partito democratico

“Cosa manca ancora al PD”, di Edmondo Berselli

Con quale proposta politica e culturale Bersani si prepara allo scontro con la destra?
Negli ipermercati delle Coop i clienti vanno a caccia di sconti e di prodotti sotto costo. Questo dato commerciale, non appaia un paradosso, è un primo indizio che ci sono due o tre cose da sapere sul Partito democratico, sulla sua condizione sociale, sul suo elettorato. E in questo senso aiuta molto l’indagine svolta nei primi giorni di dicembre da Ipsos per ‘Il Sole 24 Ore’. I dati disponibili risultano impressionanti rispetto alla tradizione: perché dimostrano che il berlusconiano Popolo della libertà ha costruito un blocco sociale apparentemente inscalfibile, e dalle caratteristiche addirittura impensabili. L’alleanza con la Lega rende maggioritaria la destra fra gli operai, i pensionati, i disoccupati, le casalinghe, oltre che ovviamente fra gli imprenditori, i professionisti e i commercianti, e territorialmente nel Sud del Paese.

Non è una novità. La classe operaia era passata a destra già alle elezioni del 2001, sfiorando il 60 per cento. Invece l’insediamento del Pd è molto più circoscritto. Nel Triveneto i consensi fra Pdl, Lega e Pd sono divisi esattamente per tre. Il che significa banalmente che il Pd è pesantemente minoritario in una delle aree trainanti dell’Italia attuale, recessione permettendo. Se in passato Ilvo Diamanti aveva discusso del rischio che il centrosinistra si confinasse in una specie di “Lega centro”, isolata nelle solite regioni postcomuniste, oggi sembra cristallizzarsi anche la stratificazione sociale, con l’aggravante che l’insediamento sociale del Pd tende a fissarsi sui settori tradizionali dell’impiego pubblico, cioè proprio sugli apparati sottoposti al forcing di ministri come Renato Brunetta e di Mariastella Gelmini.

In sostanza, Pier Luigi Bersani deve trovare una formula politica per spezzare l’accerchiamento del Pd. In questo senso, le elezioni regionali di marzo potrebbero essere un appuntamento decisivo. Una disfatta rappresenterebbe il fallimento di un progetto. Una tenuta, anche faticosa, costituirebbe un nuovo punto di partenza.Tuttavia il problema del Pd non è dato soltanto dalle percentuali elettorali e dalla conquista eventuale di una regione in più rispetto alle previsioni più pessimiste. I dati dell’Ipsos mostrano fra l’altro un numero alto di incerti (oltre un terzo del campione), ma offrono anche l’indicazione di un’opportunità politica.

Ma qui c’è il busillis: con quale progetto, proposta politica, programma culturale il Pd bersaniano si prepara allo scontro con la destra? Per ora la diaspora aperta da Francesco Rutelli, con l’accompagnamento di personalità riformiste come Linda Lanzillotta, non sembra avere provocato danni seri; e nello stesso tempo il Pd cresce nei sondaggi anche perché cannibalizza la sinistra antagonista, dai resti di Rifondazione comunista e i Comunisti italiani a Sinistra e libertà. Dunque rimangono a Bersani e al suo pacchetto di mischia (la presidente Rosy Bindi e il vicesegretario Enrico Letta, autore di una dubbia uscita sulla legittimità di Berlusconi di difendersi ‘dal’ processo, giustificata a quanto si dice da un presunto suggerimento del Quirinale di mantenere aperto il dialogo sulle riforme) le urgenze più forti. Vale a dire: come si fa a infrangere il gioco di prestigio che ha indotto i poveri e gli impoveriti, cioè le casalinghe da hard discount, i precari licenziati, i cassintegrati, coloro che subiscono gli effetti della crisi economica, all’acquiescenza, alla passività verso il governo Berlusconi.

C’è un problema di alleanze, reso complicato dalla sostanziale incompatibilità fra l’Udc di Casini e l’Idv di Di Pietro. Esiste come problema il rapporto con la piazza ‘viola’, emerso con la manifestazione romana del No-Berlusconi Day. Ci sono anche questioni chissà quanto gestibili sulla bioetica, la pillola abortiva, il testamento biologico, il fine vita. Ma si avverte specialmente l’assenza di un cuneo politico-culturale che sia in grado di esorcizzare la magia mondana del berlusconismo: non in quanto ideologia secolare e modaiola, happy hour, movida milanese o romana, bensì agglutinamento di interessi non sempre ben identificati ma integrati in una collosità inscindibile.

Con il tempo, il Pd ha smarrito anche una parte consistente del rapporto con il mondo cattolico. Meno di un terzo dei cattolici praticanti vota per il centrosinistra, mentre fra Pdl e Lega, fra i praticanti assidui o saltuari, le preferenze superano di buona lena il 50 per cento. Si è persa insomma la sintesi prodiana, politica, economica, culturale e religiosa. Che possa essere recuperata, è forse la vera e ultima chance del socialdemocratico Bersani.
L’Espresso 10.12.09