partito democratico, politica italiana

Basta chiacchiere, ora riforme vere

Bersani a tutto campo a Otto e mezzo: “Si parta da un piano anticrisi che aiuti la gente. Poi si facciano riforme vere: se a destra accettano siamo disposti a votare domani per Senato federale e taglio dei parlamentari”. Sulla legge elettorale: “Se non cambia obbligatoriamente sceglieremo i parlamentari con le primarie”. E sul presidenzialismo: “Se Berlusconi ci vuole come il Sud America anni ’70, diciamo no!”. “Se le riforme servono a risolvere i problemi del paesi noi siamo a discutere se invece si tratta di risolvere le aspettative di Berlusconi non ne vale la pena. Penso anch’io sia ora di voltare pagina, non so se lo pensa Berlusconi”. È solo la prima stilettata di un Pier Luigi Bersani a tutto campo, ospitato da Lili Gruber a Otto e mezzo. Rispondendo alle domande della giornalista di La 7, e dell’intervistatore d’eccezione Diego Bianchi, il segretario PD traccia un quadro che a dalle riforme istituzionali, al federalismo, alle recenti elezioni regionali.

Riforme: basta con le chiacchiere del governo. Bersani si rivolge a Umberto Bossi e Silvio Berlusconi per ribadire la priorità di intervenire davvero sui temi economici e sociali perchè, avverte: “Se passiamo ancora un anno o due a chiacchierare di riforma istituzionale senza nulla concludere e dimenticandoci di quello che chiede il paese, cioè di intervenire sulla crisi, il distacco dei cittadini dalla politica è destinato a diventare una voragine”. Secondo il segretario PD bisogna perciò “partire da un piano anticrisi. Si può discutere di riforme, noi i nostri paletti e le nostre proposte le abbiamo dette ma loro cosa dicono? Cosa hanno detto fin qui di preciso?”. L’augurio è che nel colloquio di stasera Bossi e Berlusconi “si chiariscano le idee e che vengano poi in Parlamento”. Il PD intanto non manca di porre, ancora una volta, sul piatto le grandi riforme istituzionali: “Per noi sono cinque: il senato federale, la riduzione del numero dei parlamentari, l’annullamento del bicameralismo perfetto, una nuova legge elettorale e una legge che tagli i costi della politica”. Conoscendo però l’ostilità della maggioranza alle ultime tre proposte, Bersani propone di partire da un paio di punti su cui “sono tutti d’accordo: il senato federale e la riduzione del numero dei parlamentari, domani mattina facciamo quelle – suggerisce -. Ma di chiacchiere ne abbiamo fin sopra i, pochi peraltro, capelli”.

Presidenzialismo? Berlusconi punta al Sud America. Quanto all’ipotesi di semipresidenzialismo avanzata da alcuni esponenti della maggioranza Bersani ha osservato: “Ne ho sentite di tutte le razze in questi giorni, ci sono democrazie come Usa e Francia in cui funziona ma ci si rende conto che per modelli così bisogna scaravoltare enne cose? Servono pesi e contrappesi, non si può fare il presidenzialismo con questa legge elettorale, che è assurda, con questa legge sul conflitto interessi, se pensano di far vedere alla gente che possiamo somigliare agli Usa e invece finiamo con il somigliare al Sud America di qualche decennio fa noi non siamo d’accordo”.

Regionali e territorio: il radicamento non è mai abbastanza. Partendo dall’analisi delle recenti elezioni regionali, Bersani spiega: “Il confronto non può essere fatto con le ultime regionali del 2005 perché non c’era neanche il Pd, era un altro universo. Se andiamo ai più recenti dati elettorali, quelli delle europee, allora si vede che la destra qualche problema ce l’ha, non è giusto negarli perché non aiuta ad andare avanti. Io non ho cantato vittoria ma eravamo a un passo da prendere nove regioni. Certo è stata una delusione grandissima” ma questo voto “segnala un distacco dei cittadini dalla politica e una radicalizzazione che coinvolge anche noi”. Un problema serio, quello della sempre maggiore distanza fra cittadino e politico, da valutare con attenzione, ma “dire che non siamo nel territorio è una leggenda metropolitana. Non è vero che il Pd non è nel Nord, certo essere radicati non è mai abbastanza. Bisogna esserci sempre, non solo durante le elezioni. Non è solo questione di organizzazione ma anche di linea, noi dobbiamo dare il senso che siamo il partito del lavoro, bisogna che ci riconoscano nelle cose che facciamo. Non riusciamo a trasmettere l’idea che anche il piccolo imprenditore fa pienamente parte del nostro progetto. Certo, dobbiamo fare passi avanti”.

Un’alternativa da costruire entro la fine della legislatura. E i passi in avanti conducono all’alternativa, quella che, ammette Bersani, “ancora non profiliamo, anche se è inaccettabile che si parli di avanzata della destra alle regionali”. Quanto al tempo necessario a costruire l’alternativa di governo Bersani spiega: “Ho sempre detto c’è una strada da fare nell’arco di questa legislatura, questo è il tempo che abbiamo per costruire l’alternativa, cambiare l’agenda sarà la nostra battaglia politica, penso da un anno e mezzo che la crisi economica non è passeggera, e nei prossimi mesi saremo in condizione, combattendo, di fra comprendere al governo che deve occuparsi di più di quello che sta succedendo”.

Verso il 2013. Alla domanda: sarà lei il candidato premier per il 2013? Bersani risponde:”Non escludo niente e nessuno deve escludere niente, ma non è il momento adesso per decidere, sono certo del fatto che una volta costruiti i contenuti e lo schieramenti sceglieremo quello o quella che ci aiuta a vincere, sono sicurissimo che quando si arriva sotto la soluzione non fa mai discutere”.

Iv.Gia
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