politica italiana

Il processo breve torna in Commissione e non ci sarà un decreto blocca-processi. Vittoria del PD.

Finocchiaro: “Schifani si è dovuto arrendere all’evidenza, ma il provvedimento resta inaccettabile”. Niente decreto blocca processi, il governo fa retromarcia. Il processo breve vine sospeso e ritorna in commissione e non ci sarà nessun decreto blocca processi all’esame del Consiglio dei ministri.
Bersani ieri l’aveva annunciato: “Il PD si metterà di traverso”. Così il treno dell’impunità tra emendamenti e sospensive richieste dal PD, oggi è deragliato sia in Senato sia alla Camera, dove la mozione PD per il mezzogiorno è stata approvata contro il parere del governo.
Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd, parla di decisioni che “segnano il rispetto delle regole e costituiscono una bella vittoria delle opposizioni, e in particolare del gruppo del Pd, visto che ieri abbiamo combattuto tutto il giorno per questo. Certo, il provvedimento resta inaccettabile”.

“La sospensione e il ritorno in Commissione del processo breve, che verrà votato dall’aula a questo punto solo la prossima settimana, è molto importante – ha proseguito Anna Finocchiaro – La richiesta di sospensione è stata peraltro da noi avanzata per un giorno intero, ma il Presidente Schifani non ha voluto concedercelo, fino a quando, ieri sera, si è dovuto arrendere all’evidenza. Perché importante? Perché la maggioranza ha presentato un testo sul processo breve assolutamente nuovo in aula, un testo che non è stato esaminato dalla commissione giustizia, con un assoluto svilimento del ruolo del Parlamento, ma anche della possibilità dell’opposizione di avere una cognizione piena dei contenuti e degli impatti e di affrontare in una discussione vera, anche tecnica, questa nuova formulazione del testo. Il fatto di essere tornati in commissione è dunque una bella vittoria dell’opposizione, e in particolare del gruppo del Pd”.

Ora la commissione avrà la possibilità di esaminare questa nuova versione del testo al quale spiega la capogruppo “noi ovviamente presenteremo molti, molti emendamenti, perché così com’è non ci soddisfa e non ci convince affatto. La vittoria più grande è che il Parlamento ha avuto la possibilità di discutere e non solo di soggiacere ad una imposizione. Certo, rimaniamo sempre contrari al provvedimento, sia per il merito e per le norme che servono a salvare ovviamente Berlusconi dal processo Mills, ma anche per il resto che è stato aggiunto che è assolutamente non condivisibile. Hanno ovviamente eliminato alcune procedure che erano anticostituzionali che gli avrebbero ‘segato’ il provvedimento. Non lo hanno fatto per il nostro bene, che sia chiaro, ma ovviamente hanno mantenuto una norma ritagliata sul processo Mills. Ora francamente questo non è accettabile. La norma transitoria di questo provvedimento – sottolinea ancora Anna Finocchiaro – è ritagliata esattamente su misura sui processi del premier ed è peraltro una norma indigesta anche a parte del Pdl. Oggi Vietti, ex sottosegretario ed esponente autorevole dell’UDC, dice in un’intervista che a questo punto neanche il legittimo impedimento li troverà più d’accordo perché la maggioranza è ormai alla ricerca spasmodica di uno scudo per Berlusconi, con una legge che crea ovviamente una situazione di favore per il premier ma che rischia di avere un effetto molto grave sul sistema e quindi sul servizio della giustizia per tutti i cittadini, in particolare alle parti offese in moltissimi processi”.

Nessun decreto blocca-processi, sentenza della Corte immeidatamente applicabile. Come sosteneva il PD. A comunicarlo ufficialmente alla conferenza dei capigruppo del Senato è stato questa mattina il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, spiegando come nella giornata di ieri effettivamente ci sono stati dei ragionamenti in tal senso, poi subito accantonati in quanto ”la sentenza della Corte costituzionale è immediatamente applicativa”. Proprio come sosteneva il Partito Democratico.

Sempre la Finocchiaro spiega: “Io penso che il governo alla fine non abbia presentato il decreto perchè le esigenze per far valere la costituzionalità del testo non erano sufficienti a garantire il premier. Ovviamente io penso male, ma ogni tanto ci si prende a pensar male.Non è possibile da una parte auspicare un clima e un dialogo di confronto sulle riforme e dall’altra continuare a mettere le dita negli occhi all’opposizione. Lo voglio dire con molta chiarezza: la responsabilità del clima politico nel Paese è innanzitutto del Premier e della sua maggioranza “.
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