economia, lavoro

Requiem per Termini Imerese

Il lavoro è in trincea. Ogni giorno si aprono nuovi problemi o si conferma la gravità di casi irrisolti. Per quanto riguarda la Fiat c’è la conferma dell’abbandono della produzione automobilistica a Termini Imerese nel dicembre 2011. Per quanto riguarda Eutelia si continuano a perdere commesse, a partire da quelle pubbliche della Rai, nonostante le promesse avvenute al tavolo della presidenza del consiglio. Per quanto riguarda Yamaha si è ancora in attesa di una risposta dell’azienda sull’utilizzo della cassa integrazione per impedire un licenziamento traumatico ai lavoratori.
“Nei prossimi due anni gli investimenti della Fiat in Italia ammonteranno a 8 miliardi”. Lo ha detto l’ad del Lingotto Sergio Marchionne nel corso dell’incontro con governo e sindacati che si e’ svolto a Palazzo Chigi, durante il quale ha presentato il piano industriale della casa automobilistica torinese. Presenti per il governo i ministri dello Sviluppo economico Claudio Scajola, del Lavoro Maurizio Sacconi, dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, degli Affari regionali Raffaele Fitto e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta; per i sindacati sono intervenuti Raffaele Bonanni (Cisl), Guglielmo Epifani (Cgil) e Luigi Angeletti (Uil). Hanno partecipato alla riunione anche i governatori Raffaele Lombardo (Sicilia), Antonio Bassolino (Campania) e Esterino Montino (vicepresidente della regione Lazio). Una riunione accompagnata dalle proteste dei lavoratori della Fiat – provenienti soprattutto da Termini Imerese e Pomigliano d’Arco – che hanno manifestato prima a Piazza Colonna e poi sotto Palazzo Chigi, dove hanno intonato cori di protesta contro l’azienda. Va ricordato infatti che i due stabilimenti sono quelli più a rischio chiusura.
“Vogliamo che l’incontro di oggi sia tutt’altro che rituale – ha continuato Marchionne – ma occorre conciliare i costi industriali con la responsabilità sociale”. Infatti “il solo calcolo economico avrebbe conseguenze dolorose che nessuno si augura ma un’attenzione esclusiva al sociale condurrebbe alla scomparsa dell’azienda”. Tant’è vero, ha poi annunciato il numero uno della casa torinese, che lo stabilimento Fiat di Termini Imerese non produrrà più auto dalla fine di dicembre 2011.
“Ci sono condizioni di svantaggio competitivo – ha detto – difficoltà strutturali e costi eccessivi. Lo stabilimento è in perdita e noi non possiamo più permettercelo”. D’altra parte però “siamo disposti a discutere proposte di riconversione con la regione Sicilia e gruppi privati – ha aggiunto l’ad – mettendo a disposizione lo stabilimento”. Il contesto per il mercato dell’auto “continua a essere sfavorevole” ha quindi dichiarato l’ad di Fiat. In particolare, ha spiegato, “in Europa continua la sovracapacità produttiva” mentre negli Usa “il problema è stato affrontato con coraggio”. Ma c’è anche “una forte disparità dei livelli di utilizzo della manodopera tra gli stabilimenti auto di Fiat italiani ed esteri” ed è un problema che “dobbiamo affrontare di petto” perché anche da questo “dipende anche il nostro futuro. Se non lo facciamo sarebbe una rovina”.

L’ad di Fiat ha poi confermato la produzione dei modelli attuali nello stabilimento di Torino Mirafiori per il prossimo biennio. Stessa conferma arriva per lo stabilimento di Melfi che “sta lavorando bene”, Nel sito di Cassino, invece, si aggiungerà la produzione della nuova Giulietta. Quanto a Pomigliano d’Arco, ha detto Marchionne, “è l’impianto più penalizzato per l’assenza di incentivi. Così com’è non può reggere, abbiamo già investito 100 milioni di euro”. A Pomigliano, ha ricordato però Marchionne, verrà prodotta la nuova Panda. Quanto alla ex Bertone, acquisita di recente da Fiat, produrrà due nuovi modelli per la Chrysler. Infine, tra i nuovo modelli che Torino produrrà nel bienno 2010-2011, la nuova “Y” sarà realizzata in Polonia mentre “una nuova famiglia basata sulla piattaforma small”, ha concluso Marchionne, sarà realizzata in Serbia.

Marchionne ha iniziato il suo intervento annunciando “un piano ambizioso per la Fiat, soprattutto per l’Italia”. In particolare entro il 2012 la Fiat sarebbe disponibile a produrre fra 800 mila e 1 milione di vetture all’anno, dalle 650 mila attuali. Il numero uno del Lingotto ha anche annunciato la possibilità di aumentare il numero dei veicoli commerciali leggeri da 150 mila a 220 mila.
Non è vero, ha poi incalzato, “che siamo un’azienda assistita dallo stato”. Secondo Marchionne, infatti, “gli incentivi sono stati finanziati dalla Fiat e il credito accumulato dal gruppo è di circa 800 milioni di euro”. Per il futuro la Fiat non vuole chiedere “un euro allo Stato” neppure sulla proroga degli eco-incentivi. “Si tratta di una decisione che non ci compete – ha commentato Marchionne – e una scelta che spetta a chi ha il compito di disegnare la politica industriale di questo paese. Noi siamo pronti a gestire qualunque situazione, vorrei solo che si smettesse di fare demagogia sulla pelle della Fiat. Se si vuole una grande industria dell’auto in questo paese – ha concluso Marchionne – è necessario comportarsi di conseguenza e solo una decisa politica di sviluppo può creare le condizioni perché il tessuto industriale italiano si rafforzi”.

“Già da oggi dobbiamo tutti prende impegni per il polo industriale di Termini Imerese” ha detto il ministro dello Sviluppo economico a commento dell’annunciata intenzione del Lingotto di confermare la riconversione industriale di Termini Imerese dal 2012. “La criticità del gruppo Fiat “è Termini Imerese ma l’azienda è disposta a collaborare – ha aggiunto Scajola -. Non possiamo perdere quel polo industriale e abbiamo il tempo di mettere insieme le risorse della Regione siciliana e quello che il governo può dare per uno sviluppo diverso del sito” in provincia di Palermo. Secondo il ministro “servono uno sforzo congiunto di Fiat, Enti locali e governo per individuare soluzioni industriali che garantiscano l’occupazione”. “Fiat – avrebbe evidenziato tuttavia il titolare dello Sviluppo economico – pone al centro l’Italia con una crescita della produzione a un milione di vetture”.

Dura la posizione dei sindacati. “Pomigliano d’Arco è salvo ma Termini Imerese no”. Nelle parole di Cgil, Cisl e Uil è forte la delusione per la scelta della Fiat. Le parti hanno apprezzato alcuni punti della relazione dell’ad Sergio Marchionne, ma il “piano ambizioso” dell’ad del Lingotto è passato in secondo piano quando il costruttore ha confermato lo stop della produzione auto a Termini Imerese. “Il consolidamento dell’accordo Fiat-Chrysler è un fatto importante per l’Italia”, ha detto il leader della Cisl Raffaele Bonanni e anche la soluzione per Pomigliano d’Arco”, ma “il vero problema rimane Termine Imerese”. Ora, “ci vuole un tavolo immediato per il futuro” del sito siciliano, ha continuato Bonanni: “Non possiamo lasciare i lavoratori nell’incertezza a Natale e dobbiamo capire cosa può fare la Regione, lo Stato e che impegni prende Fiat. Dobbiamo muoverci tutti perché si salvi – ha concluso il leader Cisl – quella realtà industriale. Termini deve restare un sito attivo”.

Sulla stessa linea il numero uno della Cgil Guglielmo Epifani, che pur confermando la positività dell’operazione Chrysler e le decisioni in merito al sito campano della Fiat, ha ribadito che “il cuore del problema è Termini. Bisogna sciogliere il nodo perché se si perde un centro produttivo nel Mezzogiorno, difficilmente lo si potrà sostituire”.

“Marchionne ha mostrato tutta la sua arroganza, ha usato toni molto gravi su Termini Imerese.
Avrà pure salvato la Fiat, ma non si può permettere di mortificare la dignità di 3 mila persone che hanno contribuito a fare grande questa azienda che ha avuto tanto dai governi ma non ha avuto niente in cambio. La nostra risposta sarà decisa”. Lo dice il segretario della Fiom di Termini Imerese, Roberto Mastrosimone, presente all’incontro a Palazzo Chigi per la presentazione del piano industriale della Fiat.
“Marchionne ha detto che la Fiat è un gruppo privato e che il problema sociale di Termini Imerese riguarda il governo – aggiunge Matrosimone – Anche a queste parole i lavoratori sapranno dare risposte”.

Per il segretario generale della Uil Luigi Angeletti il confronto su Fiat deve partire dal fatto che “la presenza industriale in Italia non deve venire meno” e la sfida “resta far sì che aumenti la produzione di auto”, quindi, ha concluso Angeletti, “non ci possiamo rassegnare a un tragitto che sembra già segnato”.

E mentre si fa sempre più vicina l’ipotesi di un tavolo solo sulla situazione di Temini Imerese, il presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo ha commentato a margine dell’incontro la notizia della chiusura confermata del polo palermitano annunciando battaglia: “Il piano industriale della Fiat va rivisto” ha dichiarato il governatore. “Sia il governo sia tutti i sindacati sia la Regione hanno opposto un fiero no a una impostazione che discrimina Termini Imerese. Si fa fronte alle difficoltà di tante stabilimenti e Termini viene trattata come una sorta di vittima sacrificale di un rito pagano”. Ecco perché ha concluso Lombardo, “ora ci aspettiamo un fronte unico perché il piano Fiat venga rivisto”.
“Il Sud e la Sicilia hanno già dato al Nord e alla Fiat, con un esodo biblico durato oltre un secolo, braccia e cervelli, contribuendo alla costruzione di enormi fortune e di incommensurabile ricchezza. Non possiamo permettere quindi a mister Marchionne di calpestare con cinica ironia la nostra dignità”, continua il presidente della Regione siciliana. “Dinanzi a questo atteggiamento – ha proseguito Lombardo – mi aspetto dal Governo nazionale e dai sindacati una coerente reazione, in linea con quanto già ampiamente annunciato: il taglio di qualsiasi incentivo a favore della Fiat e delle sue consociate. Ai lavoratori dico che con le risorse che abbiamo destinato a Termini, sono certo che riusciremo a trovare una soluzione con buona pace di mister Marchionne. Il Governo nazionale – conclude Lombardo – sia consequenziale e stacchi un biglietto di sola andata per il canadese Marchionne”.
Da Aprileonline

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Eutelia, deputati pd incatenati contro la Rai. Pronti a passare il Natale così se l´azienda televisiva pubblica non tornerà indietro, di Diego Longhin
TORINO – Non hanno intenzione di aprire i lucchetti fino a quando la Rai non rivedrà la scelta di chiudere il contratto con Eutelia, ora Agile. Azienda sull´orlo del fallimento, per volontà della proprietà, se non entrerà in amministrazione controllata. Due deputati del Pd, Stefano Esposito e Antonio Boccuzzi, l´operaio scampato al rogo della Thyssen, da ieri mattina si sono incatenati alla balconata nell´ingresso della sede Rai di Torino, insieme al consigliere comunale Enzo Lavolta (Pd) e a un gruppo di lavoratori informatici.
Non si tratta di un blitz dimostrativo: i tre non lasceranno l´ingresso del centro di produzione, a costo di passare notti e Natale, fino a quando la Rai non cambierà idea. Il cda ha rescisso il contratto con Eutelia, che fornisce 27 dipendenti a Torino e 20 a Roma, siglando un contratto con Ibm per 2 milioni di euro. «Il tutto alla vigilia della riunione al tribunale fallimentare di Roma per decidere l´amministrazione controllata – dicono i due deputati del Pd – è stato il sottosegretario Gianni Letta a prendersi l´impegno di non svuotare Eutelia-Agile delle commesse per consentire ad un futuro commissario di garantire la continuità. Com´è possibile che un´azienda dello Stato sia la prima a togliere il lavoro?». E il braccio destro del segretario Pd Pierluigi Bersani, Filippo Penati, chiede alla Rai «di sospendere il contratto con Ibm e di attendere le decisioni del tribunale prevista per oggi».
La Rai ribatte che la scelta di rescindere il contratto è arrivata «dopo mesi di trattative» successive al passaggio da Eutelia ad Agile e «per gravi inadempienze e mancanza di garanzie». L´emittente pubblica ha poi impegnato l´Ibm «a far riassorbire il maggior numero di ex addet-ti impegnati in Rai». Motivazioni che per Esposito «sono finte visto che i vertici di Eutelia sono spariti e che i lavoratori, senza stipendio da mesi, hanno garantito la prestazione. Gli stessi addetti a cui ora si propone un contratto con un subappaltatore di Ibm».
La Repubblica 23.12.09

DIEGO LONGHIN