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“Obbligo di felicità e solitudine. Il dramma delle neo mamme”, di Silvia Vegetti Finzi

Diventare mamma è stato sempre considerato un evento naturale e istintivo e si sottolinea il fatto che «quando nasce un bambino nasce una madre». Il tragico e per fortuna eccezionale fatto accaduto nel Padovano, dove una donna da poco madre di una neonata ha ucciso il primogenito di tre anni, ci ricorda che le cose non sono così semplici e che, come tutte le relazioni umane, anche quella primaria va preparata e protetta. Il parto è un evento critico che non si esaurisce con la nascita del neonato ma si protrae per tutto il primo anno, quando il bambino passa dal grembo alle braccia della madre, dal dentro al fuori. Rispetto alla intimità della gravidanza, il parto può essere vissuto come un distacco, una perdita che suscita un sentimento di lutto.
Come tale viene aggravato dalla solitudine in cui si trovano molte puerpere da quando la famiglia estesa ha lasciato il posto a quella nucleare. In quei frangenti accadono momenti transitori di malinconia ma ci si deve preoccupare quando si profila uno stato protratto di depressione. Un disagio che colpisce circa il 12 % delle neomadri e che non deve essere sottovalutato perché le conseguenze, come nel caso di Padova, possono in certi casi essere così gravi da richiedere un vasto programma di prevenzione e informazione.
Spesso la mamma in difficoltà tace perché si vergogna di sentirsi depressa proprio nel momento in cui tutti si attendono da lei il massimo di felicità. Ma il fatto che non chieda aiuto non significa che vada tutto bene. Chi le sta accanto dovrebbe essere preparato a cogliere i segnali di malessere che invia : insonnia, stanchezza cronica, inappetenza, crisi di pianto, ansia e mutismo sono i sintomi più comuni di un disturbo dalle mille sfaccettature.
In altri Paesi, come la Francia, una ostetrica compie regolari visite domiciliari in modo da offrire aiuto a mamme e bambini spesso isolati . Nella maggior parte delle deessioni, dove non c’è un contesto psichiatrico, le donne in crisi devono comunque essere non sostituite ma sostenute perché riprendano fiducia nella capacità di essere madri.

Il Corriere della Sera, 23 novembre 2009