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"L'Aquila aspetta il miracolo", di Primo Di Nicola

Sfollati a quota 40 mila. Macerie ancora da rimuovere. Rischi inquinamento. È lungo l’elenco dei problemi irrisolti. A dieci mesi dal sisma. La nomina a ministro annunciata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, una commossa lettera di addio agli abruzzesi su una pagina del ‘Centro’. Così Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, alla fine di gennaio ha passato le consegne al nuovo commissario per la ricostruzione, il presidente della Regione Gianni Chiodi e al suo vice, il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente. Se ne è andato con la riconoscenza dei terremotati per il modo in cui la Protezione civile ha offerto i suoi generosi aiuti e l’orgoglio per quanto realizzato per avviare il rientro alla normalità, a cominciare dal Progetto Case (Complessi antisismici ecocompatibili ecocostenibili), oltre 180 edifici, per non parlare di qualche migliaio di Map, le casette in legno. In tutto, Bertolaso ha speso oltre 1 miliardo e mezzo di euro per assistere la popolazione e completare opere in grado di dare un tetto sicuro a oltre 20 mila persone. Un successo, insomma, anche se non sono solo rose. Nell’eredità che lascia a Chiodi ci sono anche problemi: il numero degli sfollati ancora in alberghi e case private; una situazione incandescente nei comuni fuori dal cratere del sisma; una città intasata di macerie; i guasti ambientali provocati dal Progetto Case.

La carica dei 40 mila Il problema più grande è senza dubbio quello degli sfollati aquilani. A oltre dieci mesi dal terremoto e nonostante le promesse del premier che aveva assicurato una casa per tutti entro il 31 dicembre, sono oltre 40 mila gli aquilani che continuano a vivere in hotel (6 mila), caserme (1.100), appartamenti lungo la costa (2.400) e soprattutto in autonoma sistemazione in case in affitto o altro (più di 31 mila). Come mai così tanta gente non è riuscita ad avere un nuovo alloggio o a rientrare nelle proprie abitazioni? La questione non è di poco conto visto che, a parte tutto il resto, assistere questa massa di sfollati costa tantissimo: un giorno in albergo vale fino 70 euro a persona, gli affitti arrivano a un massimo di 800 euro. Morale: dallo scorso aprile sono già stati spesi oltre 220 milioni per dare ospitalità agli aquilani. Certo, i terremotati da sistemare sono risultati tanti, oltre 70 mila, ma le ragioni per le quali ancora oggi circolano tutti questi sfollati, secondo Giustino Masciocco, assessore alle Politiche abitative del comune, “vanno fatte risalire alle stime sbagliate della Protezione civile sul fabbisogno delle abitazioni da costruire per coloro che avevano visto la propria distrutta dal sisma e nei ritardi con i quali si stanno riparando le case poco danneggiate”. Una tesi confermata da Cialente che definisce tutto ciò “la nostra Waterloo”. Cominciamo dall’errore di calcolo.

Conti in rosso Le cifre dicono chiaramente che rispetto ai 7.181 aventi diritto a uno degli alloggi del Progetto Case in quanto proprietari di abitazioni classificate E ed F (quelle distrutte e le altre inutilizzabili perché vicine ad altre pericolanti) la Protezione civile ne ha costruite solo 5.565, ben 1.616 in meno del necessario. Con il risultato che altrettanti nuclei familiari composti da single giovani e anziani o da coppie sono rimaste senza l’alloggio. Questo errore, a sentire il Comune, è stato determinato dal fatto che il primo censimento dei danni avviato da Bertolaso venne fatto trascurando la ‘zona rossa’ del centro storico quasi completamente distrutta e lavorando sulla fascia della cinta urbana meno danneggiata. Questa circostanza, unita al fatto che spesso i fabbricati compresi nelle fredde statistiche non erano case monofamiliari ma condomini anche con più di 20 appartamenti, hanno favorito l’errore di stima che ha spinto Bertolaso a fine maggio a fare costruire soli 3.775 alloggi. A dire al verità, anche il Comune aveva avviato un suo screening basato sui dati dell’anagrafe che indicò in circa 12 mila i nuclei che potevano avere bisogno di nuove abitazioni. Ma Cialente, che pure racconta di avere portato queste stime a Bertolaso, non venne ascoltato. Così si è andati avanti nell’errore. Fino a metà agosto, quando alla Protezione civile sono arrivati i risultati di un altro censimento che fissava il numero delle famiglie con abitazione E ed F crollate o inutilizzabili in circa 13 mila. E di questi appunto 7.181 chiedevano l’alloggio del Progetto Case. Solo davanti all’evidenza di questi numeri Bertolaso si decide a rimediare ordinando la costruzione di altri 675 appartamenti, mentre Cialente chiede 1.600 Moduli abitativi provvisori (Map), le famose casette di legno, ottenendone però solo 1.115. Ma nemmeno questa accelerazione è sufficiente: all’appello continuano a mancare ancora 1.616 appartamenti per un totale di circa 2 mila persone che continuano ad alimentare l’esercito degli sfollati.
L’Espresso 12.02.10