economia

"Donne e affari, la crisi non c’è", di Luca Fornovo

Con i manager in rosa gli utili raddoppiano. Forse è proprio vero che per battere la crisi bisogna imparare dalle donne. O meglio, dalle donne manager. Nonostante la recessione, nel 2009 sono nate oltre 20 mila imprese in più (+1,5%) guidate da imprenditrici o con una forte presenza femminile. E numeri alla mano, le aziende con un alto numero di manager in gonnella fanno quasi il doppio dei profitti di un’azienda tradizionale. Eppure il gentil sesso continua a scontrarsi con i problemi di sempre: al tasso di occupazione femminile che in Italia (47%) è il fanalino di coda d’Europa (58% la media Ue), si associa un alto numero di precarie (il 25% contro il 13% degli uomini) e la scarsa presenza nei posti di comando: il 4-5% di donne siedono nei Consigli d’amministrazione delle grandi aziende.

Su questo e altro le donne manager si confronteranno giovedì e venerdì a Torino nel 3° Salone nazionale dell’imprenditoria femminile. All’evento, ideato da Valentina Communication e premiato con una medaglia speciale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, interverranno oltre un centinaio di relatori e parteciperanno più di duemila imprenditrici. Qui il super manager Roger Abravanel (ex Mc Kinsey) lancerà una proposta choc per rivoluzionare i Cda: una legge che stabilisca che entro tre anni il 40% dei consiglieri indipendenti siano donne. «Basterebbe questa norma, anche solo nei codici di comportamento dei Cda – spiega Abravanel nel libro Meritocrazia – per aggiungere quella qualità e indipendenza morale che manca. La legge non deve essere eterna e può essere eliminata quando esisterà una massa critica di donne eccellenti nei Cda italiani».

Poche ai posti di comando
Che il quadro sia per nulla confortante lo dimostra una ricerca sui Cda delle società quotate, condotta da Simona Cuomo e Adele Mapelli, docenti dello Sda Bocconi. Su 2.831 consiglieri, gli uomini sono 2664 e appena 167 sono donne. La percentuale di donne nei Cda non arriva al 6%. Forse sarebbero ancora di meno se si tiene conto che alcune consigliere siedono nei Cda di diverse aziende (Azzurra Caltagirone, Emma Marcegaglia, Jonella e Giulia Ligresti, Marina Berlusconi). Inoltre, nel 57,1% dei Cda non figura neppure una donna. Esistono, però, eccezioni come Caleffi con un 50% di donne nel suo Consiglio, la Nova Re con un 40%, la Best Union con un 37,5% e l’AS Roma con il 36,4%. Spesso però le donne nei Cda appartengono alla famiglia proprietaria del gruppo: ciò vale per la Roma, Benetton, Mondadori, Caltagirone Editore, Damiani e De Longhi.

I freni alla carriera
Per accelerare la presenza di donne ai vertici non bastano solo interventi come la “legge Abravanel”. Occorre anche un cambio di mentalità per favorire la flessibilità. La ricerca della Bocconi sulla «Diversity Management» evidenzia come solo lo 0,5% degli italiani ha contratti part time e le donne fanno carriera fino a 36 anni, in genere prima della maternità. Per migliorare il rapporto famiglia-lavoro, un tasto da battere sono gli asili nido. Secondo la ricerca di Valore D-Mickinsey, il vero ostacolo alla carriera delle donne in Italia, più che i figli, è la mancanza di strutture di supporto alla maternità. In Italia, solo il 6% dei bambini sotto i 3 anni accede al nido (rispetto al 44% di Norvegia, al 40% della Svezia, al 26% della Francia) e le italiane dedicano a casa e famiglia tra il 20 e il 45% di tempo in più rispetto alle colleghe di questi paesi.

Le imprese rosa
Nonostante tutto, il numero delle donne imprenditrici è salito in Italia. Secondo l’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile, l’indagine semestrale di Unioncamere, l’aumento più consistente c’è stato nei servizi (attività immobiliari, professionali, informatica): 15 mila aziende in più in dodici mesi. Maglia rosa alla Lombardia (28,5% di tutto il saldo), seguita da Lazio e Toscana (con 4.747 e 2.242 imprese in più). Dal bilancio positivo restano escluse però 5 regioni: Basilicata, Friuli Venezia-Giulia, Liguria, Molise e Valle D’Aosta. «Purtroppo – conclude amaramente Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere – sono ancora molti gli ostacoli che limitano le donne nell’esprimere creatività e professionalità nel mondo del lavoro».
La Stampa 24.01.10