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"Istruzione in proprio: all´estero è boom. E l´Italia segue l´esempio", di Paola Coppola

È un fenomeno in crescita ed è un campanello d´allarme per il nostro sistema scolastico, che viene messo in discussione. La diffusione dell´educazione parentale, poi, priva i ragazzi del contesto sociale. Negli Usa 2 milioni di bimbi studiano con i genitori, 20 mila in Inghilterra e 3 mila in Francia. Da noi centinaia di mamme fanno lezione ai loro figli e si scambiano consigli sul web. Sandro e John non vanno a scuola. Le sorelle Alma e Adele ne fanno una su misura. Cristina prenderà la maturità, non è mai stata in classe e, dice, «non mi manca affatto». Sono i bambini e i ragazzi italiani che, senza alcuna nostalgia della scuola, fanno lezione tra le pareti domestiche. Studiano con i genitori, con una sorta di precettore come si faceva all´inizio del secolo scorso, o in piccoli gruppi sulla falsa riga dei programmi ministeriali. Hanno orari flessibili e piani di studio modificati in base alle inclinazioni personali. Gli homeschoolers sono circa due milioni negli Stati Uniti, migliaia in Francia, anche da noi «sono diventati un fenomeno in crescita», osserva Sandra Chistolini, ordinario di Pedagogia all´università di RomaTre. «Sbaglia il ministero a considerarlo residuale tanto da non censirlo, perché in Italia oggi rappresentano la risposta delle famiglie alla crisi della scuola pubblica». Più di 200 bambini fanno istruzione parentale, secondo la Rete italiana scuola famigliare. E sono centinaia le famiglie che su Internet ogni giorno si scambiano consigli attraverso i “blog delle mamme” e si cercano nei gruppi di discussione dedicati al tema, come quello di Yahoo che conta oltre 300 iscritti. «La scuola non rispetta i bisogni naturali dei bambini: le nostre famiglie vogliono riappropriarsi del proprio tempo – racconta Francesco D´Ingiullo, segretario della Rete -. E, mentre l´Education Otherwise è consultata dalla scuola pubblica inglese, qui alcuni direttori didattici non conoscono le leggi sulla scuola familiare e negano questo diritto frapponendo mille difficoltà».
“La scuola non è obbligatoria, l´istruzione sì”: questo il principio a cui si ispira chi decide di fare scuola a casa. Un´alternativa prevista dalla Costituzione e dalle leggi. I genitori devono solo dimostrare di avere mezzi e competenze necessari, comunicare la decisione alla direzione didattica e presentare il figlio agli esami. Le esperienze di chi fa homeschooling formano una mappa variegata: in fuga dagli episodi di bullismo, alla ricerca del meglio, alcuni si ispirano alla scuola steineriana, altri al metodo Montessori. Comuni le critiche alla scuola dell´obbligo: standardizzata, distratta rispetto alle inclinazioni del bambino, noiosa per quelli precoci. È una sorta di “homeschooling di ritorno” quella che Sybille Kramer, 36 anni, del Sudtirolo, ha scelto per i propri figli. Sul suo blog (buntglas.wordpress.com) si descrive come una mamma che “impara insieme a John, 14 anni, e Sandro, 11 anni”. «Mio figlio era iscritto a una scuola montessoriana che ha chiuso nel 2008 – racconta -. Ho provato a iscrivere mio figlio alla scuola pubblica, ma lui non voleva andarci». Gli insegnanti le hanno suggerito di provare a casa: John ora fa la terza media, e l´anno prossimo andrà a studiare in una scuola pubblica. Sandro, che lo ha seguito, deve fare gli esami di quinta. «Scegliamo i temi da affrontare in base ai loro interessi e ai programmi ministeriali. Come testi scolastici usiamo libri in inglese, qualche manuale in italiano e molti audiobook della biblioteca», spiega Sybille. «Non simuliamo le lezioni in classe, e la direzione scolastica non ci ha mai ostacolato. Tengo il blog per trasparenza».
Si occupa di scuole alternative da anni, Francesco Codello, dirigente scolastico di una scuola statale di Treviso e anima dell´International Democratic Education Network. «L´istruzione parentale è uno stimolo per la scuola statale: viene scelta soprattutto per la scuola dell´infanzia e le elementari, dove si concentra l´incremento di bambini che restano a casa, meno alle medie». Alla fine di aprile, a Verona si terrà l´incontro nazionale di chi fa scuole alternative, che darà voce anche a queste esperienze. A Cusinati di Rosà, vicino Bassano del Grappa, un gruppo di genitori ha creato la “scuola del buonsenso”. In una stanza in affitto hanno costituito una classe: 9 bambini in prima elementare, una in seconda. Credono in una pedagogia alternativa, non potrebbero permettersi una scuola privata, raccontano sul sito “La pappa dolce”. Così hanno optato per «una forma meno casalinga di scuola parentale». Alessia Bortoli ha due gemelle, Alma e Adele, in questa classe-mignon. «È meno comodo del pacchetto completo che ti offre la scuola, dove però una maestra da sola deve seguire anche 27 alunni. Noi ci diamo tempi non imposti dalla legge». La maestra che li segue è Maria Martino. «Qui pratichiamo un insegnamento individualizzato, usando diversi metodi», spiega. Elena sta raccogliendo informazioni. È una mamma blogger di 37 anni con due figlie di 3 anni e 18 mesi, e due part-time: «Per fare lezione a casa serve tempo e denaro, ma per la maggiore vorrei qualcosa di meglio della scuola».
L´homeschooling, però, non è esente da critiche. «La scuola pubblica per l´Italia è stata un´importante conquista sociale, la diffusione di quella parentale disperde questo patrimonio ed è un campanello d´allarme», avverte la docente Chistolini. «In altri Paesi la scuola parentale viene gestita dall´autorità didattica, da noi non c´è controllo. Ma a casa salta il concetto di scuola e l´istruzione è finalizzata allo strumento». E attacca: «Questo modello ha delle contraddizioni: priva i ragazzi della relazione con il contesto e gli effetti si vedranno quando saranno adulti». I genitori che scelgono la scuola informale hanno un livello di istruzione elevato e un reddito medio-alto, molte mamme non lavorano. Roberta Ferruti, romana, l´aveva scelta già prima del parto. «Io e mio marito abbiamo una visione critica della scuola, così abbiamo deciso di far studiare a casa Cristina e Alice». Due alunne eccellenti. Alice è iscritta a un istituto d´arte e frequenta due giorni a settimana, d´accordo con gli insegnanti. Cristina sosterrà l´esame di maturità. Studiano al conservatorio, suonano nell´orchestra junior di Santa Cecilia. Cristina pensa al futuro: «Mi iscriverò all´università o all´Accademia di arte drammatica».
La Repubblica 06.04.10