politica italiana

Fassino: nel paese troppe emergenze, la politica cambi passo.

Nel 2009 i quasi 16 milioni di pensionati italiani hanno percepito una pensione media di 773 euro ai mese. Per non parlare di quei tantissimi che stanno sotto quella cifra. L’anno che si è appena chiuso ci consegna la disoccupazione più alta dal 2004. E peraltro le statistiche registrano ciò che accade tra i lavoratori a tempo indeterminato, mentre solo in misura parziale danno conto di quanti giovani precari non hanno visto rinnovato il loro impiego. Sono di questi giorni le cronache dei drammatici eventi di Rosarno, testimonianza raccapricciante di quali conflitti possa provocare un’immigrazione abbandonata a se stessa.

Sono tre emergenze che investono la vita quotidiana di milioni di donne e di uomini e il destino stesso del Paese. E, dunque, da lì dovrebbero prendere le mosse l’agenda politica e l’iniziativa sia del Governo che dell’opposizione. Dubito molto che gli italiani abbiano questa impressione. i partiti appaiono totalmente assorbiti dalla scelta dei candidati per le prossime elezioni regionali. Al centro del dibattito campeggia da mesi il tema delle riforme istituzionali, peraltro compresso dall’ossessione della maggioranza di governo di adottare misure che mettano il Presidente del Consiglio al riparo dai suoi processi. Se le due agende quella degli italiani e quella della politica non si incontrano e a milioni di cittadini giunge l’immagine di una politica che discute più di sé che dell’Italia, la distanza tra Paese e istituzioni crescerà e si diffonderà ancor di più un sentimento di estraneità. Per questo credo che la politica debba cambiare passo e uscire da questo fastidioso e inconcludente parlarsi addosso. Se è vero che la bozza Violante è un buon punto di partenza, si metta fine alla retorica del dialogo e si avvii un confronto concreto in Parlamento. Si capirà così se le riforme si vogliono fare o no. Così come non mancano le proposte per rendere i processi rapidi, le sentenze chiare, le pene certe. Ci si confronti nelle Commissioni parlamentari e si approvi ciò che serve, nell’interesse non di una persona soltanto, ma di tutti i cittadini. Ma soprattutto si mettano al centro dell’Agenda politica le emergenze del Paese. E’ ormai aperta una gigantesca questione di redditi: le pensioni sono scandalosamente basse; l’80% dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato pubblici e privati ha un salario mensile che sta tra i 1000 e i 1200 euro. E la gran parte di chi ha un lavoro a tempo determinato ne percepisce 700/800. Redditi non solo socialmente iniqui, ma con cui è assai difficile sostenere il rilancio dei consumi e la ripresa. C’è un’emergenza lavoro come segnalano da mesi il Pd e Bersani che richiede urgentemente quella riforma degli ammortizzatori sociali necessari per offrire alle imprese e a ogni lavoratore, quale che sia il tipo di contratto e di occupazione, strumenti di tutela e di gestione del mercato del lavoro. Abbiamo un debito pubblico che si avvicina al 120% del Pil, un deficit di bilancio di 5 punti e la ripresa appare lenta. Pensare di affidarsi alla sola spontaneità del mercato è azzardo troppo grande, mentre invece servono politiche di sostegno per opere pubbliche, per la competitivita delle imprese, per le esportazioni. Anche qui le proposte non mancano. Discutiamone, senza tirare fuori conigli dal cilindro, come la suggestione di una riduzione fiscale a 2 sole aliquote, che a chiunque risulta del tutto irrealistica e finalizzata soltanto a racimolare voti tra qualche settimana. E Rosarno è lì a dirci che c’è una priorità delle priorità: avere una politica che governi l’immigrazione, liberandola dalla paura che porta con sé e offrendo a tutti a chi è nato qui, come a chi qui è arrivato da lontano certezza dei propri diritti e consapevolezza dei propri doveri. Per favore, discutiamo di questo. La politica metta finalmente i piedi nel piatto, si assuma le proprie responsabilità, dia un segnale forte al Paese. E se il Governo non lo fa o non ne è capace, sia all’altezza di questo compito l’opposizione.
Corriere della Sera 12.01.10