ambiente

Catastrofe ecologica

L’onda nera di combustibili e gasolio fuoriuscita dal deposito della Lombarda Petroli ha raggiunto il Po. Le barriere non sono riuscite a fermarla. Marevivo: «A rischio 10mila specie». L’allarme lanciato con tre ore di ritardo.
Una devastazione ecologica senza precedenti, un atto terroristico contro l’ambiente. Non usa mezzi termini Dario Allevi il presidente della Provincia di Monza e Brianza durante la conferenza stampa al depuratore del fiume Lambro. L’onda scura di combustibili e gasolio fuoriuscita lunedì dal deposito della Lombarda Petroli di Villa Santa (Monza), ha raggiunto nelle prime ore della mattinata di ieri il fiume Po. Vani gli sforzi di Arpa e protezione civile per arginare l’ondata di idrocarburi: le barriere non sono riuscite a contenere la pressione sul fondo della corrente.

A rischio ora sono soprattutto le aree agricole del lodigiano e del piacentino e della Bassa padana. «È difficile fare delle stime dei danni economici ed ambientali in questo momento», spiega Barbara Meggetto, direttore di Legambiente Lombardia. «Dobbiamo aspettarci una situazione gravissima». L’associazione ha invocato per questo lo stato di emergenza nazionale. L’assessore regionale al Territorio, Davide Boni, ha invece anticipato che la Regione Lombardia chiederà al governo lo stato di calamità per assicurare in tempi brevi il finanziamento degli interventi.

«Un eventuale riversamento in mare potrebbe compromette l’ecosistema marino»: è l’allarme che lancia Rosalba Giugni, presidente dell’Associazione Marevivo, che aggiunge: «Oltre 10mila specie sono a rischio potenziale». La compagnia Lombarda Petroli non ha rilasciato informazioni certe relative alla quantità di inquinanti riversata nel Lambro, ma nei prossimi giorni i tecnici Arpa potrebbero trovare le cifre. Le stime offerte si aggirano su 15mila metri cubi, ma non ci sono conferme al momento. Inizialmente si sarebbero dispersi nell’area industriale per poi entrare nel sistema di fognature e confluire poi nel fiume Lambro, da anni la cloaca degli stabilimenti brianzoli.

Non ci sono più dubbi, invece, sulle cause dell’incidente. Un atto doloso portato avanti da ignoti, probabilmente interessati a danneggiare l’azienda, da vari anni alle prese con problemi economici e licenziamenti. La struttura, localizzata nei pressi del centro di Monza, versa in condizioni terribili tra cisterne arrugginite e autobotti abbandonate nei parcheggi. Ora però la stessa Lombarda Petroli di Giuseppe Tagliabue rischia di essere incriminata. Secondo la procura di Monza sarebbero passate oltre tre ore dal momento dell’incidente e dai primi soccorsi.

«Siamo stati noi a contattare la Lombarda petroli» specifica Filippo Carimati, presidente di Bianzacque, società che gestisce il depuratore di Monza, «e non loro. Un fatto gravissimo che delinea responsabilità da parte dell’azienda». Se infatti la Lombarda petroli avesse contattato la Polizia provinciale per denunciare tempestivamente l’avvenuto, grazie alla regolazione dei flussi del depuratore si sarebbe potuto contenere anche la prima ondata fuoriuscita che ora ha raggiunto il fiume Po. «Grazie all’abile lavoro dei tecnici», continua il presidente di Brianzacque, «siamo comunque riusciti a contenere il 70% degli idrocarburi fuoriusciti.

L’omissione dell’avviso dell’accaduto è stata fatale: si sarebbe potuto limitare ulteriormente il disastro». In questo momento si lavora alacremente al depuratore di Monza per eliminare la melma oleosa. In tre settimane tornerà in funzione dopo essere stato bonificato e ristrutturato. Intanto tonnellate di elementi inquinanti e scarichi industriali confluiranno nelle acque del Lambro, aggravando ancor di più la situazione. Corrono ai ripari i Comuni bagnati dal fiume, le cui amministrazioni si costituiranno parte civile per far fronte ai danni subiti. Preoccupati i cittadini. L’aria tra Monza e Pavia è infestata dagli effluvi tossici. «è impressionante», commenta Franco di Milano. «Sembra un crema nera».

E, di fronte ad un bicchiere d’acqua del rubinetto, nonostante le rassicurazioni delle autorità, rimane insoluto un inquietante sospetto.

Terranews 25.02.10

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“Lambro, dietro quel sabotaggio appalti e un progetto milionario”, di Gabriele Cereda

Quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici ecosostenibili: così dovrebbe cambiare il volto dell’antico complesso industriale di Monza da cui qualcuno ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro e il Po. La Procura indaga sul sottobosco degli appalti.
È un affare da mezzo miliardo di euro, un progetto faraonico da 187mila metri quadrati su un terreno di 309mila. Ed è previsto proprio sui terreni della Lombarda Petroli, l´ex raffineria di Villasanta a Monza da cui qualcuno, nella notte tra lunedì e martedì, ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro per poi riversarsi nel Po.
Su quell´impianto, e sui terreni che lo circondano, dovrebbero sorgere appartamenti, negozi, capannoni industriali, un grande centro direzionale. In una parola, Ecocity: così lo ha battezzato la Addamiano Engineering di Nova Milanese, che vuole realizzare tutto ciò. Un progetto che da qualche tempo sembra segnare il passo, frenato da una serie di difficoltà economiche, e sul quale ora la catastrofe del Lambro si abbatte con la forza di un ciclone. E le indagini dei carabinieri, della polizia provinciale e del Noe, il nucleo ecologico dell´Arma, sembrano avere già imboccato una direzione precisa: quella del sottobosco dei subappalti.
La Procura di Monza ha aperto un fascicolo per disastro ambientale e avvelenamento delle acque a carico di ignoti. Nessun dubbio che si sia trattato di un sabotaggio a cui hanno preso parte almeno tre persone. Per svuotare le cisterne è necessario sbloccare le valvole, attivare nella giusta sequenza tre comandi e attendere che gli idrocarburi vengano aspirati dal fondo e pompati in apposite tubature. Solo a questo punto si possono aprire le ultime paratie che dovrebbero essere collegate ad autobotti. L´amministratore delegato della Lombarda Petroli, Giuseppe Tagliabue, è stato interrogato a lungo. Sarebbero emerse gravi carenze nella sicurezza dell´impianto.

Nei prossimi giorni verrà sentita anche la famiglia Addamiano: i fratelli Giosuè, Rosario e Matteo, alla guida del holding Addamiano Engineering di Nova Milanese, fondata negli anni Sessanta. I costruttori si sono presentati ai cancelli della Lombarda Petroli per verificare di persona quanto accaduto sui terreni dove a breve prenderà il via il loro progetto di riqualificazione urbana. L´idea di Ecocity è trasformare l´ex raffineria in una cittadella ecosostenibile. Il masterplan è stato realizzato dall´architetto Massimo Roj in collaborazione con progettisti del Politecnico. La prima parte, 80mila metri quadri dedicati all´industria, è già stata realizzati.

Presto dovrebbe partire l´intervento per la costruzione della zona residenziale, altri 36mila metri quadri. Ed entro due anni dovrebbe essere aperto il cantiere per l´edificazione dell´ultima parte, quella direzionale (44mila metri quadri), che si troverebbe proprio dove oggi ci sono le cisterne del deposito carburanti della Lombarda Petroli da cui è uscita la terrificante onda nera che ora avanza lungo il Po. Nel quartiere svetteranno proprio due delle cisterne, simbolo della old economy, reperto di archeologia industriale, che saranno inserite nel nuovo contesto fatto di verde, piazze e piste ciclabili. «È prematuro dire se quanto accaduto rallenterà il nostro lavoro» fanno sapere gli Addamiano. Di certo c´è che questa non è la loro unica opera di lottizzazione di grosse dimensioni.

Sparsi da Nord a Sud, gli Addamiano hanno disseminato l´Italia di quartieri ecosostenibili, ma in questo momento soffrono di scarsa liquidità come molti imprenditori del settore. Un dato, quest´ultimo, che non è sfuggito agli inquirenti che hanno deciso di compiere una serie di accertamenti proprio in questa direzione. E la pista degli interessi legati al mattone prende corpo anche nelle dichiarazioni del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, che ha dichiarato: «Se la magistratura dovesse individuare nella speculazione edilizia il movente di quest´azione criminalesarebbe necessario porre un vincolo urbanistico su tutte le aree attorno al Lambro».

L´ex raffineria della Lombarda Petroli non è per la verità nelle vicinanze del fiume ferito, ma il sospetto che dietro il sabotaggio alle cisterne ci sia un qualche misterioso interesse legato al futuro di tutta quell´area è la principale pista su cui, per ora, si stanno concentrando procura e carabinieri
La Repubblica 25.02.10