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“Il ventriloquo del TG1”, di Curzio Maltese

Nella giornata di ieri molti direttori di telegiornali pubblici e privati del mondo hanno commentato con un editoriale il ventennale della caduta del Muro di Berlino. Un evento che ha cambiato il corso della storia e delle nostre vite. Tutti o quasi, tranne uno.
L’augusto direttore del Tg1 Minzolini, forse ignaro della ricorrenza, è intervenuto con un editoriale su un tema assai più serio e urgente. Il ripristino dell’impunità, insomma immunità parlamentare, abolita a furor di popolo nel 1993.
Più serio e urgente per chi? Ma per Berlusconi, s’intende, il ventriloquo dell’augusto direttore. Per bocca della sua marionetta televisiva preferita, il presidente del Consiglio ha fatto sapere al popolo italiano che la cancellazione dell’immunità parlamentare è un’intollerabile ferita alla Costituzione. Perché mai, si domanderà l’ingenuo lettore, Berluschini (o Minzoloni) ce lo fa sapere soltanto adesso, con sedici anni di ritardo sulla notizia? Perché smentiscono il Berlusconi e il Minzolini dell’epoca, ancora due entità separate, che avevano plaudito all’iniziativa oggi bollata come bieca «operazione mediatica in contrasto con la Costituzione»? Decrittando il labiale del direttore e il retrostante pensiero del premier si può giungere alla seguente spiegazione. Il Lodo Alfano ha fallito, dopo la bocciatura della Corte Costituzionale, i trucchi di Ghedini sono arenati nella palude parlamentare e il Quirinale non sembra disposto a firmare una sanatoria per i processi di Berlusconi, magari infilata in un decreto della finanziaria. Quindi l’ultima possibilità per il premier di scampare ai procedimenti sui casi Mills, fondi neri e Dell’Utri-mafia, consiste nel recuperare in fretta e furia la vecchia, cara immunità parlamentare.
Il diretto interessato, Silvio Berlusconi, potrebbe dirlo lui stesso. Ma se ne vergogna e lo si comprende. Per cui l’ha fatto dire in un editoriale al direttore del Tg1, che non ha di questi problemi. Anzi, già che si trovava, il direttore del Tg1 ne ha approfittato per lanciare dalla poltrona contornata dal libri intonsi un violento attacco ai magistrato Antonio Ingroia, che ha istruito il processo più temuto da Berlusconi, quello sui coinvolgimenti mafiosi attraverso la Dell’Utri connection.
Rosy Bindi, a nome del Pd e di tutta l’opposizione, si è detta «esterrefatta». Sarebbe bello poter condividere l’aggettivo e il sentimento. Ma lo sbigottimento, la sorpresa, lo stupore, il trasecolare, l’inorridire perfino, appaiono ormai fasi superate. Noi siamo più che altro stufi. Stanchi di pagare lo stipendio a un direttore del Tg1 che ignora i fondamentali del servizio pubblico e della notizia. Ieri, soltanto per dirne una e l’ennesima, il Tg1 ha confinato nelle brevi di cronaca la richiesta di arresto per Nicola Cosentino, coordinatore del Pdl in Campania e probabile candidato alla presidenza della Regione, nell’ambito delle inchieste sul clan dei Casalesi. La notizia che oggi apre tutti o quasi i quotidiani nazionali. Non stupisce che il notiziario perda spettatori.
Ma naturalmente nella Rai di Berlusconi il merito non conta quanto il servilismo. Paolo Ruffini, direttore di Raitre, aveva successo ed è stato cacciato. Minzolini serve ed è intoccabile. Certo che ha diritto anche Minzolini di esprimere un’opinione. Ma sempre quella del suo padrone?

La Repubblica, 10 novembre 2009