cultura

"L'imbroglio continuo. Martedì 19 gennaio sciopero nazionale dei lavoratori del settore cineaudiovisivo" , di Santo della Volpe3

In tutti i paesi d’Europa la produzione televisiva e cinematografica è considerata una formidabile risorsa strategica per la cultura e per l’economia e, ironia della sorte scelta dal nostro paese, molti di questi stessi paesi sin dal dopoguerra hanno preso la Francia prima e l’Italia poi, come un modello di produzione culturale, anche se da noi c’è sempre stato un problema di risorse e finanziamenti, unito ad una mancanza storica di difesa del prodotto nazionale, quello stesso che veniva poi valorizzato ed ammirato nel mondo. Vecchio difetto democristiano che pensava che la cultura fosse un terreno politico di sinistra. Quel difetto non ha mai mancato però di entrare in dialettica con il mondo della produzione cinematografica e televisiva, valorizzando autori e produzioni quando necessario,producendo in prima persona quando la cultura era intesa come sistema di valori che univa il paese: basti pensare alla Rai di Bernabei, del teatro, degli sceneggiati, sino alle ultime importanti produzioni televisivo- cinematografiche. Perché comunque sia, qualunque governante sapeva e dovrebbe sapere oggi che la produzione di cinema e fiction è lo specchio di una nazione, la libertà di produzione e di creazione di cinema e tv, è parte essenziale della crescita culturale di intere generazioni.
La capacità di produrre narrazione audiovisiva corrisponde, infatti, alla capacità di un paese di raccontarsi e comprendersi. premessa necessaria al dialogo democratico tra i popoli e le nazioni.
Oggi invece assistiamo al tentativo di chiudere, indirizzare ad imbuto le produzioni cinematografiche e televisive verso un “telecomando unico”, usando a pretesto le direttive dell’Ue per provare a far risparmiare pacchi di euro a Mediaset, Rai e Sky a scapito della creatività e capacità produttiva degli autori italiani: il sistema è semplice. E’ bastata la modifica che prende il nome dal sottosegretario romani,presentato a dicembre (ma che in questi giorni ha subìto una brusca accelerazione) apportata al “testo unico della radiotelevisione”, che intende riportare con poche righe la situazione a prima del 1998; ovvero , come scrive il sindacato Cgil ,”alla completa liberalizzazione degli obblighi di produzione e investimento a carico di tutti i fornitori di contenuti (broadcasters gratuiti e a pagamento, privati e pubblici su qualunque piattaforma incluso il satellite)”.
Parliamo dell’obbligo di produzione e investimento in opere audiovisive europee recenti di produttori indipendenti nella misura del 10% netto del totale dei ricavi. Questo obbligo della legge Veltroni – Prodi del 1998, con il decreto romani divenuta ormai opzionale, a completa discrezionalità delle emittenti e quindi con la possibilità che venga ridotto a zero.
Nel panorama legislativo europeo la stessa delibera viene acquisita in forme che salvaguardano la produzione di opere. “solo in Italia assistiamo”, scrive ancora la cgil,” all’attacco per il progressivo disfacimento dell’industria del cineaudiovisivo con il conseguente attacco ai posti di lavoro e alle professionalita’ coinvolte, con l’obiettivo di esercitare il pieno controllo della produzione culturale nazionale a svantaggio della qualita’ dei prodotti” .

Ci sono quindi vari problemi che il decreto suscita:il primo e’ per i lavoratori del settore che si trovano di fronte ad una diminuzione drastica delle loro attivita’ perché per rientrare nella legge, i network televisivi potrebbero riproporre vecchie produzioni magari in ore notturne,per rientrare nella norma ,azzerando quindi le nuove produzioni e facendo perdere il posto di lavoro a migliaia di persone.
Ma si pone anche un più vasto problema di liberta’ di espressione, perché non sarebbe piu’ previsto per legge uno spazio di creativita’ che incentiva ora la creazione di opere nuove e nazionali con l’incentivo della programmazione televisiva e del passaggio cinematografico. Basterebbe comprare all’estero sceneggiati già fatti, con la conseguenza di una nuova colonizzazione culturale, pesante come ,se non di più, di quella attuale, dovuta al monopolio e duopolio televisivo, scarsamente rotto da Sky.
Anche per questo la mobilitazione dei sindacati, del Movem09, di tutte le associazioni del mondo televisivo e cinematografico, va ampiamente sostenuta anche da parte di chi ha a cuore le liberta’ di espressione ed informazione. Articolo21 che per altro da anni fa parte di questo movimento, aderisce e scendera’ in piazza per difendere questi spazi di creativita’ e di produzione culturale, senza i quali, l’Italia tutta sarebbe piu’ povera e meno libera.
da Articolo21.org