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"Cassazione choc: via clandestini anche se hanno figli a scuola", di Roberto Monteforte

È legittima l’espulsione del genitore clandestino, anche se i figli vanno ancora a scuola in Italia. Deve lasciare il paese, a meno che non ci siano «eventi o necessità eccezionali del bambino», che non possono essere però «l’assolvimento» dell’obbligo scolastico. Lo stabilisce la sentenza numero 5856 della Cassazione. La sicurezza prevale sul diritto allo studio e la presenza di figli minori «non può essere strumentalizzata» per «legittimare l’inserimento di famiglie straniere» irregolari in Italia. È una sentenza che fa discutere e che divide. Occorre attendere il dispositivo per valutarla appieno. C’è chi la considera contraddittoria con sentenze precedenti, attente allo sviluppo dei minori, figli di immigrati. Plaude, convinto, il centrodestra. Muovono le loro critiche il centrosinistra, le associazioni e le organizzazioni che si occupano di immigrazione, la Chiesa e non nascondono le loro preoccupazioni gli organismi internazionali. «Ritengo giusta la sentenza dei giudici. La scuola italiana è pronta ad accogliere i bambini in difficoltà e a supportarli inun percorso educativo che li prepari e li formi » commenta il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini che aggiunge: «Non si può giustificare chi utilizza i bambini e li strumentalizza per sanare situazioni di illegalità ». Stesso tono il ministro «leghista » Roberto Calderoli. «La sentenza della Cassazione ristabilisce lo stato di diritto» osserva. «Stupiscono queste sentenze così contraddittorie della Cassazione, anche se è vero che devono valutare caso per caso e non si deve trarre dal suo pronunciamento indicazioni di tipo generale» afferma, invece, Livia Turco, presidente Forum Immigrazione del Pd. «Sarebbe grave – aggiunge – che i diritti dei minori fossero subordinati alla situazione di irregolarità nel permesso di soggiorno dei genitori». E ricorda gli obblighi fissati dalla Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia. Non nasconde la sua contrarietà monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i migranti, «perché – spiega – deve anche essere tenuto presente nella situazione di irregolarità quella che è la realtà dell’educazione dei figli». «Se il sistema non difende i bambini è un sistema sbagliato» commenta il presidente delle Acli, Olivero. Disco rosso anche dalla Cgil che ritiene la sentenza «frutto di una normativa confusa, che cerca di tenere insieme la difesa dei diritti umani, inclusa quella dei minori, con la volontà di criminalizzare gli stranieri». La Cassazione, però, non minerebbe il principio di fondo, cioè la tutela del diritto del minore che «rimane invariato». La Cassazione «ribalta una precedente sentenza di senso contrario, e non tiene in considerazione il principio che dovrebbe essere prevalente dell’interesse superiore del minore, che in questo caso, sembra cedere il passo al principio della sicurezza delle frontiere » afferma Laura Boldrini, portavoce dell’alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Non nasconde la sua «grande e seria preoccupazione» per la decisione della Cassazione l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, in visita in Italia, che ha chiesto chiarimenti al ministro degli esteri Frattini. «Seguiremo questa questione» Pillay.
L’Unità 12.03.10

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Clandestini, figli di serie B

Con una sentenza sconcertante la Corte di Cassazione ha sancito che i clandestini, anche se hanno figli minori che studiano in Italia, vanno comunque espulsi dal territorio nazionale, anche se il distacco dai genitori comportasse per i bambini un trauma affettivo. La suprema Corte mette in primo piano la tutela della legalità delle frontiere rispetto alla tutela della famiglia, dell’infanzia e dei diritti fondamentali della persona
E’ legittima l’espulsione del genitore clandestino anche se i figli vanno ancora a scuola in Italia e il clandestino deve lasciare il paese, se non ci sono eventi o necessità eccezionali del bambino, che sarà quindi accudito dall’altro genitore munito di permesso di soggiorno. Lo ha ribadito la Corte di cassazione che, con la sentenza numero 5856 del 10 marzo 2010, confermando la giurisprudenza prevalente e prendendo le distanze da due sole isolate recenti decisioni, ha confermato l’espulsione di un immigrato albanese, con moglie in attesa della cittadinanza italiana e due figli minori residente a Busto Arsizio, nel varesotto.
Il diritto dell’immigrato a rimanere nel territorio italiano per evitare l’allontanamento dai figli minori ivi residenti e dalla moglie, essendo collegato alla primaria tutela del superiore interesse del fanciullo, si perfeziona – spiega il sito Cassazione.net – esclusivamente nel caso in cui dall’allontanamento del genitore scaturisca un sicuro danno per i figli. Il semplice fatto che i bimbi siano inseriti a scuola, non è rilevante ai fini dell’espulsione del genitore.

Con una sentenza sconcertante che viola tutti gli accordi e le disposizioni internazionali a tutela dei diritti umani (la n. 5856), la Corte di Cassazione ha sancito che i clandestini, anche se hanno figli minori che studiano in Italia, vanno comunque espulsi dal territorio nazionale, anche se il distacco dai genitori comportasse per i bambini un trauma affettivo. Con questa sentenza la Cassazione mette in primo piano la tutela della legalità delle frontiere rispetto alla tutela della famiglia, dell’infanzia e dei diritti fondamentali della persona.

Per quanto riguarda la sentenza, l’uomo voleva l’autorizzazione a restare in Italia in nome del diritto del ‘sano sviluppo psicofisico’ dei suoi bambini, che sarebbe stato alterato dal suo allontanamento. I supremi giudici gli hanno risposto che è consentito ai clandestini la permanenza in Italia per un periodo di tempo determinato solo in nome di “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se determinati da una situazione d’emergenza”. Queste situazioni d’emergenza, però, non sono quelle che hanno una “tendenziale stabilità”, come la frequenza della scuola da parte dei minori e il normale processo educativo formativo che sono situazioni di “essenziale normalità”. Se così non fosse, dice la Cassazione, le norme che consentano la permanenza per motivi d’emergenza anche a chi è clandestino finirebbero con il “legittimare l’inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l’infanzia”.
La precedente sentenza della stessa Cassazione che autorizzava la permanenza di un clandestino per gli stessi motivi viene definita “riduttiva in quanto orientata alla sola salvaguardia delle esigenze del minore, omettendone l’inquadramento sistematico nel complessivo impianto normativo”.

Mentre il centrodestra plaude alla decisione dei giudici sullabase delprincipio che “non si possono strumentalizzare i minori che non possono diventare un salvacondotto per i clanestini”, insorge il centrosinistra.
Secondo il portavoce nazionale della Federazione della Sinistra, Paolo Ferrero, “la marcia indietro della Cassazione, che smentisce una precedente e recente sentenza di avviso opposto, corrisponde a una sentenza inumana e indegna di un Paese civile”. Con questa sentenza, sottolinea Ferrero, “l’esigenza di garantire la tutela della legalità alle frontiere prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori. Una norma davvero inumana e aberrante”, ribadisce il segretario di Rifondazione comunista.

“Stupiscono queste sentenze così contraddittorie della Cassazione, anche se è vero che devono valutare caso per caso e non si deve trarre dal suo pronunciamento un’indicazione di tipo generale”, dice Livia Turco, presidente del Forum Immigrazione del Pd. “Sarebbe gravissimo che i diritti dei minori fossero subordinati alla situazione di irregolarità nel permesso di soggiorno dei genitori – aggiunge -, la nostra stella polare è la Convenzione dell’Onu sui diritti dell`infanzia la quale dice che ci sono dei diritti che devono essere riconosciuti al minore in quanto tale”.
“Tra l’altro la situazione di irregolarità molte volte è dovuta all’inefficienza della nostra macchina amministrativa e dai tempi brevi dei permessi di soggiorno – conclude -. Le tutele dei minori stranieri nel nostro paese vanno rafforzate e non indebolite”.

Per l’organizzazione umanitaria EveryOne, la Cassazione si “contrappone a tutte le norme che tutelano i diritti dei migranti e dei rifugiati, nonché alla Convenzione Onu per i Diritti del Fanciullo e alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea”. “Questo evento”, proseguono i rappresentanti del Gruppo EveryOne, “dimostra come ormai nel nostro Paese né la politica, né le forze dell’ordine, né la magistratura attribuiscano ormai la minima considerazione alle disposizioni dell’Unione europea e alle norme internazionali che tutelano le minoranze sociali”.
Il Gruppo EveryOne, che sta redigendo un documento di denuncia da presentare all’Unicef, all’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani e all’Alto Commissario Onu per i Diritti dei Rifugiati e che sta curando direttamente casi di genitori a rischio di espulsione nei Cie con bambini minori che studiano in Italia, ha chiesto, con una lettera indirizzata al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e al presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek, che le istituzioni europee “riportino l’Italia e il suo Governo sulla via dei diritti umani, pena la rinascita di un movimento simile a quello nazional-socialista, che riporterebbe l’Europa verso un nuovo medioevo”.
“Oggi stesso”, concludono i co-presidenti dell’organizzazione umaniaria Malini, Pegoraro e Picciau, “chiederemo in via ufficiale un appuntamento urgente al Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, affinché intervenga direttamente sulla questione, impedendo che questo nuovo orrore porti ancora più disperazione nella vita quotidiana di una minoranza, quella dei migranti, già duramente perseguitata da autorità e istituzioni.
da Aprile on line 12.03.10

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La Cassazione: via i clandestini anche se i figli frequentano la scuola

Poco importa che i figli piccoli dei clandestini «si siano inseriti con profitto» nelle nostre scuole dell’obbligo e «che qui abbiano intrecciato stabili amicizie». Gli immigrati irregolari vanno espulsi lo stesso dall’Italia, anche se sostengono che questa misura provocherebbe un «trauma sentimentale» e un calo nel rendimento scolastico dei minori. Così ha deciso ieri la prima sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza numero 5856, respingendo il ricorso di un clandestino albanese che vive a Busto Arsizio (Varese) con due figli e la moglie, munita già di permesso di soggiorno e in attesa della cittadinanza italiana. Adesso potrebbero essere a rischio di espulsione, secondo una stima della Cgil, tra i 30 mila e i 50 mila genitori stranieri irregolari con i bambini iscritti a scuola.

Il cittadino albanese aveva chiesto l’autorizzazione a restare nel nostro Paese in nome del diritto al «sano sviluppo psicofisico» dei suoi figli. Ma la suprema Corte ha detto no, ribaltando pure una sua precedente sentenza, la numero 823 del 19 gennaio scorso: la tutela della legalità delle frontiere prevale, ora, sul diritto allo studio dei minori. Gli ermellini, citando l’articolo 31 del testo unico sull’immigrazione, hanno ricordato, nel provvedimento, che la permanenza in Italia per un periodo di tempo determinato è permessa solo in nome di «gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se determinati da una situazione d’emergenza». Ma frequentare la scuola, per la Cassazione, non può definirsi «emergenza». Ragionando così— chiosano i giudici di piazza Cavour— si finirebbe per «legittimare l’inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l’infanzia».

La sentenza, naturalmente, ha scatenato una ridda di reazioni: «Provvedimento giusto — secondo il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini —. La scuola italiana è pronta ad accogliere i bambini in difficoltà. Il nostro sistema ha sempre incluso e mai escluso. E le colpe dei genitori non possono ricadere sui figli. La legge è chiara e va rispettata, non si può giustificare chi utilizza i bambini e li strumentalizza per sanare situazioni di illegalità». La Cgil, invece, è critica: «La sentenza è il frutto di una normativa confusa, che cerca di tenere insieme la difesa dei diritti umani, inclusa quella dei minori, con la volontà di criminalizzare gli stranieri». «Norma inumana e aberrante — commenta Paolo Ferrero, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra —. Ma l’Italia non era il Paese dove si difendeva la famiglia?». S’indigna don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele: «Ogni bambino ha il diritto di avere a fianco i propri genitori nel suo percorso di crescita, che sia italiano o figlio di migranti». Più prudente, l’alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay: «Come giudice non posso esprimermi su una sentenza senza averla prima letta. Ma, se è così, è una decisione preoccupante. Tuttavia ho ricevuto garanzie e assicurazioni dal ministro Frattini riguardo la protezione e la tutela dei bambini figli di immigrati». È d’accordo con la suprema Corte il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Carlo Giovanardi, che ha la delega alle politiche familiari: «Ma bisogna distinguere caso per caso», suggerisce cauto.

Così, Roberto Salvan, direttore di Unicef Italia, pensa ai due bambini di Busto Arsizio: «Riceveranno comunque un contraccolpo negativo dall’allontanamento del padre— osserva —. La verità è che le norme sono contraddittorie, il legislatore dovrebbe mettere un po’ d’ordine». «La nostra stella polare è la Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia — taglia corto Livia Turco, presidente del Forum immigrazione del Pd —. Ci sono dei diritti, cioè, che devono essere riconosciuti al minore in quanto tale. Tra l’altro la situazione di irregolarità dei genitori molte volte è dovuta all’inefficienza della nostra macchina amministrativa e dai tempi brevi dei permessi di soggiorno. Le tutele dei minori stranieri nel nostro Paese vanno rafforzate e non indebolite». «La Cassazione verifica caso per caso— conclude Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas Italiana —. Penso quindi che nel caso di Busto Arsizio abbia verificato che non veniva pregiudicato lo sviluppo psicofisico del minore». La sentenza, insomma, non dovrebbe rappresentare «un pericolo».
Il Corriere della Sera 12.03.10