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"Manager d'oro, esperti all'angolo: l'agonia della cultura", di Luca Del Fra

«Se non lo visiti lo portiamo via»: recitava così la pubblicità presentata in pompa magna al Ministero dei Beni Culturali lo scorso dicembre, corredata da inquietanti immagini del Colosseo, del Cenacolo e del David di Michelangelo. Una campagna voluta dal supermanager Mario Resca, chiamato dal ministro Sandro Bondi alla valorizzazione del patrimonio culturale, e sembra molto ben pagata ma a quanto pare risultata respingente. Di sicuro il messaggio conteneva inconsapevolmente una verità: lo smantellamento del Ministero dei Beni Culturali negli ultimi due anni, da quando Bondi regge le sorti di questo dicastero, ha subito una devastante accelerazione.

Saltano i compiti istituzionali come la tutela e la programmazione, il personale è scarso e mal pagato, demotivato di fronte all’arrivo di agguerriti manipoli di manager privati o commissari straordinari super pagati – alla faccia delle difficoltà economiche -, con la Protezione Civile che praticamente ha «agguantato» tutte le vere iniziative dei prossimi anni nei Beni Culturali – Pinacoteca di Brera, aree archeologiche di Roma e Ostia, di Napoli e Pompei, oltre alla ricostruzione del centro storico de L’Aquila -, attraverso commissariamenti che permettono appalti assai più disinvolti che nella normalità. Nel frattempo Giuseppe Proietti lascia la carica di segretario generale – il ruolo più alto “non politico” del ministero – e al suo posto arriva Roberto Cecchi: un archeologo è sostituito da un architetto e si assiste alla progressiva sparizione degli storici dell’arte dagli alti ranghi ministeriali.

Incapace di reagire ai feroci tagli economici operati da Giulio Tremonti, poco competente in materia, incline a intendere il suo ruolo in maniera censoria, decidendo lui cosa sia da finanziare e addirittura cosa sia bello e cosa no, vittima spesso di falsi luoghi comuni, Bondi si sta dimostrando un ministro non all’altezza neanche di confrontarsi con le categorie – agli incontri con i sindacati viene portato via sotto braccio dal suo capo gabinetto Salvo Nastasi con la scusa che non ha tempo. E non è tutto. «Bondi ha applicato meccanicamente il decreto Brunetta che manda in pensione i dipendenti dello Stato con 40 anni di contributi».

Questa la denuncia Gianfranco Cerasoli, segretario della Uil per i Beni Culturali, che aggiunge: «Nei prossimi 4 mesi andranno via 6 direttori regionali e 16 soprintendenti o direttori di musei e archivi. L’idea di fare un ricambio generazionale nei livelli alti del ministero può anche essere condivisibile, ma non si fanno assunzioni: così tra qualche settimana ci troveremo con dirigenti che avranno 3 soprintendenze, altri con due regioni da seguire, oppure con una direzione centrale e una regionale». Insomma il caos. La norma di Brunetta non era cogente e ogni ministro poteva applicarla in maniera più o meno rigida. Applicandola in maniera meccanica Bondi ha inferto un colpo mortale a un ministero già da tempo sotto organico: «Solo nella vigilanza dei musei mancano 6000 persone – insiste Cerasoli -, ma il fatto più preoccupante che porterà alla paralisi riguarda il settore tecnico-scientifico. Dal 1° gennaio la tutela del paesaggio è passata sotto il controllo dei Beni Culturali, ci sono soltanto 500 architetti già oberati di lavoro per affrontare le richieste di autorizzazioni paesaggistiche: ne occorrerebbe almeno il triplo. Senza considerare poi altri settori sotto organico e perciò in crisi: i tecnici e i restauratori».

Uno dei nodi scottanti è proprio la tutela del paesaggio: che in base al nuovo codice dei Beni Culturali spettasse alla direzione al paesaggio del Ministero dei Beni Culturali era stata salutata come una vittoria, e dopo molti rinvii da quest’anno la cosa è operativa. «Forse una vittoria di Pirro – osserva amaramente Maria Pia Guermandi di Italia Nostra -: le regioni che prima si opponevano hanno mollato la presa perché sanno che la situazione si è ammorbidita. Il Ministero ha abbassato la guardia perché mancano le risorse soprattutto umane e culturali.

Oltre a un personale scarsissimo è mancato il salto di qualità: un’occasione unica per passare dal funzionario borbonico, il burocrate che nuota nelle carte, al tecnico che entra nel merito. I piani regionali sono lettera morta, e i governatori si guardano bene dall’avviarli, poiché sanno che poi tutto dovrebbe svolgersi in quella cornice, anche i piani regolatori. Preferiscono il regime transitorio, con le soprintendenze regionali non in condizione di controllare realmente la situazione, con la direzione al paesaggio del Ministero degradata sotto le Belle Arti e senza più autonomia».S’alza in crescendo la musica delle betoniere del cemento armato nella grande partitura varata dal governo e intitolata “Piano casa”.

In questi ultimi 18 mesi spesso si è sentito parlare di commissariamento a proposito di molte aree d’interesse culturale: in realtà a essere “commissariato” è lo stesso ministro Bondi, considerando che perfino nelle attività culturali la presidenza del consiglio gli ha scippato la legge sul cinema. Tuttavia la politica perseguita dal governo di concedere superpoteri ai super commissari della protezione civile non sta avendo risultati positivi: l’ultimo caso è Brera, dove oggi si trovano l’Accademia di belle arti e la Pinacoteca. Entro il 2015 si dovrà trovare una nuova dimora per la scuola e trasformare l’intera sede in spazio espositivo per la Pinacoteca, e i lavori di ristrutturazione sono stati affidati al commissario straordinario Mario Resca. Già l’anno scorso la sua nomina a direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale aveva destato molte perplessità: Resca è manager di notevole esperienza nel settore privato, tra cui McDonald’s, ma per sua ammissione di pochissima esperienza nella cultura, come non bastasse siede attualmente nel Cda Mondadori – da cui dipende Electa che fornisce servizi al Ministero e anche alla Pinacoteca di Brera -, dunque secondo molti in palese conflitto d’interessi.

La Uil conti alla mano sostiene che Resca per il solo commissariamento di Brera percepirà un compenso di circa 2,5 milioni di euro: una cifra spropositata per i nostri beni culturali e che nessun dirigente del Ministero, anche al massimo della sua anzianità e con molteplici funzioni, ha mai percepito. Inoltre Resca finora ha presentato un piano di grande vaghezza, asserendo che in 90 giorni sarebbero partiti i lavori seguendo il progetto dell’architetto Bellini. Al di là della disinvoltura che occorrerà per concedere appalti in così breve tempo, quello di Bellini è uno schema di progetto, che andrebbe sviluppato con cura, magari in accordo con i tecnici della Pinacoteca per capire a fondo le esigenze dello spazio. Come molti commissari di questo governo, Resca sembra più motivato ad aprire cantieri per milioni di euro, senza porsi troppi problemi sulla congruenza dei lavori.
L’Unità 08.02.10

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“Beni culturali Spa, arriva il golden boy Bertolaso”, di Bianca Di Giovanni
A Guido Bertolaso non bastano gli appalti, le emergenze, i Grandi Eventi. Non basta più quella sorta di «Stato parallelo» – con tanto di bilancio parallelo, inaccessibile ai controlli – che è la Protezione Civile Spa, in via di approvazione in Parlamento (in settimana il voto in Senato). Basta elmetti, tendopoli o scenari effimeri per i «grandi show»: al golden boy serve il passo felpato del potere politico. Silvio Berlusconi lo ha già promesso: diventerà ministro. Il tam-tam del Palazzo insiste verso un’unica direzione: i Beni Culturali. Insieme a lui dovrebbe entrare ai piani alti del Collegio Romano come capo dell’ufficio legislativo anche Marcello Fiore, il rutelliano di lungo corso, nominato solo un anno fa commissario straordinario (e plenipotenziario) di Pompei, ma già di casa alla Protezione Civile dal 2000 (dove è entrato nei ruoli dirigenziali senza concorso, ma per nomina diretta di Bertolaso), con il solo intermezzo del ministero delle Comunicazioni con Paolo Gentiloni.

Lo scranno da ministro per il «Re sole» delle emergenze però, rischia di provocare una vera emergenza politica, riaprendo la frattura con Giancarlo Galan. Quella poltrona infatti rappresenterebbe la giusta contropartita per il governatore uscente del Veneto, che in cambio rinuncerebbe all’ipotesi di una sua discesa in campo in solitaria alle prossime regionali, in concorrenza con il candidato leghista Luca Zaia. Se le voci su Bertolaso saranno confermate, la partita del Veneto si farebbe molto più complicata. Trovare la poltrona giusta per fermare Galan diventerebbe un’impresa ardua. La Lega non intende affatto rinunciare al ministero lasciato libero da Zaia. Pensare a una poltrona nuova di zecca sarebbe una forzatura pesante, visto che c’è un limite fissato per legge ai posti in consiglio dei ministri. Quanto a Sandro Bondi, il suo destino sembra già segnato: sarà il coordinatore nazionale del Pdl.

La svolta verso la politica «full time» di Bertolaso non gli impedirà certo di ridisegnare gli equilibri interni alla sua «creatura»: la Protezione Civile. Molto è già stato fatto. Con l’approvazione della Spa, l’attuale Dipartimento è destinato a una sorta di liquidazione camuffata. Le voci dell’arrivo di Franco Gabrielli, prefetto de L’Aquila, alla guida della struttura, sembrano preludere proprio al suo azzeramento: accadde lo stesso all’Agenzia di Protezione civile, «liquidata» per decreto nel 2001, quando a capo sedeva il prefetto Anna Maria D’Ascenzo.

Che il Dipartimento si svuoti lo prevede lo stesso decreto in via di conversione: per ogni grande evento, emergenza o altra operazione affidata alla nuova Spa, questa potrà utilizzare uomini e mezzi del Dipartimento. Semplice: il Dipartimento si «trasferisce» nella Spa. La società gestirà autonomamente appalti, lavori, grandi eventi: senza controlli, senza gare, senza filtri. Una cuccagna. Non sarà Bertolaso a guidare questa poderosa macchina del potere: lui ne sarà solo l’eminenza grigia. Le indiscrezioni parlano di Gian Michele Calvi, il coordinatore del progetto «case» a L’Aquila, come presidente o amministratore delegato. Nel drappello di testa si troverà sicuramente una poltrona per Titti Postiglione, l’attuale responsabile della sala operativa. Dovrebbe invece lasciare le stanze della Presidenza del consiglio Angelo Borrelli, attuale responsabile risorse umane: dovrebbe seguire il suo «capo» al ministero dei Beni Culturali, come responsabile finanziario. D’altronde, squadra che vince non si cambia. Se in una decina d’anni il Dipartimento è riuscito a spendere una cifra vicina ai 10 miliardi, stando a stime recenti, grazie ad ordinanze che derogano a tutti i controlli, si potrà andare avanti così anche dalla postazione dei Beni Culturali.
L’Unità 08.02.10