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“Bersani: il Pd con i più deboli: «Nessun ritorno al passato»”, di Marcella Ciarnelli

Da Prato a «Che tempo che fa». La prima settimana da segretario del Pd Pier Luigi Bersani l’ha conclusa nel salotto accogliente di Fabio Fazio. Lo aspetta l’appuntamento del 7 novembre con l’assemblea degli eletti.

«Se ci mettiamo dalla parte dei più deboli, di chi lavora e di chi produce riusciremo a fare una società migliore per tutti». E’ questa la “cosa di sinistra” che Pier Luigi Bersani, il nuovo segretario del Pd, ha detto a «Che tempo che fa», la trasmissione soft di Fabio Fazio.
Venti minuti di conversazione per parlare del futuro, molto, e del passato, da cui attingere per «costruire un partito con un’identità politica che rimescoli culture antiche e nuove senza timore di pronunciare certe parole». E che cancelli la parola «dialogo » ma prediliga il «confronto».
E’ alla nuove generazioni che dobbiamo pensare, a quelli che non hanno neanche conosciuto i partiti di cui qualcuno ha temuto il ritorno tanto da andarsene.
«Il lavoro è il problema dell’Italia. Questo è il primo, vero problema di cui ci dovremo occupare in tutte le sedi». Nel lavoro parlamentare, sul territorio, nelle realtà afflitte dalla crisi. Questo deve fare un «partito di alternativa», che è un concetto che contiene quello di opposizione «ma va oltre». Un impegno da svolgere con altri.
E sulle alleanze Bersani ha precisato che «non è una nobile gara quella a chi grida di più ma la gara deve esserci a trovare chi riesce a mandare a casa Berlusconi». Apertura quindi all’opposizione che è rappresentata in Parlamento, Udc e Idv, «bisogna che ognuno si prenda le proprie responsabilità ». E dialogo anche con quelle forze politiche che sono fuori da Senato e Camera, e alla società civile. Con la maggioranza, fin quando prevarranno gli interessi ad personam, vedi giustizia, è più difficile che ci sia.

I CASI DI COSCIENZA
Sull’addio di Rutelli «son dispiaciuto ma non preoccupato. Noi il partito che abbiamo promesso di fare in questi anni ci impegneremo a farlo». C’è posto per tutti. «Il mondo cattolico sa che per me le convinzioni etiche e morali sono una risorsa per tutti. Non chiederò a nessuno di annacquare il suo vino». Ma i casi di coscienza «dovranno essere regolamentati. Sui temi etici ci possono essere decisioni di frontiera ma c’è bisogno di posizioni comuni. La politica ha bisogno di decisioni. Dobbiamo averlo presente quando discuteremo del testamento biologica».
Bersani non rinuncerà a lavorare con gli ex contendenti alla segreteria, Franceschini e Marino. «Ne parleremo nei prossimi giorni». Lo stesso accadrà per il presidente. «Ne voglio parlare prima con lui o con lei». E su Marrazzo: «ha fatto un gesto doveroso ma vorrei sapere come fanno a girare per il paese certi video, che sono strumenti di pressione e di ricatto senza che nessuno faccia niente».
Rosy Bindi aveva detto nel pomeriggio a «in Mezz’ora»: «Se sarò chiamata a fare il presidente non mi tirerò indietro». E a Rutelli, che ha scelto di andarsene, denunciando un suo «fallimento» la vice presidente della Camera aveva lanciato la sfida: «Non si illuda, non gli lasceremo rappresentare i moderati, i ceti produttivi, il mondo cattolico».
da L’Unità

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da www.lastampa.it
«Bersani: confronto in Parlamento», di Maria Grazia Bruzzone
Il neosegretario: «Non si può dire che la giustizia sia un settore che funzioni»

Dialogare con la maggioranza sulla giustizia? «Innanzitutto, cancellerei dal vocabolario politico la parola dialogo, una parola malata che non si capisce mai cosa vuol dire. Meglio parlare di confronto in parlamento. Certo, il servizio giustizia non si può dire che funzioni bene. Ma mi pare molto difficile che questa discussione proceda, a meno che la maggioranza non sgombri il campo dai problemi personali del presidente del Consiglio e affronti i problemi dei cittadini».

Il neosegretario del Pd Pierluigi Bersani a Che tempo che fa. Un’occasione ghiotta per Fabio Fazio che lo incalza con domande a raffica. Franceschini e Marino che cosa faranno? «Sicuramente lavoreremo insieme». Le prime cose concrete da fare? «Il problema n. 1 dell’Italia si chiama lavoro. Dovremo occuparcene subito, e da questa priorità credo verrà fuori un partito popolare». I temi etici. «No chiedo a nessuno di annacquare il proprio vino, ma dentro a certe regole». Il biotestamento. «Non sono d’accordo che tutto sia subordinato alla tecnica. Ma non può essere che Gasparri e Quagliariello mi dicano quando posso morire». Il caso Marrazzo. «Non so niente di più di quanto sanno gli altri. Posso dire che nel dimettersi ha fatto un gesto doveroso e di responsabilità. Ma mi chiedo come fanno a girare per il paese certi oggetti, come questi video, che possono essere strumenti di pressione e di ricatto, senza che nessuno faccia niente, che qualcuno, ad esempio, vada da un magistrato. Mi piacerebbe capirlo».

E si arriva a una questione calda in questi giorni, l’addio di Rutelli dal Pd: la preoccupa? Sono dispiaciuto ma non preoccupato. Sono troppo sicuro del progetto per essere preoccupato. A differenza di Rutelli, penso che stiamo facendo un bambino nuovo. Tre milioni di elettori mi hanno detto di andare avanti non per fare il partito di una volta». Altri seguiranno? «Penso di no, anzi, credo che molti arriveranno».

Così Bersani, ottimista e prudente. Rosy Bindi ha toni molto più battaglieri, e risentiti. «Rutelli non si illuda, non gli lasceremo rappresentare i moderati, i ceti produttivi e il mondo cattolico. Adesso invoca una svolta liberaldemocratica si stampo laicista. proprio lui che ci ha portato dentro i teodem. Il fatto è che da troppo tempo nascono progetti, formazioni politiche più per rispondere a esigenze di posizionamento personale di qualcuno che per esigenze reali del paese». Espressioni appena più forti da quelle di Enrico letta, che accusa Rutelli di «picconare il partito» con espressioni simili a quelle di Gasparri e Cicchitto.

Enzo Carra, uno dei cattolici che stanno alla finestra, non ci sta. «Bindi e Letta parlano così perché hanno comprato Bersani a scatola chiusa», dice. E sostiene che un bel po’ di cattolici la pensa come lui anche se «non siamo un gruppo». Aspettano le mosse di Bersani, a cominciare dal 7 novembre, alla nuova assemblea nazionale. «Vediamo cosa succederà, in questo partito che deve avere una svolta, una prospettiva e un gruppo dirigente diverso. L’importante per noi sarà fare delle scelte in tempi rapidi. Se vedessi che siamo esclusi, non aspetteremmo un giorno di più» .

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