economia, lavoro

"Fiat si ferma, 30.000 lavoratori a casa", di Paolo Griseri

Linee ferme per due settimane in tutti gli stabilimenti di assemblaggio. È iniziato ieri il grande stop della Fiat: il più massiccio ricorso contemporaneo alla cassa integrazione degli ultimi decenni, 30 mila dipendenti a casa. È il segnale che il mercato, chiusa la stagione degli incentivi in Italia e in Germania, segna il passo. La decisione di non rinnovare i sussidi al mercato ha avuto come conseguenza un calo degli ordini del 50 per cento rispetto all´inizio dello scorso anno. Secondo Marchionne questo significa che nel 2010 in Italia si venderanno 350 mila auto in meno e che di queste almeno 150 mila saranno del gruppo Fiat.
Nel silenzio delle linee rimangono in piedi le proteste dei punti di crisi: Termini Imerese, Pomigliano e, da qualche giorno, Pratola Serra. La trattativa sul futuro occupazionale in Italia non sarà facile e attraverserà quasi certamente tutto il periodo elettorale. Nulla di ciò che è accaduto finora sembra in grado di far cambiare opinione al Lingotto: «Sul futuro di Termini Imerese abbiamo già detto tutto», ha ripetuto per tre volte ieri John Elkann, numero due della Fiat e principale azionista del gruppo.
Dunque su Termini non si torna indietro, nonostante le speranze manifestate ieri dal ministro Sacconi a Repubblica. Una certezza che spinge Guglielmo Epifani a commentare amaro: «Una Fiat che non ha a cuore il futuro degli stabilimenti italiani, non va bene. Evidentemente ha deciso di investire in altre aree». A far discutere è anche la scelta del Lingotto di pagare i premi ai manager e i dividenti agli azionisti: «La scelta di aumentare gli stipendi ai manager mal si concilia con le dichiarazioni dell´azienda che si dice in difficoltà e che parla di chiudere stabilimenti», osserva il leader della Cisl, Raffaele Bonanni.
Dopo la giornata di tensione di domenica, quando la polizia era intervenuta per rimuovere i blocchi attuati dagli operai ai cancelli, la situazione di fronte alla fabbrica dei motori di Pratola Serra è tornata relativamente calma. Ieri si è svolto un Consiglio provinciale straordinario che da Avellino si è poi trasferito di fronte allo stabilimento. I dipendenti, interessati come i loro colleghi di Pomigliano da una massiccia dose di cassa integrazione, temono che il loro futuro sia in bilico. I motori di gamma medio alta sono infatti quelli che risentono prima degli effetti della crisi e la decisione del Lingotto di trasferire a Cassino la produzione del segmento C portando a Pomigliano la piccola Panda, giustifica le apprensioni delle tute blu avellinesi. La scelta di ricorrere alla polizia per far entrare i tir che trasportano i motori ha reso la situazione incandescente: «Il denaro speso per pagare gli straordinari agli agenti – ha commentato sarcastico Giorgio Creamschi della Fiom – è stato il primo vero intervento del governo nella vicenda Fiat». Sul futuro di Pratola Serra azienda governo e sindacati si incontreranno a Roma venerdì.
La Repubblica 23.02.10