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"Asinara, l'isola operaia in un vecchio carcere", di Rinaldo Gianola

La motonave «Sara D.» attracca al piccolo molo di Cala Reale all’isola dell’Asinara. Il maresciallo dei carabinieri, un piemontese pallido e gentile, si fa subito incontro per verificare che tra i passeggeri non ci siano sorprese. Oggi c’è una delegazione di lavoratrici del call center Electa di Sassari, in 230 sono rimaste senza lavoro e stipendio. Hanno un vassoio con i pasticcini. La signora Cinzia Leoni, 42 anni, si è portata anche la figlia: «Così impara come lotta la mamma per difendere uno straccio di diritto al lavoro».
Il sindaco di Porto Torres, Luciano Mura, ha organizzato un furgone con un po’ di viveri. Ora bisogna salire qualche chilometro per raggiungere i lavoratori della Vinyls, l’azienda chimica sull’orlo del disastro, quelli che due settimane fa hanno deciso di occupare una vecchia struttura carceraria per farsi ascoltare. Vivono qui, si danno i turni, dormono nelle celle. Questa è «L’isola dei cassintegrati». È una delle tante storie di crisi e lavoro, della difficoltà di questo paese, ostaggio di Berlusconi e di un governo incapace, di ritrovare il filo della solidarietà e della giustizia. I lavoratori hanno usato il richiamo di una stupida e popolare trasmissione tv perché, purtroppo, era l’unico modo per suscitare l’attenzione della politica, delle istituzioni, delle televisioni.
Glauco, dell’Ente parco, prende la jeep e guida sulla stretta strada all’interno dell’isola. Questo è un posto che fa perdere la testa, un’isola di una bellezza commovente. Si sale a strapiombo sul mare, tra i colori forti di una vegetazione generosa mentre le pernici attraversano tranquille la strada. Per oltre un secolo, dal 1885 fino al 1997, quest’isola è stata deputata ai detenuti di ogni risma, dai killer passionali fino ai mafiosi passando per i brigatisti rossi. Un luogo isolato dove venivano confinati marinai e militari colpiti da malattie impronunciabili. La strada s’inerpica, poi scende all’improvviso verso Cala d’Oliva, quattro case sul mare.

C’è la “Foresteria” bianca e rossa che ospitò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino al tempo in cui stavano preparando l’atto d’accusa al maxiprocesso contro la mafia. Pare che i due magistrati pagassero di tasca propria il soggiorno, lo Stato forse non se lo poteva permettere. Duecento metri più sopra compare la sagoma inquietante del bunker, il carcere che ospitava Totò Riina, noto anche come “la discoteca” perché le luci erano sempre accese, giorno e notte. Ancora una curva ed ecco il “Penitenziario Direzione Centrale”: questa è la casa degli operai della Vinyls. Una vecchia struttura carceraria, bianca e bassa, evoca un’architettura spagnola. Quattro lunghi lati, che ospitavano le celle e i vari servizi del carcere, sono i confini di un grande cortile. I lavoratori sono contenti di vedere qualche volto amico, ci si scambia baci e abbracci. Piove e fa freddo. Nella cella numero 2 l’Unità parla con gli occupanti.

Marco Olia ha 31 anni, appena due anni fa era riuscito a ottenere un contratto a tempo indeterminato. Si siede sulla brandina. «Ho fatto il taglio tattico» dice, mostrando la testa tutta rasata, «perché io da qui non me ne vado finché non ho la certezza che la nostra fabbrica ha ripreso a funzionare». La sua storia è iniziata come una favola e si è trasformata in un incubo. Racconta: «Ho lavorato due anni a Parma, poi altri sette anni a Porto Torres come capo officina. Un paio d’anni fa ho deciso di entrare al polo chimico perché anche se guadagnavo di meno il posto mi sembrava più sicuro, l’azienda era solida, una multinazionale. Ma, all’improvviso, ci siamo trovati sbattuti da una parte all’altra, abbiamo cambiato padroni, fino ad arrivare a questa situazione fallimentare. Avevo pianificato di sposarmi l’anno prossimo, invece non ce la faccio, ho bloccato il mutuo». Perché siete venuti all’Asinara, in carcere? «Perché vogliamo una risposta. Siamo stati sessanta giorni dentro la Torre Aragonese di Porto Torres e nessuno si è occupato di noi. Ora siamo qui, Simona Ventura fa la sua isola dei famosi e noi che famosi non siamo facciamo l’isola dei cassintegrati».
I dipendenti della Vinyls con le loro disgrazie si possono ritrovare sulla cartina geografica tra le vittime della crisi italiana: Porto Marghera, Ravenna, il petrolchimico di Porto Torres. Il “ciclo del cloro” potrebbe garantire industria e profitti, ma non c’è un imprenditore credibile che si metta in gioco. L’Eni se ne frega e conta i miliardi di utile. L’azionista di maggioranza, il ministro Giulio Tremonti, incassa il ricco dividendo, pensa ad altro, certo non alla chimica. Il problema non è solo industriale, è soprattutto sociale: dove li mettiamo questi trentenni senza occupazione, che hanno smarrito le speranze nel futuro?
L’Unità 14.03.10

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