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Decreto TV, opposizione: "va profondamente corretto o ritirato"

Lo schema di decreto legislativo del governo in materia di tv e Internet ‘va profondamente corretto o ritirato’: e’ la posizione dell’opposizione, che oggi ha chiesto anche, nelle commissioni competenti della Camera, un differimento dei tempi previsti per esprimere il previsto parere – richiesta indirizzata anche dal capogruppo del Pd Dario Franceschini al presidente Gianfranco Fini – e per tenere una serie di audizioni con tutti i soggetti coinvolti.
Il provvedimento configura un ‘clamoroso eccesso di delega’, accusa in conferenza stampa alla Camera il responsabile comunicazioni del Pd Paolo Gentiloni perche’, ‘a fronte di una legge delega di 11 righe, contiene di fatto, in una ventina di articoli e 40 pagine, una riforma radicale delle norme italiane su tv e Internet: da’ un colpo mortale alla produzione di fiction e cinema italiano, rappresenta un evidente regalo a Mediaset e contiene un giro di vite allarmante su Internet per la parte che trasmette servizi audiovisivi’. Il tutto, stigmatizza Gentiloni, ‘utilizzando il Parlamento come casella postale: lo strumento del decreto legislativo consente alle Camere solo un parere non vincolante’.
Segnali di apertura arrivano anche dal Pdl: ‘I presidenti delle commissioni Cultura e Trasporti, Aprea e Valducci – annuncia Gentiloni – si sono detti disponibili a disporre un calendario di audizioni. Inoltre il vicepresidente della commissione Trasporti, Luca Barbareschi, ha detto di condividere le nostre critiche al decreto’. Ma l’opposizione va oltre: ‘Ci sono vari soggetti – spiega Gentiloni – che possono dichiarare l’eccesso di delega: in primis il Consiglio di Stato, entro 40 giorni dall’emanazione. Ma anche le commissioni parlamentari possono chiedere che il provvedimento torni con modifiche in Consiglio dei ministri e il Comitato per la legislazione della Camera, che attiveremo, puo’ dire su richiesta delle commissioni se lo schema di decreto contiene o meno un eccesso di delega’.
Con Gentiloni, alla conferenza stampa contro il decreto hanno partecipato anche per il Pd Emilia De Biase, per l’Udc Roberto Rao, per l’Idv Antonio Borghesi e Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21.
Nel merito, Gentiloni spiega innanzi tutto che il decreto ‘cancella le norme introdotte dai governi nel 1998 e 2007 a sostegno della produzione indipendente di fiction e cinema italiano’. In particolare, ‘vengono abolite le quote di trasmissione e quelle di investimento sono basate non piu’ sul fatturato, ma sugli investimenti destinati alla programmazione. Un colpo durissimo per i produttori indipendenti, che sono in grande agitazione’.
In secondo luogo, sintetizza l’ex ministro delle Comunicazioni, ‘vengono limitati gli affollamenti pubblicitari per il satellite e ampliati quelli per Mediaset, consentendo interruzioni pubblicitarie non piu’ ogni 45 minuti ma ogni 30 e aggiungendo le telepromozioni al monte orario della pubblicita’.
Si entra poi a piedi uniti – dice ancora Gentiloni – su un’indagine dell’Agcom sul possibile sforamento da parte di Mediaset del tetto del 20% dei programmi fissato dalla legge: il decreto stabilisce infatti che i programmi a pagamento e quelli ripetuti, ovvero i canali +1 o +24, non costituiscono palinsesti e quindi non vanno conteggiati entro il limite. Infine, c’e’ un giro di vite sul web, cosa gravissima e un po’ nascosta nelle pieghe del decreto: si inserisce, infatti, nella definizione generale di servizi di media audiovisivi anche una parte di trasmissioni che vanno su Internet. In pratica, YouTube, i siti dei grandi quotidiani o le web tv devono chiedere l’autorizzazione al ministero e rispondere agli obblighi di rettifica e alle norme sul diritto d’autore’.
Rao (Udc) punta il dito, in particolare, contro le ‘restrizioni per l’informazione via Internet, l’unico soggetto in Italia a sfuggire allo spoil system e al conflitto di interessi’ e anche Borghesi parla di ‘ulteriore bavaglio alla liberta’ di informazione’. E Articolo 21, annuncia Giulietti, lancera’ la campagna nazionale ‘Giu’ le mani dalla rete’.
Ansa 14.01.10

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