cultura

“Il Massimo «pasionario». Appello a Napolitano per salvare lo spettacolo”, di Marcella Ciarnelli

Volti noti. Quelli con tanti anni di carriera alle spalle, quelli con tutta la carriera davanti. Il mondo dello spettacolo al Quirinale in occasione della consegna dei premi Eti per il teatro e De Sica per il cinema. Premio alla memoria a Mike Bongiorno, consegnato alla moglie. Attori, attrici autori in platea. C’era anche Giulio Cavalli, attore che fa teatro civile di denuncia e, minacciato dalla mafia, vice sotto scorta.
E stata un’occasione di festa ma anche il momento di un bilancio che continua ad essere amaro nonostante l’impegno ancora ieri ribadito dal ministro Bondi che ricorda «i nuovi strumenti di incentivazione fiscali»
che avrebbero alleggerito una situazione che resta però difficile.
A Massimo Ranieri, premiato per il teatro e «diplomato oratore di successo » da Napolitano, e a Giovanna Mezzogiorno che ha avuto il riconoscimento per il cinema, è toccato il compito di portavoce del disagio e delle richieste di chi lavora nel mondo dello spettacolo. «Oggi, 9 novembre, nessun teatro sa con certezza l’entità dei finanziamenti che percepirà per l’anno che sta per concludersi » ha detto l’artista napoletano guadagnandosi un lungo e convinto applauso che ha sottolineato anche la richiesta «di una legge per il teatro che manca da decenni e c’è in ogni altro paese d’Europa ». Mentre Giovanna Mezzogiorno ha lanciato l’allarme «sull’eccessiva rincorsa alla visibilità, vanità e nepotismo a scapito della formazione». E a proposito dei finanziamenti pubblici «dovrebbero andare principalmente alle opere prime».
La grande «qualità della produzione artistica italiana» che contribuisce a sviluppare «una grande corrente di simpatia nel mondo verso l’Italia» è stata sottolineata dal presidente Napolitano ancora una volta dalla parte di coloro che svolgono un lavoro in cui la libertà d’espressione «è particolarmente cara». Se il ministro Bondi, che ha annunciato gli Stati generali della cultura e la proclamazione del 27 marzo come giornata del teatro, ha parlato di «primi passi» a proposito dei finanziamenti, il presidente ha fatto capire che un occhio d’attenzione ci sarà sempre da parte sua perché le attese non siano deluse. E abbiano risposte. «Sono sicuro che il governo continuerà il dialogo con voi, sia sulle risorse che servono che su tutto il resto».
Aveva appena ricordato Ranieri, citando Lorca, «la cultura costa molto, ma l’incultura molto di più».

L’Unità, 10 novembre 2009

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“La «serrata»: 1500 teatri chiuderanno per sciopero”, di Luca Dal Fra

Torna in grande stile la buona vecchia serrata: in ordine cronologico è l’ultima forma di protesta contro la dissennata politica culturale dell’attuale governo, e portata avanti da un settore del mondo dello spettacolo, i produttori teatrali privati. E visto che la «serrata» sarebbe illegale, si dovrebbe trattare di uno sciopero degli esercenti teatrali che scatterebbe il 15 dicembre. A organizzare l’iniziativa è l’Antes (Associazione nazionale teatro e spettacolo), che riunisce operatori privati italiani dello spettacolo dal vivo – danza, teatro, musica – e chiede il riconoscimento dello statuto di piccole e medie imprese per le attività culturali. A questo scopo ci sono in Parlamento varie proposte di legge, talune financo bipartisan,ma giacciono a prender polvere. Dunque l’Antes chiede di stringere i tempi e se entro la fine di novembre non si passerà ai fatti scatterà la «serrata» cercando di coinvolgere gli oltre 1500 teatri sparsi sulla penisola.

IL PARADOSSO
La situazione degli operatori teatrali privati in Italia sfiora il paradosso. Entrambi gli schieramenti politici, ma con «ilare» veemenza il Pdl, da decenni inneggiano all’intervento dei privati nella cultura, il che dovrebbe significare anche nelle logiche organizzative e d’impresa: resta il fatto che di tutte le misure anticrisi varate dal governo, neppure una è andata agli operatori culturali, privati o pubblici che fossero. Giusto ieri Luca Barbareschi ricordava che fonti del governo danno per persi 30 mila posti di lavoro dello spettacolo negli ultimi 12 mesi, a causa dei tagli economici operati dallo stesso governo Berlusconi alla cultura. Una cifretta niente male, dovuta anche alla mancanza dei sostegni anticrisi, e che comunque non ha smosso minimamente Barbareschi: l’attor deputato più celebre della maggioranza continua a occupare il suo posto in commissione e a rimanere nel gruppo parlamentare del Pdl. Naturalmente, si è prodigato in accalorate grida d’allarme, ma di questi tempi una dichiarazione non si nega a nessuno, neppure al sottosegretario Francesco Giro e a Gabriella Carlucci, tanto per completare il «sancta sanctorum» dei pluridichiaranti del Pdl.
Lo status di piccole e medie imprese darebbe agio allo spettacolo di poter usufruire dei pacchetti anticrisi che governo, regioni ed enti locali, stanno mettendo in campo. Più che di veri e propri finanziamenti, si tratta di accedere agli ammortizzatori sociali, che per un attività stagionale come lo spettacolo sarebbero una mano santa, e soprattutto usufruire delle agevolazioni bancarie. Cose di cui nel resto d’Europa le imprese dello spettacolo godono, ma che nel nostro paese non sono estese alla cultura neppure durante una crisi così disastrosa.
La «serrata» del 15 dicembre – «una iniziativa plateale» l’ha definita Giorgio Barattolo presidente dell’Antes –, vorrebbe smuovere le acque: i regolamenti per accedere ai fondi per le attività di spettacolo, soprattutto di regioni, province e comuni, privilegiano i «progetti micragnosi a quelli seri », così sempre Barattolo, denunciando l’arbitrarietà con cui soprattutto a livello locale sono erogati i finanziamenti.
Non sono poi mancate le cifre per dimostrare quanto sia produttivo e importante il settore spettacolo in Italia. Semmai è mancata una più organica presa di posizione: si denunciano singoli episodi ma non la radice dei disastri che la devoluzione, ossia il nostro federalismo, sta portando alla cultura a livello locale. Esemplare è il caso di Zetema, contro cui Vincenzo Monaci, patron dell’Eliseo nella capitale e tra gli aderenti all’Antes, fece ricorso alla corte europea per concorrenza sleale: il suo ricorso ebbe successo ma oggi Zetema ha ottenuto dall’amministrazione di centrodestra molto più di prima, e tutti tacciono.

L’Unità, 10 novembre 2009