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“La speculazione minaccia i ruderi storici dell’Aquila”, di Luca Del Fra

Non riesce a darsi pace. Armando Carideo guarda le foto del somiere dell’organo storico di Santa Maria di Collemaggio de L’Aquila ed è incredulo: «Si è imbarcato – spiega -, e così piegato non serve a niente, al massimo potranno metterlo in un museo». Il somiere è il cuore di uno strumento musicale antico e nobile come l’organo. «È rimasto sepolto per mesi sotto le macerie, spuntava dai calcinacci ma nessuno se n’era accorto. Appena mi hanno fatto entrare nella basilica l’ho subito riconosciuto, e in pochi giorni lo hanno tirato fuori». Ma oramai era agosto: «Non è possibile sapere in che condizione fosse ad aprile dopo il crollo, ma certo questo tipo di danni più che dall’urto sono dovuti all’abbandono e alle intemperie, pioggia, sole, umido, caldo… ». Dal 1990 Carideo ha diretto un progetto per il recupero degli organi storici abruzzesi, un ricchissimo patrimonio accumulato attraverso i secoli. Durato oltre15anni è statoun lavoro all’avanguardia per metodologie, precisione e risultati, preso a esempio da paesi come la Germania e gli Stati Uniti. Subito dopo il sisma che ha colpito l’Abruzzo il 6 aprile, Carideo si è offerto volontario per salvare quegli organi, che conosce uno a uno come fossero vecchi amici: ha scritto al Ministero, al commissario straordinario Bertolaso, alle sovrintendenze. Non gli hanno neppure risposto. E lui non riesce a darsi pace, mentre unpatrimonio organario tra i più ricchi d’Italia giace nell’incuria o rischia di essere danneggiato per sempre da interventi di mani inesperte. Come per gli organi, lo stesso vale per tutto il patrimonio artistico aquilano: i palazzi storici giacciono lì e in otto mesi non si è riusciti neppure a puntellarli tutti. Una situazione paradossale, ma sempre quando s’incrociano disorganizzazione, incuria, dilettantismo, sullo sfondo si profila l’ombra di una speculazione.

SOLO MANCANZA DI FONDI?
«Se arriva la neve li squaglia quei palazzi» si è lasciato sfuggire il sindaco de L’Aquila Massimo Cialente parlando del centro storico. E ha ragione: di fronte ai ritardi dal ministero dei Beni Culturali alzano le mani. Tutto dipende dal super commissario Bertolaso e dal suo vice Luciano Marchetti che si occupa dei beni culturali e che lamenta l’assenza di fondi e dice «devo lavorare a credito… ». Al contrario delle tante promesse, il governo di soldi ne ha stanziati pochini per la messa in sicurezza dei beni culturali: appena 20 milioni, ancora non a disposizione, ma che dovrebbero, forse, arrivare fino a 50. Non a caso sette ex ministri della Cultura – Buttiglione, Fisichella, Melandri, Paolucci, Ronchey, Urbani, Veltroni – hanno proposto al governo di istituire una tassa di scopo per la salvaguardia e il restauro dei beni abruzzesi. Resta però inspiegabile come mai una parte del patrimonio mobile – quadri, sculture, mobilio e via dicendo – sia ancora all’interno di edifici inagibili, alcuni non puntellati. La mancanza di fondi rischia di diventare una mezza verità, che nasconde unamezza bugia: «Il problema è completamente diverso – spiega Giuseppe Basile, storico dell’arte dell’Istituto nazionale del restauro oggi in pensione e tra i protagonisti del salvataggio e del restauro della Basilica di SanFrancesco ad Assisi, durato appena due anni – dopo il terremoto dell’Umbria e delle Marche, la competenza sui beni culturali delle zone colpite dal sisma venne affidata a Mario Serio, che era il direttore generale del ministero che si occupava di quei beni anche nella normalità. Per lui fu facile e immediato intervenire: sapeva chi chiamare, dove e come mandarlo. Oggi invece è tutto sotto gli auspici della protezione civile, che si comporta in modo militare e fa lavorare, anche come volontari, solo suoi affiliati o quelli di associazioni da lei riconosciute, come Legambiente e le Misericordie. Mi sono offerto come volontario, ho detto che mi sarei pagato l’assicurazione sulla vita per non essere di peso, ma alla fine ho capito che comunque non mi avrebbero chiamato».

LA DENUNCIA
I restauratori sono in agitazione a livello nazionale: per il terremoto dell’Umbria e delle Marche vennero mobilitati i migliori, stavolta il timore diffuso è che per gli organi musicali e per tutto il resto si facciano avanti, con spinte politiche, personaggi poco affidabili. Intanto ai danni del terremoto si stanno aggiungendo quelli dei volontari non specializzati e, colpevolmente, non seguiti da occhi esperti.Èquanto ha denunciato Gianfranco Cerasoli, funzionario del ministero e segretario generale della Uil alla riunione del Consiglio superiore per i beni e le attività culturali del 12 ottobre. «Il ministro Bondi – ha ricordato Cerasoli – ha voluto che si attrezzasse una struttura distaccata dell’Istituto Superiore del restauro presso Celano, che dovrà urgentemente intervenire non sugli effetti del terremoto, bensì su quelli dell’incuria di quantihanno e avevano responsabilità dei Beni culturali». Altro che solo mancanza di fondi, la questione è scottante, la disorganizzazione notevole, la sovrapposizione di enti esecutori all’ordine del giorno tra Comune e Vigili del fuoco. È il caso della Chiesa di Santa Maria di Paganica che, «mentre il quartiere è stato messo in sicurezza (…), è ancora scoperta e soggetta agli agenti atmosferici», come tutte le chiese del centro storico a eccezione di Collemaggio. E proprio le intense precipitazioni hanno procurato ulteriori danni a questi edifici storici, con i loro affreschi, mosaici e ornamentazioni.AOnna, città simbolo del sisma, l’organo della chiesa si era salvato appeso a l’unico muro restato in piedi e pericolante: smontato dai pompieri non è dato sapere dove sia finito. Gira oramai il motto: quello che non fece il terremoto, terminarono Bertolaso e compagnia. E dal primo gennaio per i Beni culturali sarà anche peggio, commissario diventerà il presidente della regione Abruzzo Giovanni Chiodi, affiancato nella ricostruzione dal Genio Civile, abituato a lavorare per viadotti e ponti con il cemento armato: una mano santa per gli antichi palazzi. Amen.

CUI PRODEST?
Tutto avviene in uno sconcertante silenzio, o meglio inunfragore di trionfanti proclami mediatici che non corrispondono a verità. La popolazione è stizzita perché ancora non è stato avviato il restauro degli edifici classificati «A», vale a dire poco danneggiati. Lecito chiedersi se dietro tanto caos non ci siano o stiano nascendo progetti diversi. E, di fronte all’immobilità dello Stato e all’inerzia della ricostruzione, molti cominciano a vendere le proprie abitazioni.A poco, naturalmente, spaventati che ai danni del terremoto si aggiunga il colpo di grazia di un ritardo che renderà gli edifici irrecuperabili. Giovedì 19 novembre, durante una puntata di Terra (Canale5), Toni Capuozzo parlò di un serio rischio di speculazione sul centro storico de L’Aquila. Il puzzle si chiarisce: parte attiva nella ricostruzione dell’Umbria dopo il terremoto, Marchetti quando lavorava al ministero autorizzò il progetto degli ascensori sul Vittoriano diRomadefinito uno scempio da molti esperti, e ora punta a restare in carica dopo il primo gennaio con il nuovo commissario Chiodi; a capo della Struttura tecnica di missione per sovrintendere la ricostruzione de L’Aquila è stato nominato Gaetano Fontana, inventore dei “piani di riqualificazione urbana”, dei “Prusst” e delle varianti urbanistiche in deroga ai piani regolatori e dal 2008 direttore generale dell’Associazione nazionale costruttori edili. Così mentre interi quartieri de L’Aquila sono lasciati a marcire nell’incuria, qualcuno sente già girare le betoniere del cemento armato…

L’Unità, 30 novembre 2009

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“Sulla pelle dei cittadini”, di Vittorio Emiliani

Per i beni artistici di Marche e Umbria l’allora ministro Walter Veltroni, d’intesa con Prodi, nominò commissario lo stesso direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali, Mario Serio, che a sua volta scelse dei vice di alto profilo e si coordinò senza problemi con i due presidenti regionali, con le soprintendenze e con la Protezione civile, utilizzando anche universitari di vasta competenza specifica (Bruno Toscano per l’Umbria e Marisa Dalai per le Marche). Tutto nel modo più rapido e sicuro, e con fondi adeguati.
I risultati si sono visti, a partire dalla Basilica superiore di San Francesco minacciata di crollo totale e riconsegnata in meno di due anni, restaurata e messa in sicurezza. Anche all’interno della contestata ricostruzione irpina il lavoro svolto dalla Soprintendenza speciale guidata da Giuseppe Proietti a Napoli e da Mario De Cunzo «sul campo» fu l’unico concreto e apprezzato da tutti. Per non parlare del Friuli.

In Abruzzo è successo l’esatto contrario. Hanno voluto fare tutto Berlusconi e Bertolaso – lo conferma l’inchiesta puntuale di Luca Del Frà (da pagina 4 s pagina 7) – escludendo il devoto ministro Sandro Bondi, in ginocchio, i soprintendenti e altri esperti. Sette mesi dopo il risultato è il rovescio di quelli di Assisi e delle altre città terremotate, da Foligno fino ad Urbino: chiese ancora scoperchiate, palazzi esposti alle intemperie, arredi – a cominciare dai preziosi organi musicali antichi – lasciati a lungo sotto le macerie oppure tirati via maldestramente da volontari inesperti e mal guidati.
E soprattutto il grande, complesso, disastrato centro storico dell’Aquila ancora alle prese con le macerie, con i piccoli proprietari che non vedono ripartire nulla e, disperati, vendono, anzi svendono. A chi? A Fintecna? Con quale destinazione? Un bel business immobiliare e/o turistico, sulla pelle dei residenti che lì non torneranno mai più. Aquila, addio.

In Abruzzo, diciamolo forte, c’è pure stata, presto, tanta rassegnazione di fronte alla pur aggressiva sbrigatività «militare» dell’operazione Berlusconi-Bertolaso. Lo stesso appello per il recupero di fondi adeguati per la ricostruzione da parte di tutti gli ex ministri dei Beni Culturali più recenti (Rutelli escluso) promosso da Giovanna Melandri, non ha avuto eco.
Né gli enti regionali e locali abruzzesi hanno saputo farne – che a me risulti – una loro bandiera. Bondi ha detto di sì (ma non gli duole il collo a forza di chinarlo?) anche alla attribuzione diretta dei fondi alle Diocesi per restauri e messe in sicurezza. Chi vigilerà su progetti, appalti, lavori? Il vescovo ausiliare mandato dal papa non appena i vescovi abruzzesi si sono mostrati troppo irrequieti verso un uomo pio come Silvio? E la beffa dei monumenti «adottati» dai Paesi del G8, poi dileguatisi? Giusta punizione per una sorta di «accattonaggio» di Stato promosso dal miliardario Berlusconi. Del resto, chi avrebbe approntato per loro studi, ricerche, progetti tecnici credibili? Bertolaso forse?

L’Unità, 30 novembre 2009

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“Spesa raddoppiata per il Conservatorio e l’Auditorium”, di Luca Dal Fra
All’indomani del terremoto Bruno Carioti, direttore del conservatorio «Alfredo Casella», si precipita all’ambasciata giapponese chiedendo contatti con architetti esperti in costruzioni antisismiche.
La diplomazia nipponica contatta Shigeru Ban, celeberrimo architetto, che in poco tempo offre in regalo un progetto per una sede di emergenza, che oltre al Conservatorio avrebbe ospitato un Auditorium. C’è di più: per realizzare il progetto (costo totale
di 5 milioni di euro) il Giappone mette a disposizione 500mila euro e Ban in prima battuta ne porta altri 500mila da sponsor, promettendo di trovare altri soldi e ditte disposte a lavorare gratis. Solidarietà ed efficienza. I lavori sarebbero dovuti iniziare i primi d’agosto e la consegna della sede per settembre: entusiasmo generale e pacche sulle spalle tra il premier nipponico Taro Aso e Berlusconi al G8 aquilano.
Ai primi d’agosto però il cantiere non parte. Secondo alcune voci il progetto non garba al commissario straordinario e al governo. Poi si scopre che è stata espropriata un’area e che sarà bandito un concorso: main realtà le specifiche dalla gara escludono a priori il progetto di Ban, che è troppo grande. A Carioti arriva una telefonata: «Che accidenti succede lì a L’Aquila?».
Glielo chiede Renzo Piano, che si trova nello studio di Ban a New York, di fronte all’architetto nipponico incredulo e innervosito e che certo non vuole rimettere mano al suo progetto. Ma il direttore del Conservatorio non ha risposte, è stato scavalcato. Si rischia l’incidente diplomatico mentre il milione dei privati e del governo giapponese svanisce. Il concorso viene vinto da una ditta con un costo di circa 6 milioni,
i lavori – iniziati a ottobre – dovrebbero terminare il primo dicembre. Riassumendo: la spesa viva per Conservatorio e Auditorium del progetto di Ban era di 4 milioni di euro (in totale erano 5maalmeno un milione arrivava dal Giappone e dai privati). Ora invece si spenderanno circa 6 milioni di euro solo per il Conservatorio, cui aggiungerne almeno altri 2,5 per l’eventuale Auditorium: totale oltre 8 milioni di euro, esattamente il doppio. Il commissario per la ricostruzione in mancanza di fondi agisce con la strategia del pago due prendo uno.

L’Unità, 30 novembre 2009