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"Italia 2020: la ricetta del governo è il familismo", di Marco Albertini

Il modello che il governo propone per l’Italia del prossimo futuro è ancora quello di una famiglia in cui la generazione dei nonni aiuta ad accudire i nipoti, per permettere ai neogenitori di rimanere sul mercato del lavoro. In cambio, figlie e nuore si prenderanno cura degli anziani quando diventeranno non autosufficienti. Per le famiglie si prevedono dunque obblighi formali di assistenza, senza però dare loro un adeguato sostegno economico e di servizi. E quindi senza raggiungere l’obiettivo primario: accrescere la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro.

“Sempre più numerose sono le famiglie nelle quali gli anziani, coabitanti o meno, offrono il loro aiuto nelle azioni di accompagnamento e di assistenza dei minori, assicurando così alla donna la possibilità di partecipare al mercato del lavoro, oppure mettono a disposizione la loro pensione nella vita familiare. E nello stesso tempo trovano nelle famiglie la risposta ai loro bisogni e alle loro paure. È questo il patto intergenerazionale che vogliamo promuovere”. Così sostiene a pagina 15 il recente documento congiunto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del ministero per le Pari opportunità intitolato “Italia 2020”.
Il modello quindi è quello di una famiglia in cui la generazione dei nonni aiuta i figli in età lavorativa ad accudire i nipoti, in modo da permettere ai neo genitori di rimanere sul mercato del lavoro. Poi un qualcuno non meglio specificato, ma sappiamo che sono quasi sempre le figlie e le nuore, si prenderà cura dei nonni quando questi diventeranno non autosufficienti.
Non è che sia qualcosa di nuovo, è ciò che vediamo tutti i giorni attorno a noi. Famiglie sotto pressione per coordinare i tempi e le necessità di cura di anziani e bambini, oppure donne che escono dal mercato del lavoro per non rimanere “schiacciate” dalle molte richieste di cura a cui devono rispondere con scarso aiuto dei mariti (come dice il documento) e dei servizi pubblici (come non dice il documento).

DAL FAMILISMO PER DEFAULT…

Analizzare i pro e i contro di questo modello di relazioni intergenerazionali ci porterebbe lontano. (1) Qui vogliamo invece tentare di rispondere a una domanda: cosa prevede di nuovo il “Programma di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro” al fine di promuovere questo modello di patto generazionale?
Subito dopo il paragrafo citato, il documento fa riferimento a tre possibili misure per sostenere il patto intergenerazionale di cura reciproca: agevolazioni fiscali o trasferimenti monetari e in natura; possibilità di cumulare crediti per prestazioni sociali; dovere di assicurare a chi ha oneri di cura contratti e orari di lavoro flessibili.
Di fatto non c’è nulla dal lato dell’offerta pubblica di servizi. Da un lato, si persegue nella strada già battuta di (modeste) agevolazioni economiche per chi si prende cura dei propri cari; dall’altro si promette di stabilire un dovere per i datori di lavoro di offrire un’organizzazione temporale del lavoro compatibile con gli oneri di cura. Per altro, le tre misure appena evocate scompaiono del tutto nella parte “programmatica” del documento. Anche in questa sezione non si prefigura un ruolo dello Stato che vada al di là di un mero coordinamento del dialogo tra lavoratori e datori di lavoro affinché trovino loro una soluzione al rebus della doppia necessità di aumentare l’occupazione femminile e di venire incontro ai bisogni di cura di una popolazione sempre più anziana.
Il documento è quindi in linea con quello che gli studiosi chiamano il modello del familismo per default. Tradotto, significa che si prevedono obblighi formali per le famiglie di assistere i soggetti che necessitano cura, senza però dare loro un sostegno adeguato. Non v’è traccia dell’intenzione di fare ciò che la grande maggioranza dei nostri vicini europei ha fatto già negli anni Novanta (e anche la Spagna c’è arrivata in anni recenti), ovvero di sviluppare un sistema di protezione sociale che copra le necessità di cura di lungo termine di una popolazione che va invecchiando rapidamente.
L’indennità di accompagnamento, riservata solo alle persone totalmente non autosufficienti, rimane l’unica politica significativa in termini di supporto finanziario alle persone anziane con bisogno di cura.
In alcune regioni vi si affianca l’assegno di cura, che tuttavia ha una copertura inferiore al 2 per cento anche là dove più diffuso. In generale, si tratta di trasferimenti monetari di importo tale per cui non vi si può acquistare cura professionale sul mercato regolare dei servizi alla persona, o uscire dal mercato del lavoro per accudire un genitore senza timore di cadere in povertà. Sul lato dei servizi di cura i dati sono ancora più disarmanti: la copertura non supera mai il 3-4 per cento a livello nazionale, mentre nel 2000 le stime dell’Istat e dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali riportavano una incidenza dei disabili nella popolazione anziana tra il 20,6 e il 12,2 per cento. Se si vuole sostenere il modello intergenerazionale, è chiaro che bisogna fare molto di più.

…AL FAMILISMO ESPLICITO

I modelli alternativi non sono solo quelli defamilizzanti dell’Europa scandinava, ma anche quelli del familismo esplicito, sostenuto con risorse pubbliche, dell’Europa continentale. In questo ultimo modello la famiglia deve farsi carico di una larga parte del lavoro di cura, ma viene aiutata con trasferimenti degni di nota e servizi di accompagnamento. Ad esempio, i sistemi di cura di Austria e Germania sono regolati da principi molto simili a quelli italiani. Tuttavia, non solo la copertura dei servizi di cura residenziali e domiciliari è ben più alta che in Italia, ma vi sono anche sistemi assicurativi per le cure di lungo termine che forniscono alle famiglie un supporto significativo. Nel 2006, quando l’indennità di accompagnamento in Italia era pari a 450 euro, il trasferimento massimo previsto in Austria era di 1.562 euro, mentre in Germania il massimo era pari a 665 euro (o 1.432 euro se si optava per ricevere servizi). Inoltre nei due paesi si coprono in misura diversa diversi gradi di disabilità, non escludendo i casi meno gravi. E le famiglie sono libere di scegliere se ricevere servizi, soldi o un mix dei due.
Dal documento Italia 2020, purtroppo, non emerge alcune segnale che il governo si muova in questa direzione. E pare difficile che i ministri stiano pensando di allargare la platea di chi riceve aiuto economico e, allo stesso tempo, di portare i trasferimenti a un livello “europeo”. Se le famiglie dovranno continuare a occuparsi degli anziani non autosufficienti, senza che venga aumentata l’offerta di servizi pubblici o senza portare i trasferimenti monetari a un livello adeguato, è inevitabile che si accetti l’utilizzo di badanti assunte spesso fuori regola, oppure che molte figlie e nuore escano dal mercato del lavoro. Il familismo per default non aiuta ad aumentare la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, che pure è l’obiettivo esplicito delle azioni menzionate nel documento Italia 2020. Il rischio è che per le famiglie e le donne) italiane, l’Italia del 2020 sia tragicamente uguale a quella del 2009.

(1) Si veda il recente libro di Alberto Alesina e Andrea Ichino L’Italia fatta in casa, Mondadori.

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