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“Ultimo scempio sugli immigrati”, di Gad Lerner

Pur di acquisire il consenso della Lega a un provvedimento di vitale
interesse per il loro principale, i maldestri giuristi di Berlusconi,
in spregio al codice penale, patrocinano una riforma del processo che
modifica profondamente il senso comune di giustizia e lo stesso
orizzonte dei valori civili. Di fatto, introducono nel diritto italiano il principio della
discriminazione su base etnica e di censo. Come definire altrimenti la
scelta di escludere dal beneficio della prescrizione gli imputati di
immigrazione clandestina? Questo prevede il disegno di legge “per la
tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi”. Una
scelta inequivocabile, come del resto quella di considerare il furto e
lo scippo reati più gravi della corruzione.
Esprimendo “indignazione e tristezza”, lo denuncia il padre gesuita
Giovanni La Manna: “La già insensata fattispecie di reato di
immigrazione clandestina, semplice contravvenzione punita con
un´ammenda, da oggi viene equiparata ai reati di mafia e terrorismo”.
Non è un paradosso. Lo straniero irregolare, se approvata la nuova
legge, subirà la medesima limitazione di garanzie riservata a presunti
mafiosi e terroristi.
La fretta di escogitare un salvacondotto che preservi un singolo
potente dal naturale corso della giustizia genera dunque un mostro
giuridico. La destra al governo, vincolata dall´allarme sociale che la
sua stessa propaganda ha esasperato, agita come un vessillo la
fermezza nei confronti della microcriminalità di strada e degli
stranieri irregolari, sebbene in realtà oggi stia perseguendo
l´impunità dei suoi vertici. Le riesce impossibile coniugare
garantismo e populismo. Ridisegna piuttosto un´iniqua mappa dei
cittadini meritevoli di essere protetti dalle lungaggini dei
tribunali; da privilegiare rispetto ad altri, indegni perché estranei
ai suoi criteri di onorabilità.
È tipico di un regime plutocratico e demagogico tollerare la
corruzione come reato meno grave dello scippo. Confidando sul fatto
che un´anziana cui hanno strappato la borsetta al mercato desideri
giustamente la punizione severa del «suo» ladro, rassegnata viceversa
all´inevitabile spregiudicatezza di chi sta troppo in alto,
intoccabile. Vogliono convincerla che il governante è perseguitato per
invidia o fanatismo politico. Come ricompensa, la rassicurano: lo
straniero suo vicino di casa resterà perseguibile. C´è un diritto mite
per la gente perbene, di cui anche lei fa parte, e un diritto
implacabile per gli estranei.
La colpa originaria del clandestino sia dunque imperscrittibile. Egli
appartiene a una categoria destinata a restare priva di garanzie. Il
principio costituzionale dell´uguaglianza di fronte alla legge non
deve riguardarlo. Tale riforma del diritto, che spacca in due la
cittadinanza, trova conferma nella norma che privilegia gli
incensurati rispetto a coloro che hanno precedenti penali quand´anche
siano processati insieme per il medesimo reato: dopo due anni il
giudice dovrà prosciogliere l´incensurato, ma non il suo complice
recidivo.
La carica ideologica della norma che rende imperscrittibile la
condizione di «clandestino» sovrasta i suoi effetti pratici. Sappiamo
bene che il reato di immigrazione illegale minaccia l´esistenza di
molti stranieri cui è scaduto il permesso di soggiorno ? e non solo
coloro che varcano di nascosto le nostre frontiere ? senza che la
salatissima multa eserciti alcuna dissuasione concreta. Ma la regola
introdotta su richiesta della Lega ? a dispetto dell´equità giuridica
e di quanto concordato al vertice del Pdl ? sancisce una novità di
portata storica.
La legge introdotta di recente, come è noto, punisce con la sola
sanzione amministrativa il comportamento di chi si trova in Italia
senza permesso. Pochi mesi dopo, a dispetto della norma appena
stabilita, ecco che un nuovo disegno di legge ingigantisce la
valutazione di gravità del medesimo comportamento fino a prevederne il
trattamento giuridico speciale.
Un´altra volta, con la consueta prontezza, la Lega approfitta delle
difficoltà del premier imponendogli la sua egemonia culturale.
Prosegue così la codificazione normativa del sentimento xenofobo,
ultimo effetto di una giustizia spaccata in due.
La Repubblica 14.11.09