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"La destra e il testamento biologico", di Ignazio Marino*

«Alimentazione e idratazione artificiali sono da considerarsi forme di sostegno vitale e non possono mai essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento». È sull’articolo 3 della legge sul testamento biologico, all’esame della Commissione Affari sociali alla Camera dei Deputati, che si è arenata la discussione sulla legge sul testamento biologico. Il passaggio in Aula a Montecitorio non si annuncia né facile né in tempi brevi, ma deve essere chiaro che, se la legge fosse approvata senza modifiche sostanziali, tutti noi dovremmo rispettare quelle norme al contempo ideologiche ed emotive, votate un ano fa sull’onda della drammatica vicenda di Eluana Englaro. Norme scritte ignorando la voce della scienza e quella di milioni di italiani che, all’indomani della morte di Eluana, ebbero un sussulto democratico contro l’illecita invadenza dello Stato nell’imporre ad una persona terapie non volute, per prolungarne un’irreversibile agonia. Il 9 febbraio 2009 parole come eutanasia e assassinio furono cinicamente pronunciate da figure con grandi responsabilità politiche: ricordiamo tutti le offese e le accuse irresponsabili rivolte al Capo dello Stato che si era rifiutato di firmare un decreto palesemente incostituzionale. Al Senato il dibattito sul testamento biologico fu travolto e reimpostato con altre condizioni e velocità, fino all’approvazione di una norma liberticida e goffamente antiscientifica. Il principio dell’autodeterminazione dell’individuo fu calpestato, l’Italia fortemente criticata dal mondo scientifico, politico ed intellettuale internazionale, per l’approccio imposto a quello che, capziosamente, veniva definito lo scontro tra “il partito della morte” e “il partito della vita”. In un osceno tifo da stadio. Si approvò un testo non “per” ma “contro” il testamento biologico, contro la libertà di scelta sulla sospensione di idratazione e nutrizione artificiali, contro la vincolatività delle dichiarazioni anticipate di trattamento, contro il diritto fondamentale di proseguire oppure sospendere alcune terapie, nel rispetto delle proprie convinzioni, della propria cultura e – per chi ce l’ha – della propria fede. Sono sempre stato convinto che la strada giusta sia quella di un dialogo aperto, franco, libero da condizionamenti ideologici. Solo così vi può essere un percorso condiviso e solo così si può sperare in una legge, grazie alla quale ciascuno di noi sia effettivamente libero di scegliere. Mi sembra, ma a volte temo di essere troppo ottimista, che oggi il clima di confronto sia migliorato rispetto a un anno fa, soprattutto guardando alle aperture mostrate dal Presidente della Camera Gianfranco Fini. L’auspicio è che il Governo della destra non torni ad utilizzare la propria forza per imporre sul testamento biologico, ancora una volta, regole contrarie alle evidenze scientifiche e alle libertà individuali. L’impegno, mio e di tanti altri è a non abbassare la guardia, fuori e dentro il Parlamento. La richiesta resta quella di una legge per il diritto alla salute, ma contro il dovere alle terapie, una legge laica, tracciata nel solco dell’art. 32 della nostra Costituzione, utile e fruibile per tutti i cittadini italiani.

*Ignazio Marino è senatore Pd e Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato.