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“La conversione dei Celti”, di Michele Brambilla

Da qualche tempo a questa parte i più pugnaci difensori della cristianità sono uomini che non hanno fama di baciapile, e neppure di cattolici praticanti. Roberto Castelli, che ieri ha proposto l’inserimento della croce nel tricolore, nel 1998 aveva voluto celebrare il suo secondo matrimonio con un plateale rito celtico a Pontida.

Il ministro Frattini, che s’è detto possibilista sulla proposta di Castelli, non ha nel curriculum matrimoni padani, ma neppure parrocchie e oratori. Né viene dal mondo cattolico Ignazio La Russa, che ieri ha sì stoppato l’idea della croce nella bandiera, ma solo pochi giorni fa aveva rivolto ai giudici della Corte europea – che hanno chiesto la rimozione dei crocifissi dalle aule pubbliche – un colorito «possono morire».

E’ così. La Chiesa tace; o, se parla, lo fa per difendere la libertà religiosa anche dei musulmani, come hanno fatto ieri i vescovi svizzeri. E invece parlano, anzi urlano, soggetti che fino a poco tempo fa non avevano mai dato prova di avere a cuore il futuro della cristianità. Il caso più eclatante è quello della Lega. Castelli, infatti, ha detto di non parlare a titolo personale ma del partito, precisando che al prossimo consiglio dei ministri la richiesta di mettere la croce al centro della nostra bandiera potrebbe e dovrebbe essere formalizzata. E’ un’iniziativa che fa effetto, anche perché in un colpo solo la Lega non solo «riscatta» quel cattolicesimo che aveva spesso un po’ maltrattato (con nozze celtiche appunto, ma anche con altri riti pagani alle foci del Po e con la promessa-minaccia di una nuova Riforma protestante); ma «riscatta» anche, e perfino, quel tricolore che Bossi diceva di utilizzare volentieri come carta igienica.

Queste improvvise conversioni stupiscono sia i laici sia i cattolici. Da che cosa sono provocate? Le risposte possono essere due, non necessariamente l’una alternativa all’altra.

La prima è che anche la storia, oltre che le vie del Signore, è difficilmente prevedibile e riserva spesso molte sorprese. Poniamoci dal punto di vista di un credente. Questi può pensare che è proprio vero che la Provvidenza a volte scrive diritto su righe storte. Nel concreto: l’avanzata dell’Islam in Occidente ha ridestato una cristianità che pareva in sonno, e anche persone che da anni avevano abbandonato la pratica religiosa hanno sentito in pericolo la propria tradizione e reagito con imprevedibile vigore e zelo. Insomma l’Europa secolarizzata avrebbe capito che, dovendo scegliere, il Vangelo è preferibile al Corano.

La seconda risposta è ancora più pragmatica. E vuole che certe conversioni siano dettate solo da motivi politici. Si dimentica spesso, ad esempio, che la Lega deve fare i conti con un elettorato che è fondamentalmente l’ex elettorato della Dc, e che viene in gran parte dalle parrocchie. Più in generale, poi, l’uso della croce sarebbe funzionale alla Battaglia con la maiuscola della Lega: quella contro l’immigrazione.

Quale che sia la risposta giusta – e probabilmente c’è del vero in entrambe le risposte – sia i laici sia i cattolici debbono tenere in grande attenzione l’atteggiamento della Chiesa, che non è affatto da crociata, ma di grande prudenza. Anche qualora fossero animate dalle migliori intenzioni, infatti, certe campagne pro-croce sono quanto meno viziate dall’ingenuità del neofita, il quale non conosce affatto il significato di ciò che crede di difendere. Il cristianesimo è un qualcosa che va proposto; non imposto. Ogni volta che qualcuno ha cercato di imporlo con la legge o con la forza – e nella storia è successo – ha finito solo per farlo detestare. La vera forza del Vangelo è stata, nel corso dei secoli, l’aver cambiato la vita di tante persone, le quali con il loro cambiamento hanno «contagiato» altre persone. E’ stata la carità, più di ogni altra, la virtù che ha convinto gli uomini a diventare cristiani: carità che vuol dire uno sguardo diverso nei confronti del prossimo e della vita.

La Chiesa è prudente e non appoggia certe battaglie proprio perché sa che la croce non può essere impugnata come una clava. E’ un segno sempre «per» tutti e mai «contro» qualcuno. Chi vorrebbe imporre il crocifisso ovunque, ora anche nella bandiera, non si rende conto che la mescolanza tra Dio e Cesare è perfino blasfema. E non si rende conto che così facendo si comporta esattamente come quell’Islam fondamentalista che vuol combattere.

La Stampa, 1 dicembre 2009