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Il Viminale sacrifica la legalità al “territorio”, di Claudia Fusani

Primo comandamento: non disturbare il territorio. Anzi, assecondarlo, cioè inviare prefetti graditi agli equilibri politici del luogo. Possibilmente, poi, premiando non i funzionari già in servizio a Roma-Viminale ma pescandoli in giro, nei vari uffici territoriali del governo anche se questo vuol dire scavalcare le graduatorie. Anche questo è federalismo. Anzi, una sua forma assai sottile e più evoluta. Era già successo con il prefetto di Roma Carlo Mosca, rimosso a novembre 2008 perché si rifiutava di far prendere le impronte digitali ai rom così come voleva il sindaco Alemanno. Succede, e si ripete, di nuovo adesso con i casi di Venezia e Fondi dove sono stati rimossi-promossi due prefetti – Michele Lepri Gallerano e Bruno Frattasi – entrati in rotta di collisione con le autorità politiche e amministrative del luogo.

Vanno sempre letti in controluce gli sterminati elenchi della Presidenza del Consiglio con cui vengono comunicati i movimenti e le promozioni dei prefetti in giro per l’Italia. «Rispetto al 1994, la prima volta di Maroni al Viminale come titolare dell’Interno – viene fatto notare in ambiente prefettizio – c’è stato un netto miglioramento nei rapporti tra il ministro e i prefetti. Allora, infatti, il piano più o meno esplicito era quello svuotare la figura del responsabile territoriale del governo ed era stata imboccata una strada che avrebbe portato, nel giro di breve, all’abolizione della nostra figura. Ora invece il prefetto è tornato ad essere centrale nell’organizzazione del territorio, e questo è sicuramente positivo». Ad alcune condizioni, però: che sia compatibile e omogeneo con le esigenze del territorio. Ecco che a Venezia non era più sopportabile un prefetto – Michele Lepri Gallerano – arrivato lì quattro mesi fa, prossimo alla pensione, che la notte tra il 25 e il 26 novembre ha avuto l’ardire di trasferire in un villaggio con vere casette costruite dal comune la comunità sinti di Venezia parcheggiata da sempre in modo indegno in una baraccopoli. Il presidente della Provincia, la leghista Francesca Zaccariotto ha chiesto da quel giorno, ogni giorno, la testa del prefetto. Anche Maroni, tenuto rigorosamente all’oscuro di tutto, gliel’aveva giurata a quel suo rappresentante. Rimosso, quindi, in nome della pax politica del posto.

Promosso al Viminale, invece, Bruno Frattasi, ex prefetto di Latina, che dall’inizio del 2008 ha condotto quasi in solitario una battaglia durissima contro i clan di camorra e ’ndrangheta che piano piano si sono impossessati del territorio di Fondi e del basso Lazio. Frattasi ha “perso” quella battaglia perché il comune di cui ha chiesto lo scioglimento per mafiosità non è stato sciolto – nonostante due richieste dello stesso ministro Maroni – perché il sindaco Parisella (pdl), uomo del senatore Fazzone, alla fine ha preferito il minore dei mali: dimissioni, con la possibilità di ricandidarsi a marzo. La normalizzazione è già in atto a Fondi. Nel silenzio generale. A marzo si vota. Frattasi avrebbe potuto garantire elezioni più serene. E trasparenti. Colpisce, anche, la nomina del nuovo prefetto di Frosinone, Paolino Maddaloni. Nel 2006 è stato a un passo dal diventare sindaco di Caserta in quota Pdl. Tra i suoi principali supporter c’era l’onorevole sottosegretario Nicola Cosentino. Adesso lascia la Commissione per il diritto d’asilo e va a gestire un territorio ad alto rischio di infiltrazioni mafiose.
L’Unità 21.12.09