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Morti 172 detenuti, mai così tanti in un anno

Superato il record di nove anni fa. Ultima vittima un giovane nigeriano che ha perso la vita per un malore nell’istituto di pena di Teramo. Dubbi sul suo decesso: lo scorso 22 settembre il 31enne fu testimone di un pestaggio ai danni di un altro detenuto. Il 2009 sarà ricordato anche come l’anno record di detenuti che hanno perso la vita nelle carceri italiane. Con la morte di Uzoma Emeka, il giovane nigeriano recluso nel carcere di Castrogno (Teramo), al 21 dicembre il conto sale a quota 172 vittime, superando così il triste primato del 2001. A fornire i dati è l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, ricordando come negli ultimi dieci anni sono morte in totale 1.560 persone (tra cui 558 suicidi), per la maggior parte giovani, spesso tossicodipenti con problemi di salute fisica e psichica.

“IL NEGRO HA VISTO TUTTO”. Il decesso di Emeka, però, oltre a far segnare lo spiacevole record, è legato anche a un fatto di cronaca che lascia qualche dubbio, così come avvenne per il caso Cucchi a Roma. La vittima, infatti, è “il negro che ha visto tutto”: così lo definì lo scorso 22 settembre il capo delle guardie carcerarie di Castrogno, Giuseppe Luzi, riproverando i colleghi di avere pestato un altro detenuto proprio davanti agli occhi del nigeriano. “Non si massacrano i detenuti così, in sezione, si massacrano sotto”, aggiunse. L’audio del rimbrotto finì alla redazione del quotidiano La Città che le ha pubblicate, determinando una serie di polemiche compresa la rimozione di Luzi dall’incarico. Emeka era dentro per una condanna a due anni per spaccio di stupefacenti. Stando a quanto scrive La Stampa, venerdì mattina si è sentito male in carcere attorno alle 8.30. All’ospedale, però, ci è arrivato solo dopo l’una del pomeriggio. I giudici hanno disposto l’autopsia sul cadavere e l’esame autoptico verrà anche filmato. Perito di parte sarà il professore Giulio Sacchetti dell’Università di Roma. La Procura ha aperto un’inchiesta e la polizia ha già ascoltato alcuni testimoni.

RADICALI E ASSOCIAZIONI: “FARE CHIAREZZA”. “Non sappiamo, ma in ogni caso è certo che a Teramo si è verificato l’ennesimo caso di abbandono terapeutico”, commenta in una nota Luigi Manconi, presidente dell’associazione ‘A buon diritto’. “Ora – aggiunge – si parla di morte per cause naturali, ma sappiamo che oltre il 50 per cento dei decessi in cella è classificato come dovuto a ‘cause da accertare’. Anche i Radicali, da sempre in prima linea nel difendere i diritti dei detenuti, vogliono vederci chiaro: “Sarebbe utile sapere perché il ministro della Giustizia non risponde alle nostre interrogazioni”, scrive in una nota Rita Bernardini. Un silenzio “molto grave perché, forse, si sarebbe potuta evitare l’ennesima tragedia”. Nella nota si descrivono poi le condizioni dell’istituto di pena di Teramo, “dove sono stipati 400 detenuti in spazi che potrebbero contenerne 230 e gli agenti in servizio sono solo 155 a fronte di una pianta organica che ne prevede 203”.

ARRIVA UNA PROPOSTA DI LEGGE. Proprio i Radicali Italiani, insieme all’associazione Ristretti Orizzonti, lanciano una proposta di legge con il duplice obiettivo “di ridurre il grave sovraffollamento e garantire una maggiore sicurezza alla società” attraverso misure alternative alla detenzione. Il “Patto per il reinserimento e la sicurezza sociale” prevede che i detenuti si impegnino a rispettare tutte le prescrizioni che saranno loro imposte, compresa quella di svolgere gratuitamente una attività risarcitoria, ottenendo “in cambio” di scontare la parte finale della condanna fuori dal carcere sotto la supervisione del servizio sociale. Chi non rispetta le regole, torna in carcere.
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