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DDL sulla privatizzazione delle reti idriche: dichiarazione di voto finale dell’on. Raffaella Mariani (PD)

Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, quale segnale stiamo dando ai cittadini italiani? Avete inserito la materia che riguarda l’acqua e i servizi ad essa collegati all’interno di un provvedimento che, più in generale, deve adeguare la normativa italiana a quella europea, ma non esiste alcun obbligo comunitario, nessuna procedura di infrazione è stata avviata nei confronti dell’Italia in riferimento all’affidamento dei servizi pubblici locali, tanto meno di quello idrico integrato.
Dunque, non ci possiamo spiegare il motivo di una decisione forzata, di una discussione affrettata, molto sommaria, culminata nella scelta del voto di fiducia. Non c’è una ragione plausibile, rilevabile con chiarezza, se non la necessità di risolvere in fretta un problema che ha suscitato molte perplessità anche nella vostra maggioranza e che per la gravità delle sue ricadute sta allarmando molti settori istituzionali ed economici.
State obbligando i comuni a vendere quote delle aziende che gestiscono i servizi idrici integrati indipendentemente dalla programmazione, dalla qualità del funzionamento, dal grado di soddisfazione delle comunità locali. Li state costringendo ad accelerare la trasformazione in società per azioni. Lo fate sapendo – questo sì – che pochissimi grandi gruppi privati potranno avvantaggiarsi di una svendita di tale portata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e lo fate, onorevole Cota, sapendo che quei gruppi sono anche dei gruppi stranieri. Oggi le pagine dei giornali italiani sono pieni dei nomi di quei gruppi. Cito soltanto Suez e Veolia. Questi sono dati concreti.
L’appello che vi abbiamo rivolto in queste ore, nel pochissimo tempo riservato alla Camera dei deputati, non era quello di rimuovere il tema in discussione, ma di affrontarlo nella maniera giusta, con tempi giusti, in modo vero e serio e all’interno di un quadro legislativo e organico, semplificato, con regole certe e trasparenti. Si può riformare il sistema di gestione dell’acqua, ma a partire da alcuni punti fermi che a nostro avviso sono: il riconoscimento del valore pubblico dell’acqua e delle infrastrutture idriche (acquedotti, fognature, impianti di depurazione): è vero, abbiamo dovuto ribadirlo nella discussione al Senato, ma l’ha fatto il Partito Democratico, onorevole Cota, con un emendamento firmato dal senatore Bubbico; la valutazione più attuale del costo della risorsa anche nell’ottica di un uso più oculato; il controllo, la tutela, la valorizzazione, il risparmio della risorsa idrica da utilizzare con criteri di solidarietà anche salvaguardando aspettative e diritti delle generazioni future, anche facendo riferimento al patrimonio ambientale; la necessità di investimenti certi che – lo sappiamo bene – non possono derivare esclusivamente dalla tariffa a carico dei cittadini-contribuenti-consumatori; infine, la definizione di un rigoroso meccanismo di controllo, la costituzione di un’autorità terza che vigili proprio sull’andamento delle tariffe in rapporto alla qualità dei servizi erogati e alla loro efficienza, un’autorità indipendente a tutela dell’interesse pubblico.
Perché forzare l’autonomia e la scelta dei comuni? Oggi nel nostro Paese, come documentano molti organismi di informazione e come i cittadini sanno bene, esiste una situazione molto caotica che vede tariffe differenti da un estremo all’altro dello stivale e servizi erogati la cui qualità non è proporzionale al prezzo richiesto alle comunità locali. Non sempre alle tariffe più alte corrispondono i migliori servizi, anzi molto raramente. Esempi di buongoverno dei servizi idrici esistono e dobbiamo onestamente rilevare che la loro qualità è assolutamente riscontrabile sia presso i gestori a titolarità esclusivamente pubblica, sia presso gestori a titolarità mista, pubblica e privata.
Gestione pubblica dei servizi non è per definizione sinonimo di efficienza: lo sappiamo bene, ma è vero anche il contrario. Non sempre una gestione di tipo privatistico corrisponde ad un servizio efficiente, un servizio complesso a costi congrui per il cittadino. Modelli europei testimoniano scelte differenti nella gestione, con sistemi che passano dalla gestione interamente pubblica ed efficiente (vedi la Germania), a forme miste come quelle francesi, fino ad arrivare a gestione interamente private. Ma in tutti i grandi Paesi, nei Paesi moderni, si è costituito tuttavia un sistema di controllo pubblico molto forte a tutela dell’interesse generale.
Cosa manca al nostro Paese? Mancano ancora infrastrutture idriche complete e, dove esistono, il loro stato fatiscente provoca una dispersione della risorsa pari a circa il 30 per cento del totale dell’acqua immessa in rete. Molti cittadini italiani, esattamente più della metà, cari colleghi, non godono ancora di un sistema di depurazione nei loro territori.
Questo ha a che fare con la loro salute, con la qualità dell’ambiente che li circonda. Mancano ancora meccanismi efficaci per la verifica delle evasioni tariffarie, dei prelievi abusivi. Lo sapete, colleghi, che in molte delle nostre città non esiste un sistema fognario degno di un Paese civile? Insomma, siamo molto lontani da livelli accettabili di organizzazione dei servizi idrici.
Il gruppo del Partito Democratico ha cercato di uscire quindi dalla discussione teorica. Avremmo volentieri affrontato un tema complesso, con la consapevolezza che si possono offrire soluzioni articolate a tutela dell’interesse dei cittadini. Lo scempio normativo che state compiendo fa trasparire la volontà di favorire interessi ristretti. Perché dovremmo fidarci di un Governo che ha ceduto alle richieste di importanti monopolisti privati, garantendo aumenti tariffari in questi mesi, senza alcun rispetto per i cittadini, come nel caso dei concessionari autostradali e dei servizi aeroportuali? È un Governo amico di pochi, che fa pagare a tutti il costo degli investimenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Sono tariffe, ma possiamo chiamarle tasse, e queste sì che aumentano, cari colleghi. È un Governo che non ha predisposto per le gare obbligatorie strumenti che rendano trasparenti i futuri piani industriali delle aziende, le condizioni di aumento delle tariffe, i limiti temporali e le sanzioni che possono arginare comportamenti illeciti a svantaggio della comunità. Non ci tranquillizza certo sentirci dire dalla Lega che farete dopo i regolamenti, magari da soli, senza l’aiuto del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Sarebbe stata invece possibile una riforma che sperimentasse, in positivo diciamo noi, un nuovo modello di gestione economica, che segnasse davvero una svolta rispetto al fallimento di molte esperienze di servizi pubblici locali. Vi avevamo proposto per questo lo stralcio dell’articolo 15, vi avevamo proposto per questo l’istituzione di un’authority. Non veniteci a dire che l’accettazione di un nostro ordine del giorno, per lo più riformulato, basta ad affermare la volontà del Governo di istituirla. Quando verrà istituita? Avrebbe avuto un senso farlo congiuntamente all’avvio del pericoloso sistema che avete messo in moto.
Vi avevamo chiesto di lasciare liberi i comuni di scegliere: perché non avete avuto il coraggio di far scegliere le comunità locali? Parlate di federalismo, ma imponete ai comuni addirittura le percentuali di quote delle aziende pubbliche da cedere ai privati, indipendentemente dall’efficienza, dalla qualità e dalla soddisfazione dei cittadini amministrati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Oggi è su tutti i giornali di nuovo la notizia che molte delle nostre regioni, quelle che hanno sistemi efficienti, per questo motivo ricorreranno alla Consulta. Lo sapete che molti cittadini insoddisfatti rimpiangono l’antica gestione diretta dei comuni? Vi era sempre un interlocutore a cui rivolgersi se il servizio non funzionava. Degli 8.000 comuni, per la maggior parte piccoli, del nostro Paese nessuno sembra curarsi in questo Governo. Non vogliamo cavalcare nostalgie, vogliamo servizi moderni, vogliamo poter favorire investimenti che i comuni da soli non possono più sostenere. Lo sa bene il Ministro Tremonti, che impedisce anche ai comuni, alle province e alle regioni virtuose di utilizzare le risorse che hanno a disposizione per i loro territori ed anzi, alla vigilia della discussione della legge finanziaria, non possiamo non cogliere l’occasione per ribadire la richiesta di un allentamento del Patto di stabilità per quelle amministrazioni che hanno saputo gestire bene le loro finanze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
È questo il vostro aiuto agli enti locali? Complimenti. Le ricadute negative del vostro provvedimento, però, non si fermeranno solo ai cittadini e alle loro famiglie, ma riguarderanno molte piccole e medie imprese che operano nell’indotto dei servizi idrici. Infatti, il periodo di transizione e di instabilità che si aprirà con l’approvazione del decreto-legge in esame ha già portato il sistema bancario a negare finanziamenti agli attuali enti gestori, con conseguenze pesanti su artigiani e lavoratori del settore. Niente di nuovo: il Governo risponde alla crisi con misure che sospendono l’operatività di aziende ed il sistema finanziario degli enti pubblici. Aspettiamoci pure conseguenze negative su occupazione e tenuta di molte piccole imprese.
Ho concluso, signor Presidente: altro che riforme, insomma, altro che critica al mercatismo! Privatizzazione senza regola, senza trasparenza! Questa legge è sbagliata, avete perso un’occasione importante, non avete riconosciuto il valore assoluto di una risorsa preziosa come l’acqua, avete trascurato un sistema che attendeva aiuti, riforme, vigilanza dello Stato e per questo il gruppo del Partito Democratico voterà convintamente contro il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

19 novembre 2009