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Nucleare a pezzi

Dopo il no di 14 regioni, arriva quello definitivo della Regione Sicilia che approva due ordini del giorno del Pd contrari al ritorno dell’atomo sull’isola. Il nucleare sta perdendo pezzi. La sfrontatezza del governo convinto di ottenere senza opposizione il Sì da parte delle regioni ha subito un colpo durissimo nella notte di martedì quando l’Assemblea regionale siciliana ha approvato all’unanimità due ordini del giorno presentati dal Pd che confermano un NO convinto al ritorno all’atomo sull’isola.

Uno stop decisivo? È presto cantare vittoria ma il colpo inferto al governo Berlusconi dalla creatura preferita, quella regione feudo dal 2001 della politica del centrodestra e luogo di sperimentazione nazionale, è davvero duro da digerire. La coalizione della giunta siciliana è davvero sui generis dopo la decisione del governatore di sciogliere l’alleanza storica con il Pdl e presentarsi con un Lombardo ter con l’appoggio di Mpa, il Pdl Sicilia e il “sostegno condizionato” del Pd. Da parte loro, i democratici siciliani hanno apprezzato molto la decisione di Lombardo di seguire le indicazioni da loro proposte per dare maggiore importanza e risalto alla politica ambientale in Sicilia (a partire dalla riforma degli Ato – Ambito Territoriale Ottimale – e una nuova legge sul ciclo dei rifiuti).

Il no siciliano si va ad aggiungere a quello delle 11 regioni che hanno già presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge 99/2009 sul ritorno al nucleare, a quello della Sardegna e della Campania che, con un ordine del giorno e una legge ad hoc, hanno dichiarato il loro dissenso. Situazione molto simile anche per il Veneto dove il candidato leghista Luca Zaia ha affermato di non volerne sapere né di centrali atomiche, né di smaltimento di scorie radiattive. Ma l’esperienza ci indica una maggiore cautela sulle affermazioni dei leghisti, capaci, come il premier, di cambiare idea molto facilmente accusando il resto del mondo di averli fraintesi. A questo dato di fatto si aggiunga poi la certezza che alla vigilia delle elezioni regionali, nemmeno il candidato più convinto e fautore del ritorno all’atomo si esprimerebbe contro l’opinione pubblica contraria alle centrali atomiche. Never in my backyard. Mai nel mio giardino! Prima vengo eletto e poi si vedrà…

Accanto alle implicazioni politiche del No siciliano, si registrano anche ripercussioni economiche sull’Enel di Fulvio Conti che, delle decisioni del governo Berlusconi, era la maggiore beneficiaria finanziaria. In deroga ad ogni legge, l’Enel faceva il buono e cattivo tempo sulla logistica degli impianti, a prescindere dalle decisioni delle amministrazioni locali.

Il puzzle atomico sembra ormai delinearsi bene. All’appello mancano le decisioni di 5 sole regioni: Abruzzo, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Lombardia. Ma considerando le prime tre escluse perché inadatte per motivi orografici e sismici, resta da sapere quale saranno le risposte delle giunte friulane e lombarde. Filippo Penati, candidato per il centrosinistra in Lombardia, da giorni sta chiedendo al super Formigoni di esprimersi se è favorevole o no alla realizzazione di centrali atomiche nella “sua” regione. Ma i candidati del Pdl, si sa, su questo argomento sono sordi.

A.Dra

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Per Stella Bianchi, responsabile Ambiente del Pd, “il nucleare sembrava una soluzione a portata di mano, o almeno così ci raccontava il governo. Oggi il sottosegretario Saglia afferma che i siti da
individuare per le nuove centrali non si conosceranno prima di un anno. Questo ci sembra un modo facile per guadagnare tempo e per superare le elezioni regionali.

Comprendiamo le difficoltà del governo, visto che la stragrande maggioranza delle regioni (senza distinzioni di schieramento politico) ha già detto chiaramente no alla costruzione di centrali nucleari sul proprio territorio, e quindi la convenienza per la destra a spostare ogni confronto sul tema dopo il voto.

Resta però il diritto dei cittadini di essere informati con precisione sul progetto del governo e di ricevere una semplice risposta alla domanda che il Partito Democratico ha più volte formulato: le centrali nucleari saranno costruite su qualcuno dei 45 siti già indicati?”

“Con il decreto legislativo sul nucleare, il governo Berlusconi appalta all’Enel e alle aziende che vorranno costruire centrali le scelte dei siti. E’ una scelta di incredibile irresponsabilità, che apre la strada a conflitti sociali e istituzionali che paralizzeranno per anni le politiche energetiche in Italia”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante sottolineando come “oggi nella Commissione Ambiente, dove è cominciato l’esame del decreto legislativo, abbiamo ribadito la totale contrarietà del Pd a criteri, modalità, obiettivi delle cosiddetta ‘strategia nucleare’ del governo”.

“Il decreto legislativo sul nucleare – affermano i due esponenti ecodem – non solo conferma gli aspetti più inquietanti del programma nucleare dell’Esecutivo, a cominciare dalla possibilità di localizzare gli impianti anche contro la volontà delle Regioni destinati ad ospitarli, ma cancella persino quell’atto elementare di responsabilità pubblica che è l’individuazione da parte dello Stato dell’elenco dei siti compatibili con la realizzazione di centrali atomiche. Ne viene fuori – concludono Della Seta e Ferante – un miscuglio di dirigismo anti-federalista e liberismo davvero indigesto: chissà come riusciranno a farlo ingoiare ai cittadini i candidati di centrodestra alle imminenti elezioni regionali”.

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