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"Superiori, la riforma cancellerà i precari", di Fabio Luppino

Finirà così. Finirà che a partire dal prossimo settembre tutti gli insegnanti precari usciranno dalla scuola. Il ministero rassicurerà, ritornerà a promettere ammortizzatori sociali senza avere il becco di un euro e quant’altro. La riduzione oraria nelle superiori, così come nelle elementari e nelle medie (dove è operativa da un anno) abbinata al prosciugamento totale dei fondi per l’autonomia a questo porteranno. Ci saranno ancora forse una piccola porzione di incarichi annuali e supplenze temporanee nei licei. Anche no, vediamo perché. Esattamente in queste settimane le scuole stanno facendo delle proiezioni teoriche su quanti insegnanti serviranno, ipotizzando anche sulle iscrizioni che però si chiudono a fine marzo, la cui consistenza si saprà dopo Pasqua. Gli istituti tecnici hanno il taglio di ore più significativo perché la riforma partirà dal primo anno e toccherà anche i successivi tre, ad esclusione del quinto. Quattro ore perdute per ogni anno: 16 ore in tutto. Ci sono professori che già oggi sanno che le loro diciotto ore canoniche non le avranno più. Saranno spezzati su più scuole. Soprattutto in aree o troppo grandi o troppo piccole si creerà un discreto disagio con insegnanti che dovranno correre da una scuola all’altra, spesso distanti, con incastri di orari non agevoli, ovviamente tutto a loro spese: togliete su uno stipendio medio di milleequattrocento euro almeno cento per spostamenti obbligati perché il ministero vuole risparmiare e troverete, si fa per dire, un mondo di professionisti felici. Ma il problema è anche un altro. I cosiddetti spezzoni utilizzati per completamento orario sono possibilità rubate a colleghi precari che proprio quelli andavano a prendere per insegnare, vivere e fare un po’ di punteggio. Non ci saranno più. Sarà, dunque, un’altra guerra tra poveri, tra garantiti ma per nulla soddisfatti nel rapporto costi personali/ ricavi e non garantiti. I sindacati su questo punto avrebbero, poi, alzato le braccia puntando ad una tutela ferrea degli insegnanti di ruolo. Ricorrendo all’espediente dell’organico funzionale i sindacati dei prof tentano di evitare la frammentazione dell’attività di un docente su più scuole: consentire in quella di appartenenza il completamento orario con attività a progetto per coloro che dall’anno prossimo non arriveranno a completare le18da contratto previste nella propria materia. Esempio: ne hai quattordici in diritto, le altre quattro resterebbero a disposizioni per fare supplenza o per altre attività previste dalla scuola. Il ministero vorrebbe elevare a 21 quand’anche a 22 l’orario dei primi in graduatoria di ruolo e non occuparsi dei cosiddetti perdenti posto per contrazione oraria, ma almeno su questo i sindacati non dovrebbero cedere. Per i precari, comunque, non ci sarà granché da fare. E quando la riduzione oraria scatterà integrale anche nei licei il processo di sparizione cattedre temporanee sarà completato. Sarà contento Tremonti per il ritorno in bilanci, meno migliaia di famiglie italiane. Il processo, dunque, è inesorabile. La Cgil ha annunciato ricorso alla Corte costituzionale sulla cosiddetta riforma Gelmini: in effetti ci sono gli estremi per affermare la violazione del principio di eguaglianza perché vi è disparità di trattamento tra tecnici e licei. Ma i tempi di un pronunciamento sono lunghi e il taglio orario entrerà comunque in vigore. Quel che viene da chiedersi è perché una battaglia politica più consistente dal sindacato e dal centrosinistra non sia stata fatta prima. I primi a chiederselo sono i professori.
L’Unità 22.02.10