Chiari oggi, uniti dopo il 25”, di Marina Sereni

Le primarie del 25 ottobre si avvicinano e ci sono alcune domande che sento farmi da compagni e amici che incontro.

In primo luogo: dopo il 25 ottobre davvero saremo tutti uniti? Non sarebbe meglio evitare le polemiche tra noi in questo ultimo scorcio di campagna elettorale? Credo che per essere davvero uniti dopo il le primarie dobbiamo fare ora un confronto franco, parlare il linguaggio della verità, rendere chiari i punti in comune e i punti di differenza tra i candidati. Sarebbe peggio, e non utile al comune obiettivo di darci un segretario forte ed autorevole, legittimato dal voto di milioni di elettori, appannare il nostro dibattito su alcuni nodi che nella prima fase della vita del PD si sono aggrovigliati e che ora bisogna sciogliere.

Diversi di questi nodi riguardano l’attualità o meno del progetto del PD come partito che punta ad un forte rinnovamento della politica, dei suoi strumenti e delle classi dirigenti. La prima questione: è giusto o no che siano gli elettori a scegliere il segretario? Lo Statuto, a due anni dalla sua approvazione, va rivisto, ma non si può rimanere nell’ambiguità. Il 14 ottobre 2007 abbiamo aperto la strada nuova di un partito che scommette sulla partecipazione diretta dei cittadini e affida agli elettori il diritto di scegliere su aspetti importanti, ivi inclusa la leadership nazionale. Non è reato considerare questa ipotesi troppo azzardata, e pensare di tornare ad un impianto tradizionale che riconsegni la sovranità agli iscritti. Nella discussione dei circoli questa posizione è stata spesso rappresentata da esponenti della mozione Bersani con argomenti non peregrini, ancorché per me non condivisibili. Chiedo a Pier Luigi di essere chiaro. E’ vero che nella sua mozione non c’è scritto che si vogliono abolire le primarie, ma converrà che essendo stato il tema molto utilizzato da suoi autorevoli sostenitori la sua risposta oggi deve andare oltre quello che “non c’è scritto”.

Seconda questione: la vicenda del partito al Sud. Nel voto dei circoli Bersani ha una affermazione significativa in Campania, Calabria, Puglia, regioni nelle quali si concentra il 50% del suo vantaggio in termini di voti assoluti rispetto a Franceschini. Non mi interessano le polemiche sulla regolarità delle assemblee dei circoli (rilevanti invece ai fini del corretto svolgimento delle primarie che tutti abbiamo interesse a garantire). Voglio invece fare una domanda più di fondo: siamo consapevoli che nel Mezzogiorno la costruzione del Pd ha incontrato grandi difficoltà che nulla hanno a che fare con la discussione astratta sul partito liquido? Siamo d’accordo sul fatto che, in particolar modo al Sud, il nodo del rinnovamento delle classi dirigenti, del rigore e della trasparenza nella gestione della cosa pubblica sono fondamentali per rendere credibile il progetto del Pd? Nessuno vuole demonizzare importanti amministratori regionali e locali del Pd del Sud che hanno scelto di sostenere Bersani. Il nodo di fondo è se l’appoggio che a Bersani viene da Bassolino, Loiero e tante altre espressioni dei governi locali al Sud consentirà a lui, se eletto segretario, di affrontare con il necessario coraggio e rigore la domanda di rinnovamento radicale che la società italiana ci rivolge quando parliamo del Pd e del Mezzogiorno. Oggi ai candidati è richiesto di dire parole chiare su quello che intendono fare se saranno eletti. Dario Franceschini l’ha fatto . Bersani credo debba fare altrettanto. Uno sguardo ai capilista che lo sostengono alle primarie dà molto nettamente il segno della portata del problema.

Infine sulle alleanze e sul profilo del Pd. E’ del tutto ovvio che il Pd, se vuole costruire una alternativa credibile al centrodestra e a Berlusconi, deve avere una politica delle alleanze. Noi abbiamo escluso due ipotesi. Non possiamo tornare al modello “Unione”, ad una coalizione tanto eterogenea e frantumata che alla prova del governo si è mostrata litigiosa e totalmente incapace di affrontare le riforme necessarie al Paese.
Non possiamo rinunciare all’ambizione di essere un grande partito riformista, che punta a parlare alla maggioranza della società italiana e non delega a qualcun altro il compito di rappresentare i cosiddetti “ceti moderati”. Se l’obiettivo è quello di costruire alleanze coese su un progetto di governo e di cambiamento, allora bisogna anche riaprire “il cantiere del Pd”, recuperare lo spirito originario dell’Ulivo, aprire le porte a forze ambientaliste, laiche, socialiste alle quali ci uniscono valori e obiettivi largamente comuni.

Insomma, da qui al 25 ottobre proviamo a spiegare agli elettori e ai cittadini anche le differenze tra le proposte in campo. Discutiamo con franchezza oggi, sarà più semplice essere tutti uniti e leali con il vincitore delle primarie.

www.marinasereni.it, 16 ottobre 2009